congregazione del patrimonio 1599 - 1758
La Congregazione del patrimonio, costituita da otto membri – sei scelti tra i decurioni o al massimo tra gli ex vicari di provvisione non decurioni, e due tra i dottori collegiati, oltre al vicario di provvisione che la presiedeva – era un organo straordinario istituito dal Consiglio dei sessanta decurioni nel 1599, anno in cui la città di Milano si trovò ad affrontare nuove e pressanti imposizioni fiscali.
In base a quanto disposto dal Consiglio generale milanese i suoi membri dovevano rimanere in carica quattro anni secondo una procedura che stabiliva il rinnovo di metà dei suoi membri ogni due anni: si voleva un graduale ricambio dei suoi esponenti affinché vi fosse sempre qualcuno informato circa gli affari da trattare.
Sulla base di terne di nomi presentate dal Consiglio – o meglio sulla base di liste di nomi che i verbali delle deliberazioni del Consiglio, per consuetudine chiamavano terne, ma che in realtà consistevano in due nominativi per il rinnovo della carica di conservatore patrimoniale collegiato e sei per i tre posti di conservatori patrimoniali “di cappa e di spada” – il governatore eleggeva un giureconsulto e tre decurioni.
Secondo quanto stabilito nella “Pianta della Mensa del Patrimonio” del 1599, chi era stato conservatore del patrimonio non poteva esserlo una seconda volta se non dopo che fossero trascorsi almeno quattro anni; il Consiglio generale tuttavia poteva, in circostanze particolari, autorizzare deroghe permettendo così ai patrimoniali di ricoprire nuovamente la carica (Pianta Congragazione del patrimonio, 1599).
Il più anziano dei due giureconsulti assumeva nella Congregazione la carica di pro-vicario: qualora il vicario di provvisione fosse stato impedito ad intervenire alle riunioni della Congregazione egli era autorizzato ad assumerne le veci.
La Congregazione che rappresentava l’elemento necessario ad assicurare la continuità nell’amministrazione della città, doveva provvedere a tutti gli interessi e affari del comune milanese che non riguardassero l’anno in corso, poiché di questi si occupava già il Tribunale di provvisione: i conservatori del patrimonio si occupavano infatti della riscossione dei crediti e del pagamento dei debiti contratti dal comune negli anni precedenti, dei cambi e dei prestiti, delle liti in cui la città di Milano era parte in causa e che si protraevano da anni.
La Congregazione affrontava inoltre tutti quei problemi la cui soluzione poteva comportare esborsi per le casse del comune. Già nel 1582 il Consiglio generale aveva decretato che il Tribunale di provvisione non avrebbe più potuto sostenere alcuna spesa per opere di edilizia o altre spese senza il suo consenso: a tali spese di carattere straordinario avrebbe sovrinteso una commissione di dieci consiglieri, alla quale, diciassette anni più tardi, subentrò appunto la Congregazione del patrimonio (Verga 1914).
Ma alla Congregazione venne in seguito affidata anche l’amministrazione delle finanze e delle imposte, funzione gradatamente sottratta, per volontà del Consiglio generale, al Tribunale di provvisione. Infatti nonostante le Nuove Costituzioni attribuivano al Tribunale l’esame dei conti e la gestione delle spese del comune, in realtà tali mansioni venivano esercitate dal Consiglio dei sessanta insieme alla Giunta urbana e alla Congregazione del patrimonio. Il controllo del sistema tributario rappresentava il punto di maggiore forza politica ed economica del decurionato: fondamentale per il Consiglio generale era quindi sottrarre la gestione di tali materie all’Officio di provvisione e pilotarlo verso le commissioni decurionali, prima fra tutte quella del patrimonio, ad esso strettamente legata (Pino 1982).
Alla Congregazione del patrimonio veniva quindi gradatamente affidata la compilazione dei bilanci della città, che dovevano essere presentati al Consiglio generale, e la possibilità di suggerire strategie di razionalizzazione delle spese e di aumento delle entrate attraverso l’applicazione di nuove imposte straordinarie. Tra il 1749 e il 1760, cioè sino a quando non venne applicato il nuovo sistema fiscale messo in atto dall’opera della sovrana riformatrice Maria Teresa, l’amministrazione cittadina ricorse ininterrottamente alla tassazione straordinaria per far fronte alle situazioni di emergenza (Annoni 1966).
Soprattutto nel corso della prima metà del XVIII secolo, in ambito fiscale la Congregazione venne chiamata a svolgere anche altri compiti: preparava i ricorsi da presentare a corte per ottenere sgravi fiscali e per conservare le prerogative della città nei riparti dei carichi e nell’amministrazione delle rendite; faceva sequestrare i beni dei debitori; faceva pubblicare le gride di carattere fiscale; sorvegliava che fossero tutelati i diritti del fisco; e ancora faceva stilare e studiava i conti degli impresari e dei cassieri inerenti agli appalti e alla riscossione dei carichi degli anni precedenti; decideva in prima istanza sulle liti insorte in materia di estimo dei beni civili; decideva infine sulle pretese esenzioni dai carichi. E ancora: la Congregazione era tenuta a vigilare sulle arti e corporazioni, ed era chiamata a decidere sulle cause in materia di estimi tra le Università.
L’attività svolta dalla Congregazione del patrimonio rimase tale sino al 1758 anno in cui, dopo l’attuazione dei lavori catastali e delle riforme delle amministrazioni locali, venne pubblicata la “Riforma alla Città e Ducato di Milano” (Calvi 1874; Verga 1895; Visconti 1913; Tesi Martini 1993-1994).
ultima modifica: 19/01/2005
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