uditori sec. XV - sec. XVI
Creato intorno alla metà del Quattrocento ed affidato ad esperti giureconsulti, che fossero soprattutto uomini fidati – “in genere consiglieri che erano stati segretari di Francesco Sforza prima che divenisse duca di Milano” (Leverotti 1997, p. 24) – l’officio degli uditori si occupava della concessione di cittadinanze, salvacondotti, cioè di quelle particolari materie considerate di esclusivo diritto del signore, oltre che di cause particolari che il duca sottraeva alle magistrature ordinarie “ con lo scopo di eludere la norma giuridica o semplicemente per concluderle in breve tempo” (Leverotti 1994, p. 104).
All’officio era inoltre riconosciuta la facoltà, anche se subordinata all’approvazione delle magistrature giudiziarie superiori, di “largire” grazie: l’uditore era infatti tenuto ad informare il Consiglio di giustizia, se fossero state inoltrate richieste di grazia per cause private o di privati, il Consiglio segreto, qualora si fosse trattato di richieste per cause riguardanti tassazioni o in generale le “materie statali”.
La carica di uditore era temporanea e soggetta alla discrezionalità del duca e della duchessa. È qui importante sottolineare come nel primo periodo sforzesco, a fianco di un governo del duca esistesse anche un governo della duchessa, “la quale operava non tanto in politica estera, bensì all’interno del ducato, anche se con maggiore intensità a Cremona, la città che aveva portato in dote al marito” (Leverotti 1994, p. 104). La duchessa, assistita da un proprio officio di cancelleria, aveva infatti piena autorità in materia di licenze di biade, concessione di benefici, cittadinanze, esenzioni ed ancora poteva intervenire nelle questioni di natura giudiziaria attraverso il suo uditore personale.
Mentre il duca nominava i propri uditori tra i giureconsulti membri del Consiglio segreto, la duchessa li sceglieva tra una rosa di 20 personaggi, ripartiti per le città del dominio, esperti in diritto, che già in precedenza avevano prestato servizio nel dominio come avvocati fiscali, podestà, consiglieri di giustizia, vicari o procuratori generali.
Ancora poco noti sono i limiti e l’autonomia di cui godevano gli uditori. Ma se da un lato sembra che l’officio, almeno inizialmente e per alcune competenze, fosse subordinato alle magistrature giudiziarie “superiori” – quali i Consiglio segreto ed in secondo luogo quello di giustizia – con l’affermarsi al potere di Ludovico il Moro venne dichiarato autonomo e gli furono affidate tutte quelle cause di natura finanziaria che prevedevano confische e condanne pecuniarie (Leverotti 1994; Leverotti 1997).
ultima modifica: 19/01/2005
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