municipalità di Milano 1796 maggio 19 - 1799 aprile 26
Il 19 maggio 1796, con ordinanza del generale in capo dell’armata d’Italia e del commissario del Direttorio esecutivo presso le armate d’Italia e delle Alpi, la Congregazione municipale di Milano, “composta di sedici membri e d’un sindaco”, venne “provvisoriamente ritenuta sotto il nome di Municipalità della città di Milano”. A farne parte furono allora designati Francesco Visconti, Antonio Caccianini, Galeazzo Serbelloni, Felice Latuada, Carlo Bignami, Antonio Corbetta, Fedele Sopransi, Gaetano Porro, Pietro Verri, Giuseppe Pioltini, Gianbattista Sommariva, Paolo Sangiorgio, Antonio Crespi, Cesare Pelegata, Carlo Ciani, Carlo Parea; mentre la presidenza del Consiglio municipale venne affidata al comandante di piazza di Milano, cui spettava inoltre l’esercizio militare dell’alta polizia (ordinanza 30 fiorile anno IV).
Al principio di giugno la Municipalità, che nel frattempo era riuscita a dilatare il suo campo d’azione da un ambito strettamente amministrativo ad uno più propriamente politico, provvide a definire la propria organizzazione interna: i municipalisti, dal 25 maggio divenuti trentuno (Visconti 1937), dovevano, a turno, ricoprire le funzioni di presidente; l’organico municipale comprendeva poi sei segretari, la cui opera era coadiuvata da “vari ufficiali subalterni”.
La Municipalità si riuniva tutte le sere e straordinariamente durante il giorno, aveva un protocollo e un ufficio di contabilità ed era organizzata in quattro comitati, ciascuno dei quali composto di dieci membri, fatta eccezione per il comitato di vigilanza, formato da cinque individui (organizzazione giugno 1796). Il primo comitato doveva occuparsi di vettovaglie, sanità, notificazione delle granaglie, provviste e requisizioni istantanee. Il secondo di strade urbane e forensi, fiumi, torrenti, canali navigabili, acque della città, chiaviche, cavi sotterranei, mura e bastioni, edifici pubblici, ornato, giardini, illuminazione, lotto, milizia urbana, armeria, corrispondenza esterna, incendi, agricoltura, miniere. Il terzo comitato curava invece censo, concorso delle province e conguagli, sussidi comunitativi, cause d’estimo, imposizioni, tasse, finanze, contabilità, impieghi, soldi, assegni normali, economia interna, casse, rendite della città e del Banco di Sant’Ambrogio, cause, esenzioni, luoghi pii, oggetti di beneficenza, fondo di religione, istruzione pubblica, teatro, arti, commercio, manifatture. Vi era infine il Comitato di vigilanza, che si occupava di pubblica sicurezza, polizia, corrispondenza segreta (compartimento giugno 1796).
Di tali attribuzioni nessuna, in mancanza di leggi generali, era tuttavia definita; l’attività amministrativa continuava pertanto a rivestire carattere di provvisorietà. Per assistere ad una prima sia pur parziale stabilizzazione istituzionale e ad una più organica produzione normativa bisogna infatti attendere almeno fino alla proclamazione della Repubblica Cisalpina e alla pubblicazione della costituzione dell’anno V (Pagano 1994). Nel frattempo la Municipalità milanese aveva visto nuovamente ridotto il proprio organico a 24 membri (ordinanza 17 termidoro anno IV) e il suo ruolo rientrare nel più ristretto ambito amministrativo, mentre l’iniziativa politica era passata ad un nuovo organismo, l’Amministrazione generale della Lombardia (Zaghi 1986).
La Costituzione della Repubblica Cisalpina dell’anno V prevedeva che nei comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti vi fossero almeno tre amministrazioni municipali, in modo che ognuna, composta di 7 amministratori, coprisse un circondario con una popolazione compresa tra le trentamila e le cinquantamila unità (art. 183) (costituzione 20 messidoro anno V).
Per la trattazione degli oggetti che il Corpo legislativo giudicava indivisibili, nei comuni ripartiti in più Municipalità, era poi previsto un Dicastero centrale formato da tre membri nominati dall’Amministrazione del dipartimento e confermati dal potere esecutivo (art. 184) (costituzione 20 messidoro anno V).
L’organizzazione e le funzioni delle municipalità furono organicamente delineate con il testo legislativo del 17 luglio 1797, che, all’articolo 1, sanciva la soppressione di tutte le municipalità esistenti.
Le nuove amministrazioni, che erano subordinate alle amministrazioni dipartimentali, avevano competenza amministrativa sul governo dei beni e delle rendite del comune, sul regolamento e sull’adempimento delle spese locali, sulla direzione dei lavori e sulle opere a carico del comune, sull’amministrazione degli stabilimenti particolari del comune, sulla polizia locale (art. 33-34); come delegate dalle amministrazioni dipartimentali dovevano inoltre occuparsi del riparto e versamento delle contribuzioni, della direzione dei lavori pubblici, dell’ispezione e governo degli stabilimenti di utilità generale, della sorveglianza delle proprietà nazionali e dell’istruzione pubblica (art. 35) (legge 29 messidoro anno V).
Ciascun corpo municipale era diviso in un Consiglio ed un Officio. Il primo, formato da due terzi dei municipalisti, aveva funzioni deliberative, mentre l’Officio, composto “da un terzo degli ufficiali municipali compresovi il presidente”, era “incaricato dell’esecuzione e limitato alla semplice spedizione degli atti” (artt. 20-25).
A Milano, il cui territorio comunale, alla fine del 1796, era stato ripartito in otto nuove ripartizioni amministrative dette rioni, furono stabilite quattro Municipalità, ciascuna delle quali comprendeva il circondario di due rioni.
La Municipalità del circondario I aveva giurisdizione sui rioni I e II, vale a dire sulla parte centrale della città; la Municipalità del circondario II estendeva invece le sue attribuzioni sui rioni III e IV (porta Comasina e porta Nuova); quella del circondario III sui rioni V e VI (porta Orientale e porta Romana); mentre la Municipalità del circondario IV comprendeva i rioni VII e VIII, cioè il territorio circoscritto dalle porte Ticinese e Vercellina (Pagano 1994).
In merito all’elezione dei municipalisti, il testo legislativo del 17 luglio stabiliva che dovesse aver luogo “col mezzo delle assemblee primarie” (art. 8) (legge 29 messidoro anno VI); in realtà a Milano quasi tutti gli amministratori furono nominati personalmente da Bonaparte e i successivi rimpiazzi disposti sempre dal generale in capo o dal Direttorio esecutivo della Repubblica Cisalpina, su proposta delle Municipalità e dell’Amministrazione centrale d’Olona (Pagano 1994).
Le quattro Municipalità circondariali di Milano, ciascuna delle quali aveva in pianta stabile 10 dipendenti (un segretario, un ragioniere, 4 scrittori, un portiere, uno spazzino, un commesso e un pesatore), entrarono in funzione il 19 luglio 1797, contemporaneamente al Dicastero centrale di polizia, insediate in via provvisoria nel palazzo del comune (avviso 1 termidoro anno V). I locali che consentirono alle Municipalità di stabilirsi nei rispettivi circondari furono infatti trovati solo tre mesi più tardi. La Municipalità del circondario I poté allora insediarsi nel palazzo del Broletto, come pure, in via interinale, quella del circondario III; la Municipalità del circondario II nei locali dei luoghi pii dirimpetto il Monte di pietà; mentre quella del circondario IV trovò la sede nella contrada di S. Maddalena al Cerchio, al numero 2912 (avviso 26 vendemmiale anno VI).
Sul finire di dicembre una legge dispose che la giurisdizione delle quattro Municipalità fosse estesa ai territori dei corrispondenti Corpi Santi, i quali avrebbero allora dovuto cessare di esistere come comune autonomo, assumendo la denominazione di Circondari esterni del comune di Milano. Nella fattispecie il territorio dei Corpi Santi di Porta Comasina con Porta Tenaglia e di Porta Nuova doveva essere aggregato alla Municipalità dei rioni III e IV; quello dei Corpi Santi di Porta Orientale con Porta Tosa e di Porta Romana con parte di Porta Vigentina alla Municipalità dei rioni V e VI; quello infine dei Corpi Santi della parte restante di Porta Vigentina, di Porta Ticinese con Porta Lodovica e di Porta Vercellina alla Municipalità dei rioni VII e VIII (legge 2 nevoso anno VI). Il provvedimento non trovò tuttavia applicazione; né sorte diversa ebbero in questo senso le leggi di ripartizione territoriale emanate nel corso del 1798 (comunicazione prefettizia 1802), in base alle quali Milano, capoluogo del dipartimento d’Olona, formava distretto con il suo Circondario esterno (legge 6 germinale anno VI; legge 5 vendemmiale anno VII).
L’amministrazione di Milano rimase affidata al Dicastero centrale e alle quattro Municipalità circondariali, composte ciascuna da sette agenti, anche in seguito alla riforma costituzionale imposta dall’ambasciatore francese Trouvé (costituzione 15 fruttidoro anno VI) ed alla legge sull’organizzazione e sulle funzioni de’ Corpi amministrativi pubblicata il primo settembre 1798, che provvide a definire con maggiore puntualità le rispettive attribuzioni (legge 15 fruttidoro anno VI b).
ultima modifica: 07/06/2004
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