giunta del censimento 1749 - 1757
Una delle prime preoccupazioni della nuova imperatrice Maria Teresa e dell’amministrazione asburgica, appena consolidato il suo dominio, fu riprendere le operazioni censuarie interrotte nel 1733.
Una nuova Giunta del censimento, presieduta da Pompeo Neri – toscano, “straniero” quindi all’ambiente milanese, grande esperto in materia amministrativa e fiscale, dotato di grandi risorse organizzative – e composta da due consigliere ed un fiscale, venne infatti istituita nel 1749 e munita degli stessi poteri delegati alla precedente Giunta Mirò.
Tuttavia l’interesse che la nuova giunta potesse giungere, rispetto alle precedenti, a più sollecite e precise conclusioni, spinsero l’imperatrice Maria Teresa a stabilire che qualora fossero insorte imprevedibili difficoltà nell’esecuzione delle incombenze ad essa attribuite, la giunta non dovesse più arrestare il corso dei suoi lavori in attesa di risoluzioni da parte della Corte, bensì dovesse sottoporre la questione insorta al giudizio del governatore, il quale consultato il gran cancelliere doveva fornire in tempi brevi le decisioni del caso.
Superate le difficoltà subito incorse circa la composizione della Giunta, il Neri procedette alla stesura di una Relazione, resa pubblica nel 1750, in cui oltre a descrivere i risultati ottenuti dalla prima Giunta del censimento ed i disordini che sin dai primi mesi ne avevano minato l’attività, forniva una chiara ricognizione del cammino che restava ancora da percorrere. Se da un lato all’opera di misurazione e di stima dei terreni occorreva apportare solo marginali correzioni, per i beni di seconda stazione mancava invece una descrizione topografica ed occorreva che venissero al più presto intestati ai singoli possessori. Alla giunta spettava inoltre definire la questione delle esenzioni laiche ed ecclesiastiche; rinnovare “la descrizione delle teste censibili”; e ancora definire il metodo di ripartizione dell’imposta personale e mercimoniale. E dopo aver delineato questi aspetti alla Giunta rimaneva ancora da affrontare l’importante compito di fare eseguire il nuovo riparto, abolendo i vecchi metodi ed affrontando le resistenze di chi traeva vantaggio dal “loro perpetuarsi, e cioè in primo luogo i rappresentanti e amministratori dei pubblici, la cui scandalosa e dispotica facoltà di posare il carico sopra quelle persone, che sono meno potenti o meno bene affette, non poteva essere compatibile con il nuovo sistema censuario” (Capra, Sella 1984, p. 313). Per fare ciò occorreva che la riforma fiscale fosse preceduta da una riforma amministrativa locale e provinciale: occorreva stabilire che “il compartimento di tutto ciò che si deve imporre sopra il popolo, e l’esazione successiva delle imposte si eseguisca per mezzo di ministri regi imparziali e disinteressati in questi compartimenti, togliendo tutto questo affare dalle mani dei ministri comunitativi” (Capra, Sella 1984, p. 314).
Le reazioni furono immediate: ancor prima dell’erezione della giunta la Congregazione dello stato diede inizio alle stesse lunghe rimostranze che a suo tempo aveva avanzato contro la prima giunta del censimento; e il Consiglio generale di Milano tempestivamente ricostituì la Giunta urbana del censimento, composta dagli esponenti delle più prestigiose famiglie patrizie milanesi, ed incaricata di ostacolare con ogni mezzo l’operato della Giunta Neri.
Tuttavia, nonostante i continui e reiterati tentativi di screditare la Giunta tutte le maggiori questioni, ad eccezione dello spinoso problema delle esenzioni ecclesiastiche, vennero risolte entro la fine del 1755.
Una tappa fondamentale al fine della conclusione dei lavori fu la raccolta di notizie circa la situazione amministrativa, fiscale, finanziaria, di ciascuna comunità che componeva lo stato, attuata attraverso un questionario, composto da 45 quesiti – denominato appunto “Risposte ai quarantacinque quesiti della Real Giunta del Censimento” – ed inviato, nel 1751, a tutti i cancellieri di tutte le comunità al momento ancora comprese entro i confini dello stato. I dati così ottenuti consentirono alla giunta di compilare i nuovi sommarioni e le nuove tavole d’estimo, cioè i registri che comunità per comunità elencavano le singole particelle di terreni, contrassegnate dallo stesso numero d’ordine che configurava nelle mappe, con il nome del possessore, il perticato, la destinazione colturale e il valore capitale in scudi d’estimo.
Il sistema delle imposizioni indirette dello stato, costituito da un’imposta fondiaria proporzionale al valore capitale dei beni ed integrata dalle cosiddette “tre tasse” – tassa personale, tassa mercimoniale e tassa sulle case forensi abitate dai proprietari – e la riforma amministrativa preliminare all’esecuzione del censo furono i maggiori traguardi raggiunti dalla seconda giunta del censimento la quale, dopo essere stata lentamente esautorata, il 31 dicembre del 1757 venne ufficialmente sciolta con dispaccio regio (Annoni 1966; Capra, Sella 1984; Mozzarelli 1982; Pugliese 1924; Valsecchi 1959).
ultima modifica: 29/05/2006
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