tribunale di provvisione sec. XIII - sec. XVI
Nel secolo XIV il Tribunale di provvisione costituiva il fulcro direttivo dell’intera amministrazione e gestione degli interessi cittadini e ducali, con ampie competenze in fatto di ordine pubblico, vettovagliamento, regolamentazione delle attività economiche, politica tributaria, assistenza pubblica.
Creato dall’arcivescovo Ottone dopo la riconquista di Milano del 1277, allo scopo di unificare l’organizzazione del Comune, il Tribunale contava dodici deputati, nominati dal podestà, secondo quanto stabilito in una deliberazione del Consiglio generale del 1279. Successivamente però, nella fase transitoria di affermazione del potere signorile, un decreto statutario del 1313 affidò alla famiglia Visconti la facoltà di nominare i “dodici”: il Tribunale di provvisione veniva così posto alle dipendenze del Signore che si vedeva quindi confermata la possibilità di influenzare “legalmente ed ufficialmente” l’amministrazione comunale.
Ed in seguito, affermatosi oramai definitivamente il potere della famiglia Visconti, un decreto signorile del 1364 regolamentò l’accesso alla magistratura e la durata della carica: potevano essere ammessi solo uomini “buoni ed idonei”, i quali sarebbero rimasti in carica non più di due mesi; uno di essi, a sorte, avrebbe tuttavia continuato a ricoprire l’incarico per altri 15 giorni dopo la scadenza, al fine di informare accuratamente i neo eletti degli affari in corso. Disposizioni che vennero accuratamente ribadite dagli “Statuta iurisdictionum” del 1396: “per dominum Mediolani eligantur duodecim sapientes de melioribus et idionioribus et prudentioribus civitatis Mediolani, prout ipsi dominio melius videbitur, qui presint provisionibus et defensionibus Comunis Mediolani, inter quos sint duo de collegio iudicum Mediolani et duret eorum officio per menses duos”: i “dodici” dovevano quindi essere nominati dal duca, dovevano essere milanesi, duravano in carica due mesi ed ancora due di essi dovevano appartenere al Collegio dei giurisperiti.
Nessuna disposizione degli “Statuta iurisdictionum”, prevedeva una figura che, posta a capo dei dodici, presenziasse le riunioni. Tuttavia dalle lettere ducali annotate nei registri civici emerge l’esistenza di un dottore in legge “forestiero” – a volte denominato priore – eletto dal duca e chiamato a presiedere i “dodici”. Ma con l’aprirsi del XV secolo tale priore – in seguito denominato Vicario di provvisione – andò acquistando sempre maggiore autorità al punto da quasi soverchiare quella dei dodici.
Numerosi furono, nel corso del Quattrocento, gli sforzi intrapresi dalla “città” di Milano per riformare il sistema di elezione del vicario e dei dodici di provvisione. Ma solo nel 1515 Massimiliano Sforza, spinto dalla necessità di raccogliere fondi per far fronte ai continui attacchi francesi, “compensò” la cittadinanza milanese per le sempre crescenti imposizioni fiscali, concedendo un sistema elettorale di secondo grado per la nomina dei membri del Tribunale di provvisione: la città avrebbe così potuto scegliere 150 deputati, a loro volta incaricati di nominare il Vicario ed i “dodici”.
Ma in seguito, con la fine del breve dominio di Massimiliano Sforza e la presa di potere di Francesco I, re di Francia, pur restando confermata alla città la facoltà di nomina, venne introdotto un nuovo sistema, poi sancito anche dalle Nuove Costituzioni: alla fine di ogni anno il Consiglio generale avrebbe dovuto inviare al governatore 18 nomi, tre per ogni porta della città; questi a sua volta ne avrebbe scelti dieci i quali, unitamente a due giurisperiti indicati dal Collegio dei giureconsulti, avrebbero ricoperto la carica di dodici di provvisione. La nomina del vicario, scelto tra i dottori di legge “forestieri” – tranne durante il periodo della Repubblica Ambrosiana che vide la nomina di un vicario milanese – continuò però ad essere prerogativa esclusiva del duca.
Nella già ricordata deliberazione del Consiglio generale del 1279 ben chiare erano indicate le competenze riconosciute al Tribunale di provvisione: “illis XII sapientes, qui presunt et amodo preerunt provixioni et defensioni civitatis et comitatus Mediolani, auctoritate huius Consilii habeant et plenam fortiam, potestatem et baliam omnia fatiendi et gerendi et statuendi et ordinandi per Comune Mediolani, sicut si per presens Consilium fierent et facta essent”. I “dodici” godevano, al pari del Consiglio generale, della piena facoltà di provvedere – previo assenso del duca – alla gestione di tutti gli affari del Comune, sia dal punto di vista amministrativo che giudiziario.
Al Tribunale era riconosciuta la facoltà di nominare alcuni funzionari comunali – consoli di giustizia, officiali delle vettovaglie – ad esso erano delegati i compiti di regolare tutte le entrate e le spese ordinarie e straordinarie del Comune; doveva esaminare i bilanci, soprintendere alle operazioni di riscossione delle imposte e dei tributi in genere; sorvegliare sull’uso delle acque; decidere, in ultima istanza, per le riparazioni di strade, ponti, canali; attendere a tutti gli incanti dei dazi; esaminare ed approvare gli statuti di ogni singola corporazione; decidere per le oblazioni a chiese e monasteri; conferire la cittadinanza milanese; coordinare e controllare i lavori alla fabbrica del Duomo; sorvegliare sulla qualità dei manufatti e delle tinture prodotte in città; garantire un costante approvvigionamento annonario alla città vigilando soprattutto per i generi di prima necessità, sulla qualità e sul rispetto dei prezzi di vendita pattuiti col sistema del “calmiere”.
E ancora al Tribunale di provvisione erano demandate competenze di natura giudiziaria: giudicava in materia di imposte, di frodi e contravvenzioni in genere, nelle cause contro il Comune e contro i debitori.
Numerosi erano gli offici alle dipendenze del Tribunale di provvisione: l’officio dei Sindaci, quello delle strade e delle acque, quello dei dazi e delle vettovaglie (statuta iurisdictionum; Cognasso 1955; Garin 1956; Leverotti 1994; Santoro 1929; Santoro 1956; Santoro 1968).
ultima modifica: 19/01/2005
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