congregazione del ducato 1595 - 1757
Nel 1535, quando lo stato di Milano passò sotto il dominio di Carlo V, l’ordinamento che inquadrava la vita economica della Lombardia era ancora quello dello “stato cittadino”, fondato sulla netta distinzione tra città e contado e caratterizzato dal predominio dei cittadini, titolari di privilegi in materia giurisdizionale, tributaria ed economica, sui “rurali”.
La supremazia delle città sulle campagne, ed ancor di più la posizione predominante di Milano nei confronti sia del suo contado sia degli altri centri cittadini a capo delle province dello stato si tradussero, anche in campo fiscale, in una ripartizione degli oneri che privilegiava la capitale ed il suo ceto patrizio.
L’irrazionalità di questo sistema fiscale che gravava sproporzionatamente sui ceti meno abbienti furono avvertite in tutta la loro gravità soprattutto quando lo stato passò, nel 1535, sotto il diretto dominio imperiale, tanto che lo stesso governo centrale giudicò opportuno procedere ad una organica revisione. Nel 1543 Carlo V ordinò al governatore di Milano di compilare un nuovo estimo di tutto lo stato, punto di partenza indispensabile per porre in atto una generale e sistematica riforma del settore tributario. L’iniziativa del governo generò inquietudini e preoccupazioni nei ceti fino ad allora privilegiati e mise in allarme soprattutto le città, che vollero tutelare i propri interessi sia di fronte al governo superiore sia di fronte a Milano.
Nello stesso anno in cui fu ordinato il nuovo estimo, le città minori dello stato nominarono alcuni rappresentanti incaricandoli di promuovere riunioni nella capitale e di far valere le proprie argomentazioni in merito al riparto delle imposte: fu il primo nucleo della Congregazione dello Stato.
Le operazioni catastali intanto procedevano con estrema lentezza: gli ostacoli interposti da chi, come la città di Milano, aveva interesse ad intralciare il lavoro dei commissari regi nel tentativo di insabbiare l’azione del governo si moltiplicarono a tal punto che soltanto nel 1549 ebbe inizio la misurazione del territorio lombardo. Nell’attesa del nuovo estimo fu quindi necessario procedere ad un “riparto provisionale”, assegnando quote di imposta alle diverse province e lasciando alle amministrazioni locali il compito di fare il sottoriparto fra città e contadi, fra le varie comunità ed i singoli contribuenti. Questa soluzione rese più violenti i contrasti tra le maggiori parti in causa: le città minori protestavano contro Milano e i contadi erano in lotta contro le città a cui facevano capo. E fu proprio questa situazione che, negli anni ’60 del XVI secolo, portò i contadi a nominare propri sindaci generali, accanto agli oratori, rappresentanti degli ambienti cittadini: insieme diedero origine alla Congregazione dello stato.
Ed entro lo stato, negli stessi anni, ogni provincia si organizzò a sua volta per la ripartizione dei carichi fiscali e militari: a questo fine nella provincia di Milano si convocò la Congregazione del Ducato. Tuttavia solo un trentennio più tardi, nel 1595, anno in cui il Senato decretò ufficialmente l’istituzione della Congregazione generale e della Congregazione dei diciotto e specificò le procedure di elezione dei due sindaci generali, il Ducato assunse il carattere di provincia amministrativamente organizzata, con legittimi rappresentanti e con legittime assemblee elettive (Pugliese 1924).
Intorno al 1560, anno in cui per la prima volta vennero nominati i Sindaci generali, il ducato era costituito da 65 pievi. “Ogni Pieve, secondo l’antichissima consuetudine di cui non v’è principio di memoria, ha il suo rappresentante chiamato Anziano, e denominato ancora Sindaco Provinciale, all’elezione del quale concorrono tutte le Comunità componenti essa Pieve” (Risposte ai 45 quesiti, 1751; 1751; cart. 3059): gli stessi sindaci generali, chiamati nel 1756 a rispondere ai 45 quesiti della giunta del censimento non erano in grado di fornire informazioni più precise sull’origine degli Anziani delle Pievi e sulle funzioni loro attribuite, così come non sapevano specificare quando essi avessero dato vita alla Congregazione generale dei 65 anziani.
Dopo l’autonomia puramente amministrativa, fondata sulla separazione dell’estimo cittadino da quello rurale, il cui riconoscimento legale fu ottenuto dai sindaci generali nel 1572, compito fondamentale del nuovo organismo che reggeva il Ducato era l’esazione delle imposte: indipendentemente dalle contestazioni e dalle liti in atto, la Congregazione era responsabile infatti del pagamento della quota che era stata assegnata al contado milanese. Come gli altri contadi, il Ducato pagava il perticato rurale e il censo del sale, che gravavano tanto sul reale quanto sul personale, tutte le contribuzioni militari, oltre alla cosiddetta “cavallaria”, l’imposta particolare della provincia, nella quale rientravano tutte quelle partite destinate a soddisfare i bisogni particolari del Ducato, come le spese per l’amministrazione, il risanamento dei debiti, i ristori per le tempeste, la quota destinata alle strade ed altre contingenti necessità.
Durante i primi decenni di vita della Congregazione l’amministrazione del Ducato godette di notevole autonomia. Col passare del tempo tuttavia la tendenza accentratrice dello stato portò al progressivo smantellamento di autonomie e privilegi ed intensificò il controllo degli organi preposti alle amministrazioni locali. Se infatti agli inizi del Seicento l’intervento dello stato si limitava a subordinare la convocazione della Congregazione all’autorizzazione del governatore, dal secondo decennio del XVII secolo l’ingerenza dell’autorità centrale nelle attività della Congregazione e dei suoi membri si fece più pressante: i riparti d’imposta per i “ristori” non vennero più lasciati al libero arbitrio dei Sindaci generali bensì subordinati al controllo ed all’approvazione del Magistrato ordinario; dal 1623 inoltre il governatore prese ad interferire nella nomina dei Sindaci generali che, prima scelti direttamente dai 65 Anziani della Congregazione, iniziarono ad essere eletti seguendo il sistema della cooptazione. E ancora nel 1679 le autorità centrali ordinavano ai sindaci generali di informarle su quanto andavano operando “non venendo ad alcuna Congregazione né risoluzione prima d’avvisare la medesima”; dodici anni più tardi un nuovo ordine del governatore imponeva ai Sindaci del ducato di “non giuntarsi senza che prima preceda l’ordine del Presidente del Tribunale ordinario e che l’accennata Congregazione non s’habbia a giuntare se non in casa del medesimo Presidente” (Congregazione del Ducato, verbale 11 luglio 1637; Congregazione del Ducato, verbale 19 dicembre 1679; Congregazione del Ducato, verbale 10 settembre 1691).
Ma le conseguenze del progressivo recupero di potere da parte del governo centrale non si avvertirono subito: la Congregazione venne convocata con regolarità anche nell’ultimo decennio del XVII secolo.
Soltanto con la riforma del 1758, interessata a regolare l’assetto amministrativo della città di Milano e della sua provincia, la Congregazione del Ducato, non avendo più ragione di esistere, scomparve; le sue funzioni furono assunte dalla Congregazione del Patrimonio. La Riforma dichiarava infatti: “dovendosi secondo il sistema del nuovo censimento riunirsi questa capitale con la sua Provincia sotto una sola amministrazione a maggior beneficio dei censiti, si è venuto in determinare che debba costituirsi una nuova Congregazione di Patrimonio nella Città di Milano e appoggiarsi alla medesima l’universale amministrazione tanto per la città che per la provincia” (raccolta editti 1760).
ultima modifica: 19/01/2005
[ Cooperativa Archivistica e Bibliotecaria - Milano ]
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/8000073/