collaboratori del municipio 1848 marzo 20 - 1848 marzo 22
In seguito alla rivoluzione di Vienna e alla vigilia dell’insurrezione milanese del marzo 1848 le strutture del potere civile del Regno Lombardo-Veneto si trovavano in uno stato di evanescenza: il governatore di Milano, conte Gianbattista Von Spaur, era stato posto in congedo ed era partito da Milano il 6 marzo e il viceré Ranieri si era ritirato a Verona nella notte del 17 marzo. Dopo gli incidenti avvenuti nel palazzo del governo il 18 marzo il vicegovernatore provvisorio O’Donnell era stato costretto a firmare tre decreti (che seguivano la decisione imperiale di concedere una nuova legge sulla stampa e di convocare le congregazioni del Lombardo-Veneto e gli Stati dei paesi tedeschi e slavi) con i quali destituiva la direzione della polizia, concedeva la formazione della guardia civica e ordinava alla polizia stessa di consegnare le armi al municipio. Per i due giorni successivi, nonostante gli scontri si susseguissero e risultasse chiara e necessaria una direzione politica e militare, il podestà di Milano Gabrio Casati, che rappresentava la maggiore autorità politica cittadina, rifiutò di prendere una decisione netta, continuando a sostenere di rappresentare esclusivamente il Municipio. Si decise infine la mattina del 20 con una ordinanza che annunciava che per “l’improvvisa assenza dell’autorità politica” avevano effetto i decreti del vicegovernatore. L’ordinanza, oltre alla costituzione di quattro comitati esecutivi, affidava la direzione della polizia al delegato Bellati e in sua mancanza – poiché prigioniero al Castello – al dottor Giovanni Grasselli. Furono inoltre nominati a collaboratori del Municipio il conte Francesco Borgia, il generale Lechi, Alessandro Porro, Enrico Guicciardi, l’avvocato Anselmo Guerrieri-Gonzaga e il conte Giuseppe Durini. Quello stesso pomeriggio, a seguito anche della formazione del consiglio di guerra, Casati emanò un’altra ordinanza in cui annunciava che la Congregazione municipale assumeva “in via interinale” la direzione di ogni potere. Ai collaboratori del municipio venivano aggiunti inoltre Gaetano Strigelli e il conte Vitaliano Borromeo.
La posizione della Municipalità e dei suoi collaboratori era quantomeno ambigua: il podestà Gabrio Casati, dopo una ribellione ormai vittoriosa, si rifaceva ancora alla legalità del decreto estorto ad un vicegovernatore esautorato e prigioniero. La municipalità e i rappresentanti nominati facevano parte infatti di quella corrente aristocratica moderata impegnata ad evitare che la rivoluzione prendesse una piega troppo democratica e propensa ora ad appoggiarsi al Piemonte di Carlo Alberto, ma preoccupata contemporaneamente di non compromettersi troppo nei confronti dell’autorità austriaca e di differenziare le proprie responsabilità da quelle degli insorti. Emblematica a questo proposito la risposta di Casati al maggiore dei croati Sigismondo Von Ettingshausen dopo la discussione avuta con i membri del consiglio di guerra in occasione della prima proposta armistiziale: “Non abbiamo potuto metterci d’accordo. Vogliate dunque rappresentare a sua Eccellenza da una parte, i sentimenti della municipalità, dall’altra, quella dei combattenti, affinché possa prendere in conseguenza le sue risoluzioni” (Cattaneo 1849, p. 41). Solo la intransigente presa di posizione del consiglio di guerra e la consapevolezza del Casati di non avere sufficiente autorità per fermare i combattimenti infatti impedì che la Municipalità accettasse le due proposte di tregua avanzate dagli austriaci il 20 ed il 21 marzo, proposte che sarebbe invece stata propensa ad accettare sia per avere una sorta di giustificazione in caso di sconfitta sia per dare tempo a Carlo Alberto di intervenire.
Con la nomina dei collaboratori la direzione politica degli eventi veniva insomma assunta dal gruppo aristocratico liberale moderato raccolto intorno a Gabrio Casati. La municipalità creava infatti, pur senza assumerne esplicitamente il nome, una sorta governo provvisorio tentando in qualche modo di restare nell’ambito di una ormai inesistente legalità austriaca. L’equivoco sarebbe terminato il 22 marzo, con la decisione, a seguito dei colloqui avuti con l’entourage di Carlo Alberto, di costituirsi in governo provvisorio, del quale fecero parte tra gli altri i collaboratori del municipio Vitaliano Borromeo, Gaetano Strigelli, Giuseppe Durini e Anselmo Guerrieri (Candeloro 1960; Cattaneo 1849; Marchetti 1948 a; Meriggi 1987; Raccolta 1848; Curato 1960).
ultima modifica: 06/01/2003
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