canevari sec. XIII - sec. XIV
La vita economica e finanziaria del Comune era gestita dal camerario, la cui denominazione derivava da “camera che significa officio nel quale si conservano le cose più preziose” (Santoro 1968); intorno alla fine del XII secolo tuttavia al titolo di camerario andò gradatamente sostituendosi quello di canevaro.
Oltre ad occuparsi dell’amministrazione dei beni comunali, dell’incameramento dei dazi, dei tributi e della gestione delle spese del Comune – funzioni che venivano svolte previa autorizzazione del consiglio prima nel periodo consolare e del podestà in seguito, con l’affermazione del potere podestarile – al canevaro era affidato anche l’incarico di sottoscrivere le sentenze emanate dai consoli di giustizia, qualora il console del comune preposto a tale funzione si fosse trovato lontano da Milano.
Sino al 1202 e quindi per tutto il periodo di governo consolare, sembra che tale officio sia stato tenuto da una sola persona; ma con gli Ordinamenti del podestà Guglielmo de Lando del 1211 si stabilì che l’officio dovesse essere esercitato da sei canevari, uno per ogni porta della città. All’officio così rinnovato, oltre alle mansioni economico-finanziarie fino ad allora attribuite e svolte da un unico canevaro, venne delegato anche il potere di esercitare il “sindacato” su tutti gli officiali che lavoravano per il Comune ed in particolare sui pretori, nominati dalla città di Milano a reggere i comuni rurali compresi entro i territori di sua giurisdizione.
Ai sei canevari il comune delegava infine il compito di occuparsi della gestione degli affitti di case e terreni di proprietà del Comune e di assistere alle aste dei beni pubblici, la cui convalida era vincolata al loro benestare (Barni 1954; Franceschini 1954).
”La frequenza con la quale i camerari o canevari figurano tra i consoli di giustizia è indizio sicuro che la condizione di questi ufficiali, custodi del pubblico denaro, si era mantenuta fra le più elevate dello stato” (Manaresi 1919, p.93).
ultima modifica: 19/01/2005
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