magistrato di sanità 1534 - 1786
Istituito nel 1534 per volontà di Francesco II Sforza, duca di Milano, allo scopo di vigilare sulla salute dei cittadini, prevenendo o almeno prevedendo soprattutto i pericoli della peste, il Magistrato di sanità venne dettagliatamente disciplinato dalle Novae Constitutiones del 1541.
Composto da un senatore quale presidente, da quattro conservatori – cioè due questori, due medici collegiati, un auditore giureconsulto – e da un segretario, scelto tra i segretari del Senato, tale Magistrato estendeva la propria autorità su tutto lo stato: ad esso era infatti delegata la piena autorità e potestà di emanare ordini, infliggere multe, confiscare beni, condannare a pene corporali – talora addirittura a morte – chi trasgredisse gli ordini di sanità o chi attentasse alla “salute pubblica” dello stato.
Mentre il presidente e i due questori – rappresentanti dei due Magistrati ordinario e straordinario – venivano nominati dal Senato ed i due fisici dal Collegio dei medici, l’auditore, incaricato di indire i processi, dai quali ricavava poco “lucro per essere questi istruiti quasi sempre contro mendicanti e vagabondi”, veniva invece eletto collegialmente dai membri dello stesso Magistrato di sanità. Il segretario veniva infine scelto dal Magistrato tra i segretari al servizio del Senato.
Tuttavia data la natura e la vastità delle funzioni attribuite all’officio numerosi erano i funzionari dislocati sul territorio dello stato: un commissario del registro dei morti, tre commissari urbani addetti allo spurgo di latrine e cloache, un altro commissario destinato alla pulizia delle strade, un chirurgo, un usciere, due appaltatori ed un custode del Lazzaretto costituivano quindi il corpo “ordinario” di impiegati direttamente dipendente dal Magistrato di sanità, da esso nominati, anche se vincolati all’approvazione e conferma del governatore, alter ego del sovrano.
Ogni città, borgo o Terra dello stato aveva inoltre speciali deputati incaricati di fornire all’officio centrale tutte le informazioni relative alle malattie che ciclicamente colpivano uomini e animali.
Le funzioni ad esso attribuite dalle Novae Constitutiones e via via, nel corso del tempo dilatate e disciplinate, riguardavano sia questioni di carattere meramente sanitario sia questioni di ordine e sicurezza pubblica.
E a tale scopo il Magistrato si serviva ancora di altri collaboratori ed aiutanti non funzionari: si trattava di alcuni membri della comunità, eletti in ogni parrocchia col titolo di anziani – nella sola città di Milano erano circa 80 – incaricati di notificare se all’interno delle rispettive parrocchie vi fossero “soldati, vagabondi, persone proibite”. Scopo dell’officio era infatti non solo debellare le pestilenze bensì prevenirle attraverso lo stretto controllo dei porti sui fiumi, affinché nessuno potesse entrare clandestinamente nello stato, e l’applicazione di particolari metodi precauzionali quali l’imposizione di multe e pene ai danni di coloro che trasgredivano le norme sanitarie, l’isolamento dei borghi a rischio con trincee e steccati; la stretta sorveglianza delle vettovaglie in entrata. Tutti gli ufficiali e i giusdicenti, e in particolare il capitano di giustizia, erano infatti tenuti a prestare aiuto al detto Magistrato soprattutto quando la “salute pubblica” era esposta a situazioni di grave pericolo quali appunto la peste.
Ma compito del Magistrato di sanità era anche visitare le abitazioni private per verificarne l’abitabilità; controllare che le industrie da lui considerate nocive alla salute per le forti esalazioni, segnalate in appositi elenchi – quali ad esempio l’industria del carbone, della cera, del cioccolato, della cipria, dell’oro, dell’argento, del gesso, delle pelli, e ancora le tintorie, le stamperie, le industrie di vernici – fossero confinate fuori dai centri abitati. Al Magistrato era inoltre affidato il controllo sullo stato di salute delle bestie destinate al macello, la registrazione delle notificazioni di morte, la vigilanza sull’esercizio abusivo dell’arte medica.
E ancora, sin dai primi decenni del XVI secolo, accanto a norme per l’evacuazione di cisterne “putride”, la compera e vendita di merci, lo sfratto di vagabondi e zingari, il Magistrato emanò un numero elevatissimo di provvedimenti atti a punire le lotte, le giostre e in generale tutte quelle “attività ricreative” che se esasperate potevano rivelarsi dannose “per la salute pubblica”.
L’organizzazione di questo officio rimase pressoché invariata sino al periodo delle riforme Settecentesche: nel 1749 infatti una “nuova pianta” voluta dall’imperatrice Maria Teresa portò alla ristrutturazione del Magistrato ed alla riduzione – parallelamente a quanto si era già verificato per i Magistrati ordinario e straordinario fusi in un solo corpo, il Magistrato camerale – del numero dei questori ad uno.
La “nuova pianta” stabiliva inoltre che la nomina dei membri del Magistrato dovesse essere biennale e che il presidente dovesse essere eletto indistintamente da tutti i senatori, provinciali ed “esteri”: il Senato poteva ancora mantenere il diritto di nominare il senatore presidente, il questore ed il segretario ma, a differenza di quanto avveniva precedentemente, non doveva applicare la regola del turno e soprattutto, non doveva assolutamente favorire i senatori milanesi.
Nel 1786 infine il governo austriaco decretò l’abolizione del Magistrato, già ventilata intorno agli anni ’60 del secolo: un editto del 1759, prescrivendo nuove norme circa le spese di sanità a carico dello stato, accennava infatti la proposta di formare un Tribunale regio superiore a cui sarebbero state delegate la direzione generale di tutte le materie sanitarie, di ordine pubblico e di sicurezza (Annoni 1959; Annoni 1966; Bendiscioli 1957 a; Bendiscioli 1957 b; Capra, Sella 1984; Pugliese 1924; Valsecchi 1959; Visconti 1913).
ultima modifica: 29/05/2006
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