consiglio di guerra 1848 marzo 20 - 1848 marzo 22
La mattina del 20 marzo 1848, al culmine dell’insurrezione milanese esplosa contro la dominazione austriaca, Carlo Cattaneo, recatosi la notte precedente nella casa del conte Carlo Taverna in via dei Bigli, riuscì a convincere altri patrioti a formare un organismo che fosse più efficiente nel guidare la lotta contro le truppe comandate dal feldmaresciallo Radetzky a fronte dell’atteggiamento quantomeno ambiguo della Municipalità milanese. Si costituì così il consiglio di guerra e a farne parte furono chiamati lo stesso Carlo Cattaneo insieme con Enrico Cernuschi, Giorgio Clerici e Giulio Terzaghi. Lo scopo del consiglio era sostanzialmente quello di guidare la lotta contro lo straniero senza affrontare, anzi rimandando al futuro, la questione sulla forma istituzionale che avrebbe dovuto assumere la Lombardia a guerra vinta (cioè l’unione con il Piemonte o la creazione di una Lombardia autonoma).
La strategia militare del consiglio, seguendo anche l’atteggiamento spontaneo della popolazione insorta, si dipanava in pochi ma precisi obiettivi: isolare ed eliminare i centri di resistenza dei soldati all’interno della cerchia dei navigli; passare poi a quella più larga dei bastioni per spezzare l’accerchiamento austriaco che si appoggiava ai bastioni stessi e riuscire infine a stabilire un collegamento con le campagne e con le città vicine per costringere le truppe di Radetzky alla capitolazione.
Il piano riuscì anche grazie alla decisione del feldmaresciallo di ritirare gradatamente le sue truppe verso il castello ed i bastioni, preoccupato come era della stanchezza dei soldati, della penuria di viveri e delle difficoltà nelle comunicazioni. Furono così conquistati il palazzo reale, il Duomo (sul quale venne issato il tricolore) e la direzione di polizia (da cui furono liberati alcuni prigionieri). Il giorno dopo venne preso il palazzo del genio e furono occupate quasi tutte le posizioni austriache all’interno dei bastioni.
Nel frattempo il consiglio risolse il problema delle comunicazioni con l’esterno lanciando proclami di raccolta e di insurrezione alle popolazioni delle campagne vicine per mezzo di palloni di carta velina di piccole dimensioni, sorta di piccole mongolfiere.
Da un punto di vista politico, invece, l’azione del consiglio di guerra e di Cattaneo in particolare fu da un lato tesa ad impedire che la municipalità accettasse le offerte di tregua e di armistizio che in due occasioni (il 20 e il 21 marzo) erano state proposte da Radetzky e dall’altro evitare al contempo che la municipalità stessa si legasse esclusivamente a Carlo Alberto, contrapponendo all’idea della guerra regia e “fusionista” del sovrano sabaudo (e di gran parte dei nobili moderati della municipalità) l’idea di guerra federale, alla cui base vi era certamente un forte senso di patriottismo municipale ma anche una più aperta visione di lotta democratica e nazionale che tutta l’Italia avrebbe dovuto sostenere per l’indipendenza.
Le offerte di armistizio di Radetzky furono respinte: infatti Gabrio Casati, pur essendo il podestà di Milano, si rendeva conto di non avere l’autorità sufficiente per convincere la popolazione ad interrompere le ostilità. Anche per questo il Casati e i suoi collaboratori decisero di costituirsi in governo provvisorio (22 marzo). La stessa mattina del 22 Cattaneo presentò al podestà le dimissioni del consiglio di guerra, proponendo di fonderlo con il comitato di difesa appena istituito. Si costituì allora il comitato di guerra, che però sancì sostanzialmente la sconfitta politica degli uomini che avevano condotto vittoriosamente l’insurrezione contro gli austriaci (Candeloro 1960; Cattaneo 1849; Marchetti 1948 a; Meriggi 1987; Raccolta 1848; Curato 1960).
ultima modifica: 06/01/2003
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