parrocchia di Sant'Antonio abate sec. XVI - [1989]
Parrocchia della diocesi di Mantova. Dalle visite pastorali del vescovo di Verona Giberti degli anni 1525-1542 risulta che la cura delle anime, se in un primo tempo appare di pertinenza della chiesa di Santa Maria “extra villam dicti loci, que dicitur fuisse parrochialem antiquam”, in seguito viene sostituita dalle chiese di “Sancti Leoncii” nel 1526 e di “Sancti Iacobi” nel 1530, chiamata “Sancti Iacobi maioris” nel 1532 (Fasani 1989). Nel 1605 si specifica che la chiesa parrocchiale diviene quella dedicata a Sant’Antonio poiché la chiesa di San Giacomo “quae proximis ab hinc diebus erat parochialis et sanctissimum Sacramentum et cura traslata in antedictam acclesiam Sancti Antonii, in corpore terrae nuper aedificatum, pro maiori commodo totius populi, quia haec erat angusta et antiqua et incommodis et nunc reperitur fons baptismalis qui est trasferendus ad antedictam ecclesiam novam, cum aliis sacramentis” (Visite pastorali 1605). In seguito negli atti delle visite pastorali compiute dai vescovi veronesi alla parrocchia di Ponti, la chiesa parrocchiale appare dedicata a Sant’Antonio abate, dedicazione che tuttora conserva (Annuario diocesi Mantova 2001).
La “plebs” di Ponti “cum capellis et decimis et curte” è compresa nell'elenco riportato dalla bolla papale del 1145 dove sono enumerate le cinquantacinque pievi di pertinenza della diocesi di Verona (Tosi 1998). Nelle visite pastorali del vescovo Valier svolte negli anni 1605-1627, la chiesa parrocchiale di Ponti era compresa nella vicaria della pieve di Peschiera (Visite pastorali 1605), come peraltro nel 1844 (Chiarello 1977). Nel 1977 la parrocchia di Sant’Antonio abate, compresa nel comune di Ponti sul Mincio, in provincia di Mantova, veniva ceduta dalla diocesi di Verona a quella di Mantova (Tosi 1998). Attualmente la parrocchia di Sant’Antonio è compresa nel vicariato n. 4 di San Luigi Gonzaga (Annuario diocesi Mantova 2001). Nel 1987, perduta la personalità civile dell'ente "chiesa parrocchiale", alla parrocchia di Sant’Antonio abate viene conferita la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto (decreto 15 gennaio 1987 a).
Nel territorio della suddetta parrocchia, oltre alla parrocchiale, sono presenti altri luoghi di culto. Nelle visite pastorali del vescovo Giberti degli anni 1525-1542 vengono ricordate la chiesa di Santa Maria, la chiesa di San “Leontii, sine cura, alias, ut asseritur, parochialem de Ponti”, la chiesa di San Nicola “in summitate cuisdam collis sitam”, la chiesa di Sant’Antonio “in medio villae consistentem, sine cura” (Fasani 1989). Nel 1605 al citato elenco si aggiungono la chiesa di San Giacomo e la chiesa di Santa Margherita “in aedibus Bernardini Morandi” (Visite pastorali 1605). Nella visita pastorale del vescovo Giustiniani del 1636 è testimoniata la presenza delle chiese di San Giacomo, Santa Maria, San Nicola, San “Leontii”, Santa Margherita (Visitationes 1632). Nel 1844 sono menzionati gli oratori di San Nicolò, quello della Beata Vergine dei Sette Dolori, al cimitero, non officiata, e due oratori privati (Chiarello 1977).
Circa la popolazione della parrocchia di Sant’Antonio, se nel 1530 sono numerate “in totum” 511 anime e nel 1532 “animas a comunione 175, in totum vero 365 vel circa” (Fasani 1989), nel 1605 sono contate 500 anime da comunione, “in totum 800” (Visite pastorali 1605), che scendono nel 1636 a 295 anime da comunione e 350 “in totum” (Visitationes 1632). Nel 1844 invece delle 1043 anime totali, 727 sono ammesse alla comunione (Chiarello 1977).
Nel 1526 il clero della parrocchia di Sant’Antonio era costituito dal rettore e da un cappellano (Fasani 1989), come nel 1605 (Visite pastorali 1605). Nel 1844 vi erano invece l’arciprete, un cooperatore e due confessori (Chiarello 1977).
Se nelle visite pastorali del vescovo Giberti degli anni 1525-1542 è riportato che il rettore avesse un reddito variabile tra i 100 ducati (1530) e i 70 ducati (1526) (Fasani 1989), nel 1605 il reddito della chiesa parrocchiale di San Giacomo, sostituita in seguito nella cura delle anime da quella di Sant’ Antonio, risultava “esse et existere in agris et decimis et affictibus; decima, vero, potest reddi ducatos 250 et possessio ducatos 250 et affictus ducatos 25, ex quibus solvit ex pensione ducatos aureos numero 50” e nel 1610 era valutato in 500 ducati (Visite pastorali 1605). Nel 1636 il reddito della chiesa parrocchiale era formato da “possessionibus et quarto decimae cum quibusdam livellis quae in totum ascendunt ad summam ducatorum 200 paesentibus temporibus” (Visitationes 1632). Nel 1840 il beneficio parrocchiale aveva un reddito di 2526 lire tra le attività e 3488 lire tra le passività (Chiarello 1977).
Dal 1526 è testimoniata la presenza della società della Beata Vergine Maria (Fasani 1989), mentre 1605, oltre alla citata società della Beata Vergine Maria, sono ricordate le confraternite del Santissimo Corpo di Cristo e del Santissimo Rosario (Visite pastorali 1605). Nella visita pastorale del 1636 sono nominate la società della Beata Vergine Maria e la confraternita del Santissimo Rosario (Visitationes 1632). Nel 1844 è ricordata la sola società del Santissimo Sacramento, rifondata nel 1802 (Chiarello 1977).
ultima modifica: 03/03/2004
[ Giancarlo Cobelli ]
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