monte di Santa Teresa 1753 - 1796
Istituito in un momento che segnò veramente una grande svolta nella politica interna della Lombardia teresiana il Monte di santa Teresa divenne presto uno degli strumenti fondamentali su cui poté contare l’amministrazione teresiana e giuseppina per l’attuazione del suo vasto disegno riformatore (Caizzi 1968, p. 168).
L’organizzazione del sistema di appalto delle imposte indirette e la conseguente creazione della ferma generale, fecero infatti emergere un altro grave problema: il debito pubblico. Oberata da pesanti debiti contratti dal governo spagnolo per far fronte alle lunghe e continue guerre la Camera necessitava di essere riorganizzata, e la proposta del governatore in carica Luca Pallavicino, suggeriva lo stesso provvedimento adottato per la Ferma: concentrare i debiti in uno stesso organismo così come si erano concentrati gli appalti; raggruppare cioè in un solo “monte” i diversi “monti” dei creditori esistenti, al fine di assicurare il pagamento dei creditori e sollevare la Camera dal peso dei debiti.
Il bilancio camerale di previsione per l’anno 1751, che registrava un deficit pari a quasi 700.000 lire, convinse la sovrana Maria Teresa a ordinare l’istituzione di una giunta, presieduta dal gran cancelliere Cristiani e composta dal presidente del Magistrato camerale, da due senatori, da un questore e da due avvocati fiscali, al fine di “consultare subito per iscritto i mezzi di rimediare a detto sbilancio, con rimetterci per corriere espresso le risultanze” (Capra, Sella 1984).
I lavori della giunta si protrassero sino al 1752 quando il governatore Pallavicino presentò a Vienna un “bilancio progressivo sino a tutto l’anno 1762” che prevedeva, la concentrazione dei debiti dello stato in un Monte unico la cui dote doveva essere costituita dal gettito del dazio del bollino – che colpiva la vendita al minuto del vino nella città di Milano – da una parte del canone annuo corrisposto dai fermieri per la privativa del sale, e ancora dalla creazione di una cassa di redenzione per il riacquisto delle regalie alienate.
Accettata la proposta con cesareo dispaccio dell’11 maggio 1752 la giunta, nel mese di agosto dello stesso anno, procedette alla nomina dei membri che avrebbero composto la congregazione del monte, denominato Monte di santa Teresa in onore della sovrana. Un editto del 3 marzo 1753 pubblicava il dispaccio regio del 28 gennaio dello stesso anno con cui Maria Teresa approvava il piano per “l’erezione di un Monte per assicurare il regolare pagamento dei creditori di giustizia [categoria o classe di creditori dello stato sia privati, sia riuniti in consorzio] e alleviare la Regia Camera del peso dei debiti” (editto 3 marzo 1753).
Distinte e precisate le classi dei creditori, i loro titoli venivano convertiti in “luoghi”, cioè in azioni del Monte di santa Teresa, garantiti da una serie di privilegi tra cui la non perseguibilità fiscale e giudiziaria. La dote del Monte, fissata in circa 1.450.000 lire, composta dalla rendita del dazio del bollino e da una parte del canone annuo corrisposto dai fermieri per la privativa del sale, doveva essere versata dai rispettivi appaltatori direttamente nella cassa del Monte, a maggiore garanzia dei creditori; inoltre era tassativamente esclusa ogni sospensione dei fondi “per qualunque causa di guerra, o di altra necessità pubblica, eziandio per difesa imprescindibile dello stato, fosse o non fosse istantanea, urgente e urgentissima” (Piano e regole Monte di Santa Teresa, 1753).
La congregazione preposta alla gestione del monte era composta da un capo detto prefetto “il di cui ufficio durerà per sei anni”, e da dodici delegati, rappresentanti delle diverse categorie di creditori: “due di questi saranno della classe dei reddituari camerali e suoi uniti; due dei montisti San Carlo; due degli Interessati nel monte nuovo di san Francesco, suoi uniti, ed altri creditori trasportati nel 1743 sul Banco di sant’Ambrogio; due degli Assentisti; due dei Bollinisti; e due della Cassa di Redenzione” (piano e regole Monte di santa Teresa).
Nominati dal governatore i delegati duravano in carica sei anni ma venivano rinnovati di sei in sei ogni tre anni: “ogni tre anni scadranno sei, cioè uno per Classe, al qual fine nel terminare del Triennio prossimo, che comincerà in gennaio 1753, la Congregazione delli due di ciascuna classe eleggerà quello che dovrà continuare l’altro Triennio: indi passerà ad eleggere a voti segreti altri sei, uno per classe, quali subentreranno in luogo di quelli che saranno sortiti: col terminare poi dei successivi Trienni cesseranno quelli che avranno seduto negli antecedenti sei anni, e così di Triennio in Triennio” (piano e regole Monte di santa Teresa, capitolo I).
Qualora durante il triennio fossero venuti a mancare, per morte o altro permanente impedimento, uno o più delegati, la congregazione passava a nuove elezioni, ed il neo eletto durava in carica “il tempo che avrebbe durato quello al quale esso resta surrogato”. Nessun deputato poteva inoltre essere eletto se contemporaneamente nella congregazione sedevano suoi famigliari, quali il padre, il figlio, o due fratelli.
Ad ogni delegato, nominato come sopra, erano attribuite le particolari incombenze che riguardavano direttamente la categoria dei creditori di cui era “rappresentante”. Le decisioni in merito alle questioni che di volta in volta emergevano dovevano essere prese collegialmente: qualora la congregazione “dovesse trattare di cose spettanti particolarmente ad una delle classi dei creditori, non si potrà prendere veruna deliberazione, se non vi intervenisse almeno uno dei due delegati di quella classe” (piano e regole Monte di santa Teresa, capitolo IV).
Anche il prefetto, capo ed arbitro della congregazione, veniva direttamente nominato dal governatore e durava in carica sei anni. “Terminato che sarà il prossimo sessennio, in cui dovrà presiedere la Congregazione il Capo da Sua Eccellenza diggià scelto dalla Terna presentatagli dalla Congregazione, questa nominarà tre altri soggetti di tutto il Corpo dei creditori, con l’arbitrio di prenderli anche dal numero dei dodici Delegati sedenti, quali dovranno essere dei più idonei e forniti delle qualità, e requisiti corrispondenti ad una sì dilicata direzione” (piano e regole Monte di santa Teresa, capitolo II).
Dalla rosa dei sei nomi presentati la Congregazione era chiamata ad eleggere a voti segreti un candidato; i nominativi dei tre candidati che avevano il maggior numero di voti, “sebbene fossero prevalsi anche di uno solo” venivano presentati al governatore per la scelta definitiva.
Qualora tra la rosa dei tre nomi inviata al governatore vi fossero quelli di deputati sedenti nella congregazione e “Sua Eccellenza scegliesse uno di questi per Capo, la Congregazione passerà ad altra Terna, dalla quale il governo farà la sua scelta, ed il surrogato durerà in Ufficio per tutto il successivo Sessennio. Se poi al Prefetto nel corso del suo Sessennio sopravvenisse impedimento tale che non potesse più esercire il suo Ufficio, la Congregazione ne renderà inteso il Governo, per avere dal medesimo gli ordini per la nuova terna da proporgli” (piano e regole Monte di santa Teresa, capitolo II).
Un copioso numero di ufficiali erano subordinati alla congregazione: un sindaco, un cancelliere, un ragionatto generale, un coadiutore del ragionatto generale, due ragionatti, un tesoriere, un sotto cassiere, un usciere, ciascuno scelto dal governatore, tra una terna di nomi proposta dalla congregazione medesima.
Al sindaco, che doveva essere notaio causidico milanese, tenuto ad intervenire alle riunioni della congregazione e ad esporre la sua opinione “in voce o in scritto” qualora fosse stato interpellato, era delegata l’incombenza di riconoscere e registrare i ricorsi ed i documenti relativi al trasporto di capitali.
Il cancelliere, che doveva invece essere “notaro di legalità” ed esperto in materia fiscale, era tenuto a partecipare a tutte le sedute della congregazione, doveva occuparsi della registrazione degli ordini e decreti emanati dalla congregazione, della produzione di copie autentiche di tutti i documenti, e della cura e custodia dell’archivio. Per lo svolgimento delle proprie mansioni egli era inoltre coadiuvato da uno scrittore.
Il ragionatto generale si doveva invece occupare della formazione dei libri mastri, “ne quali resti con distinzione tenuta la Scrittura separata di tutte le classi de creditori” e della compilazione di tutti i libri relativi all’attività del Monte. Ogni anno inoltre era tenuto alla formazione del bilancio dei conti, da consegnarsi al magistrato camerale. Per lo svolgimento delle proprie mansioni il ragionatto generale era aiutato da un coadiutore e dal atri tre ragionatti.
Al tesoriere, o cassiere del monte, che “doveva dare sigurtà idonea a piacimento della Congregazione, ed approvazione del Governo per la somma che importa la rata di cadauno pagamento” era affidata la cura del danaro del Monte, ed il pagamento di tutti i mandati.
All’usciere detto anche portiere, era infine affidata la custodia della casa e dell’aula in cui si riuniva la congregazione, oltre al compito di recapitare gli avvisi di convocazione a ciascun membro (piano e regole Monte di santa Teresa, capitoli XII-XVIII).
Nel corso degli anni Sessanta vennero infine assorbiti dal Monte di santa Teresa tutte le classi dei creditori: i montisti di San Carlo nel 1763, quelli del monte Civico nel 1769, i montisti di San Francesco nel 1772, e infine nel 1786 vennero inglobati anche i sovventori del Banco di sant’Ambrogio.
Il Monte di santa Teresa divenuto così l’unico istituto per il credito pubblico dello stato, sopravvisse sino all’arrivo degli eserciti francesi in Lombardia (Bianchi 1982; Caizzi 1968; Capra, Sella 1984; Invernizzi 1910; Valsecchi 1959; Vianello 1942).
ultima modifica: 29/05/2006
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