commissione imperiale plenipotenziaria per le province lombardo-venete 1848 maggio 2 - 1849 novembre 1
Dopo la rivoluzione del marzo 1848 e la successiva sconfitta piemontese, dal 2 maggio 1848 una commissione imperiale plenipotenziaria per le province lombardo-venete presieduta dal maresciallo Montecuccoli con sede a Verona subentrò al viceré con l’incarico di dirigere e sorvegliare l’amministrazione civile. Provvisoriamente, recitava il proclama di insediamento, alla commissione dovevano quindi “rivolgersi i vari organi amministrativi in tutti gli affari che appartenevano prima al governo ed al magistrato camerale, o che dipendevano da un dicastero superiore”. L’amministrazione delle province del Regno invece sarebbe stata esercitata, “fino a nuovo ordine […] da quei medesimi organi e con quelle norme che sussistevano prima che le mentovate parti di territorio si staccassero dall’Impero”. Il proclama comunicava inoltre che per i luoghi dichiarati in stato d’assedio – come avvenne per la città di Milano dal 6 agosto – l’autorità civile sarebbe stata concentrata nell’autorità militare (determinazioni 26 luglio 1848).
L’azione del Montecuccoli fu fondamentalmente diretta a riorganizzare la regolare amministrazione civile, a limitare le esose riscossioni delle tasse – Vienna pretese praticamente dalle sue province italiane il rimborso delle spese causate dalle insurrezioni (Meriggi 1987; Mazhol-Wallnig 1981) – e a cercare di allentare lo stato di tensione del Regno allontanando i militari più odiati, quale ad esempio il conte Pachta, comandante militare di Milano. Lo scopo principale della sua attività fu quindi rivolto a “convincere il paese che il governo austriaco aveva veramente l’intenzione di prendere in considerazione i desideri e le esigenze dei länder italiani”. Non a caso il Montecuccoli iniziò una serie di consultazioni con elementi locali, definiti “esperti nazionali e fidati” e comunque notabili di certo non sfavorevoli alla dominazione austriaca, al fine di trarre indicazioni per la formulazione di una nuova costituzione per il Lombardo-Veneto di carattere fortemente federalista. Ma in realtà già dalla riconquista di Milano la Lombardia si trovava sotto il controllo esclusivo dei militari, convinti di essere “soltanto loro i veri signori nel Lombardo-Veneto” (Mazhol-Wallnig 1981, p. 30) avendo con la loro azione mantenuto le province italiane legate alla monarchia asburgica. Questa fase di transizione e di sostanziale confusione di poteri terminò con l’emanazione delle nuove disposizioni fondamentali per l’organizzazione dell’amministrazione civile del Lombardo-Veneto nell’ottobre del 1849. Al vertice della nuova struttura venivano istituiti un governatorato generale civile e militare e due luogotenenze, una a Milano ed una a Venezia, in luogo rispettivamente della carica vicereale e dei governi generali.
La commissione imperiale plenipotenziaria per le province lombardo-venete rimase in carica quindi fino al 1 novembre 1849, quando entrarono in vigore le disposizioni fondamentali (proclama 25 ottobre 1849). Governatore fu nominato il feldmaresciallo Radetzky, che ebbe anche il comando supremo dell’armata imperiale. Al Montecuccoli venne affidata la “sezione civile” del governatorato; al cognato di Radetzky, il tenente maresciallo Michele Strassoldo, quella “militare” (Candeloro 1964; Mazhol-Wallnig 1981; Meriggi 1987; Raponi 1967; Marchetti 1960).
ultima modifica: 19/01/2005
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