ministero degli affari interni 1797 luglio - 1799 aprile 26
Il 30 giugno 1797 il neocostituito Direttorio esecutivo provvide alla nomina di tutti i ministri della Repubblica fatta eccezione per quello degli affari interni, le cui funzioni furono allora provvisoriamente delegate al ministro di polizia generale (decreto 12 messidoro anno V). La nomina si fece tuttavia attendere solo pochi giorni; già al principio di luglio il dicastero degli interni venne infatti attribuito a Ruggero Ragazzi, che ne mantenne la guida fino al principio del mese di aprile del 1798, quando il suo posto fu affidato a Giacomo Lamberti, il quale, entrato pochi giorni più tardi a far parte del Direttorio, venne a sua volta sostituito da Gian Antonio Tadini (determinazione 27 germinale anno VI b). Né la travagliatissima vicenda del Ministero dell’interno, comune del resto con quella degli altri dicasteri cisalpini, si conclude qui; circa tre mesi più tardi l’incarico del dimissionario Tadini venne infatti affidato a Diego Guicciardi, già ministro di polizia (determinazione 22 messidoro anno VI b), che, il primo febbraio del 1799, fu infine sostituito da Pellegrino Nobili (determinazione 13 piovoso anno VII).
Con legge promulgata il primo giugno 1798, frattanto, il Corpo legislativo aveva provveduto a stabilire attribuzioni, responsabilità e garanzie dei ministri, che, secondo quanto disposto dalla costituzione dell’anno V, non formavano consiglio, erano revocabili dal Direttorio ed erano “responsabili dell’ineseguimento sì delle leggi che degli ordini” emanate dal Direttorio stesso. Da essi dipendevano inoltre le Amministrazioni dipartimentali, delle quali potevano annullare gli atti e sospendere i membri (costituzione 20 messidoro anno V).
Il ministro degli affari interni, in base al testo di legge del giugno 1798, era incaricato innanzitutto “del mantenimento del regime costituzionale e dei regolamenti risguardanti le Assemblee comunali primarie ed elettorali”; in secondo luogo “della tutela delle Amministrazioni dipartimentali e municipali quanto alle spese pubbliche”; inoltre “della ispezione economica sui beni finora addetti ad esercizio di culto; […] della sovrintendenza sull’amministrazione della Guardia nazionale sedentaria; […] dell’agricoltura, disseccamenti e dissodamenti dei terreni; […] delle miniere e delle cave; […] della costruzione e manutenzione delle strade, ponti, canali, edifizi, case nazionali ed altri lavori pubblici di terra e di acqua; […] della navigazione interna, trasporti e pubblici mercati; […] del commercio, industria, arti, invenzioni, opifici e manifatture; dei premi ed incoraggiamenti su questi diversi oggetti; […] della sovrintendenza ai pesi e misure; […] della formazione delle tabelle di popolazione, di economia pubblica, dei prodotti territoriali, delle importazioni ed esportazioni e della bilancia del commercio; […] della soprintendenza sulle discipline relative alla caccia ed alla pesca; […] delle ispezioni sull’annona e sulle vettovaglie; […] della vigilanza sulla pubblica sanità; […] della sovrintendenza sugli ospitali civili, stabilimenti di pubblica beneficenza e sussidi civili, […] della istruzione pubblica, delle biblioteche, archivi, musei ed altre collezioni nazionali, delle scuole, teatri e feste nazionali” (legge 13 pratile anno VI).
Come i titolari degli altri dicasteri, anche il ministro degli affari interni, nell’esercizio delle sue funzioni, poteva “trattare e decidere da sé tutti gli affari di puro ordine, tutto ciò che trovasi espresso dalla chiara disposizione della costituzione, dalla legge o da un decreto del Direttorio; tutti gli oggetti di massima sopra i quali il Direttorio abbia dato particolari e antecedenti istruzioni” (determinazione 26 pratile anno VI).
ultima modifica: 19/01/2005
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