supremo consiglio di economia 1765 - 1771
Per dare continuità ed unità alla realizzazione del programma di riordinamento del sistema economico-finanziario dello stato milanese, nel 1765 venne istituito il Supremo consiglio di economia a cui vennero demandate due funzioni fondamentali: presiedere al funzionamento dei meccanismi finanziari e guidare la politica economica dello stato.
”Il Consiglio di Economia nello Stato di Milano sarà Consiglio Supremo e per conseguenza indipendente da qualunque Tribunale, o Dicastero, e solamente subordinato al Governo, e nelle Materie Censuarie al Ministro Plenipotenziario Soprintendente Generale, ai quali sarà in preciso obbligo di regolarmente rassegnare sempre le sue consulte, e nelle materie gravi di inoltrarle alla Corte” (istruzioni 4 gennaio 1766, cap. I).
Esso era composto da un presidente, due consiglieri delegati a rappresentare gli interessi della Ferma generale, tre consiglieri per le materie commerciali e tre per le materie censuarie; e da un consigliere incaricato a presiedere alle materie commerciali relative al ducato di Mantova.
I consiglieri, “tutti soggetti di spada e non di toga”, di nomina regia e di durata vitalizia, avevano alle loro dipendenze un segretario, due “ragionatti”, un notaio, anch’essi di nomina regia.
Al Supremo consiglio vennero attribuite numerose ed importanti competenze: “in materia censuaria esso funzionava come tribunale del censo; in materia economica esso presiedeva all’organizzazione corporativa e costituiva il Supremo tribunale, contro il quale non era permesso ricorrere in appello neppure attraverso il Senato” (Valsecchi 1959, p. 327).
Ad esso spettava formare di anno in anno un bilancio di tutte le esportazioni ed importazioni dello stato; controllare l’andamento dei dazi; al Supremo consiglio era inoltre affidata “la direzione del Censimento: opererà ed agirà colla medesima autorità e nelle medesime forme, modi, e dipendenze colle quali operava ed agiva la passata Giunta; togliendo tutti gli abusi, che si fossero introdotti, e procurando l’esatta conservazione, ed immancabile osservanza dello stabilito sistema” (istruzioni 4 gennaio 1766, cap. XI).
Dal Consiglio, in quanto supremo tribunale subordinato soltanto al Governo, dipendevano tutti gli affari e materie legate al mercimonio ed al commercio; “così tutte le biade, scuole, università, collegi, ed altri corpi mercantili sì della Città, e stato di Milano, che della Città e ducato di Mantova, tanto in corpo che separati, eseguiranno immancabilmente gli Editti, ed ubbidiranno agli Ordini soli, che in seguito dalle rispettive sue consulte al Governo generale e le corrispondenti Superiori Approvazioni, saranno pubblicati ed abbassati dal suddetto Consiglio, il quale in caso di disubbidienza, dipendentemente sempre dall’autorità governativa, rimuoverà dal loro impiego Abati, Consoli e castigherà esemplarmente ogni altro capo e mercante che fosse refrattario” (istruzioni 4 gennaio 1766, cap. XVI).
E ancora come magistratura economica, per promuovere gli interessi tanto “nella Città e Stato di Milano e di Mantova” il consiglio aveva subordinati due “capi di piazza” scelti tra quattro “probi mercanti” per ogni “Città, Terra, Castello ove esistono Corpi Mercantili”, incaricati di fare eseguire tutti gli editti e ordini del consiglio; di controllare le contrattazioni stipulate dai mercanti al fine di impedire il verificarsi di frodi commerciali; di segnalare al consiglio stesso i fallimenti che si fossero verificati nelle loro circoscrizioni; a detti capi di piazza il consiglio attribuiva inoltre la facoltà di “fare istanze, memoriali, atti in nome di esso Corpo, chiamati in consiglio avranno voto consultivo e saranno superiori agli abati e consoli dei Mercanti” (istruzione 4 gennaio 1766, cap. XVI).
Ma il Supremo consiglio di economia non fu soltanto un ordinario organo di amministrazione bensì anche un organo “propulsore di riforme”. Le istruzioni contenute nel dispaccio regio istitutivo delegavano infatti al supremo consiglio il compito di attuare un vasto programma riformatore: “essendo rimasto pendente il nuovo Piano, già da molto tempo ordinato da sua Maestà per l’Annona, o sia per l’Offizio delle Tratte, resta incaricato il Consiglio di meditarne, e combinarne il Progetto tanto per lo Stato di Milano che per il Ducato di Mantova, da rimettersi separatamente al Real Trono per li Canali competenti del Governo generale” (istruzioni 4 gennaio 1766, cap. XIII). E ancora al consiglio era delegato il compito di esaminare la questione dei monopoli e delle privative, cominciando col compiere un’inchiesta per privare di tali diritti quanti li esercitassero abusivamente.
Inoltre prese in esame ” tutte le Leggi, e tutte le Consuetudini riguardanti il Mercimonio, Mercanti, Arti, e Manifatture, tanto in generale, che in particolare, di tutte le Biade, Università, Scuole, Collegi, e Corpi Mercantili” doveva provvedere alla compilazione di un codice commerciale “chiaro, distinto e scritto in italiano”.
Ma ancora il Consiglio doveva studiare i mezzi per accrescere la produzione di materie prime – lino, seta ma anche lana – necessarie per incrementare l’attività manifatturiera; a proposito della lana doveva operare al fine di incrementare l’introduzione dell’allevamento delle pecore “ovunque si crederà opportuno, con allettamento di Premi, e d’Esenzioni all’introduttori, e con esercitare la severità del castigo contro tutti quelli che osassero opporvisi, ed operare di fatto contro gli animali, o i pastori o proprietari” (istruzioni 4 gennaio 1766, cap. XVIII). Al suo controllo dovevano essere sottoposti tutti “gli edifici di Carta di qualunque sorte; e così pure gli stampatori librai, e mercanti di libri” (istruzioni 4 gennaio 1766, cap. XXII). Infine al Consiglio era attribuito il compito di promuovere l’istituzione “tanto in Milano, che nelle altre Città, e Terre delle Accademie di Agricoltura, Arti, Manifatture e Commercio (istruzioni 4 gennaio 1766, cap. XXIII).
Data la vastità delle materie di competenza del Supremo consiglio di economia, il presidente, con due consiglieri, un segretario, un ragionatto ed uno “scritturale” era tenuto a fare periodiche visite – “una nel primo anno e successivamente ogni triennio” – alle città, Terre e luoghi considerati più “a rischio”. Terminata la visita la delegazione così composta era tenuta a compilare un dettagliato rapporto da consegnarsi al Governo centrale.
Bersaglio, sin dall’inizio della sua creazione, di numerose critiche che prendevano di mira l’eterogeneità delle sue incombenze e l’impreparazione dei membri che lo componevano il Supremo consiglio, nonostante i soli cinque anni di attività – venne infatti sciolto nel 1771 – riuscì ad ottenere un importante risultato con l’avocazione allo stato, in amministrazione diretta, di gran parte delle regalie. La soppressione della Ferma aveva risolto il problema delle regalie date in appalto, ma aveva lasciato aperto il problema delle regalie che lo stato aveva dovuto alienare, in tempi diversi, a diversi creditori, privati o pubblici, a causa delle sempre crescenti esigenze dell’erario. La redenzione delle regalie assunse così un ruolo importante e determinante all’interno di quel processo di riforma dei tributi indiretti, portata a compimento dal Supremo consiglio.
Negli ultimi anni della sua attività il Supremo consiglio si dedicò anche alla compilazione di un piano per la riforma monetaria che tuttavia venne portato a termine alcuni anni dopo la sua soppressione (Capra, Sella 1984; Valsecchi 1959).
ultima modifica: 29/05/2006
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