senato consulente 1809 febbraio 19 - 1814 maggio 25
Il Senato consulente ebbe origine dagli statuti costituzionali quinto e sesto emanati, rispettivamente, il 20 dicembre 1807 e il 21 marzo 1808.
Secondo quanto stabilito dal quinto statuto costituzionale il Consiglio dei consultori cessò di far parte del Consiglio di stato per divenire un organismo autonomo con il nome di Senato consulente, aggiungendo alle sue attribuzioni “il registro delle leggi e la repressione di qualunque abuso relativo alla libertà civile”.
L’organizzazione e le competenze del Senato vennero poi delineate con il sesto statuto costituzionale, che ne stabiliva inoltre i componenti.
Tra essi figuravano i principi maggiorenni della famiglia reale, i grandi ufficiali della corona, le massime cariche religiose dello stato, i “benemeriti cittadini nominati dal re, quanti in ragione di otto per ogni milione d’abitanti corrispondono alla popolazione del Regno”: il sovrano ne sceglieva due di ciascun dipartimento, “uno dei quali sopra liste dei tre collegi elettorali” (art. 1). Passavano inoltre di diritto a far parte del Senato i quattro consiglieri di stato consultori.
La presidenza del Senato spettava al sovrano, che, in sua vece, poteva eccezionalmente designare un grande ufficiale della corona; nominava tuttavia annualmente un presidente ordinario (art. 4), al quale competeva la convocazione dell’istituto dietro ordine del re o su richiesta di qualche commissione senatoria o di singoli senatori ufficiali (art. 5).
Il Senato aveva un cancelliere, un tesoriere e due pretori “nominati dal re per sei anni sopra una lista tripla” presentata dallo stesso Senato (art. 7).
Quanto ad attribuzioni, il Senato consulente mantenne quelle del soppresso Consiglio dei consultori (art. 9) aggiungendone di nuove.
Ad esso dovevano essere innanzitutto presentati i progetti di statuti e di leggi (art. 10); sui primi il Senato deliberava a scrutinio segreto e alla pluralità di due terzi dei voti (art. 11), mentre tutte le altre deliberazioni erano prese a maggioranza assoluta (art. 30). Spettava poi al Senato la registrazione degli statuti costituzionali, delle leggi, dei titoli accordati dal re e dei maggioraschi (art. 14) e allo stesso dovevano essere comunicati, prima della loro pubblicazione, i trattati di pace, di alleanza, di commercio, le dichiarazioni di guerra, le convenzioni relative alla cessione o al cambio di qualche parte del territorio e i conti dei ministri (art. 16). Sopra taluni progetti di legge il Senato poteva presentare al re le sue osservazioni (art. 13) e dietro commissione del sovrano poteva pronunziarsi sulla costituzionalità degli atti dei collegi elettorali, su ricorsi per eccesso o abuso della giurisdizione ecclesiastica, sulla rimozione di giudici inamovibili (art. 15). Ogni anno il Senato era inoltre autorizzato a presentare al re le sue osservazioni sul conto dei ministri e a comunicargli i bisogni e voti della nazione (art. 17).
All’interno del Senato venne istituita una Commissione della libertà individuale, per reprimere gli abusi relativi alla libertà civile (art. 18); un certo numero di senatori doveva poi formare un’Alta corte reale, residente nel palazzo del Senato (art. 19). Due senatori erano inoltre ammessi nel consiglio privato del re per gli affari di grazia (art. 20).
I senatori dovevano avere 40 anni compiuti (art. 26) e non potevano decadere dall’incarico (art. 27), il quale era peraltro compatibile con quello di ministro o di direttore generale (art. 28). Le sessioni del Senato erano segrete e per essere legittime vi dovevano partecipare più di metà dei membri (art. 29) (sesto statuto costituzionale).
La nomina dei senatori venne decretata da Napoleone il 19 febbraio 1809. A fare parte del Senato consulente, secondo quanto stabilito nel sesto statuto costituzionale, furono allora designati innanzitutto i principi della casa reale Eugenio Napoleone, viceré d’Italia, Giuseppe Napoleone, re di Spagna e delle Indie, Luigi Napoleone, re d’Olanda, e Girolamo Napoleone, re di Vestfalia; vi erano poi i grandi ufficiali della corona Francesco Melzi d’Eril, Antonio Codronchi, Antonio Litta, Giuseppe Fenaroli e Carlo Caprara; inoltre l’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Caprara, quello di Bologna, Carlo Opizzoni, e quello di Ferrara, conte Fava; il patriarca di Venezia e gli ex consultori di stato Moscati, Paradisi, Costabili Containi e Guicciardi.
Sulle liste dei candidati presentati dai Collegi elettorali (il Collegio dei possidenti ne indicava due per dipartimento, mentre uno soltanto a testa spettava a quelli dei dotti e dei commercianti), furono allora nominati altri 24 membri, uno per ogni dipartimento (Marco Alessandri, Leopoldo Armaroli, Giovanni Barisan, Sebastiano Bologna, Agostino Bruti, Antonio Camerata, Alessandro Carlotti, Luigi Castiglioni, Federico Cavriani, Arborio Di Breme, Daniele Felici, Cinzio Frangipane, Leonardo Giustiniani, Giacomo Lamberti, Lucrezio Longo, Luigi Massari, Francesco Mengotti, Francesco Peragalli, Girolamo Polcastro, Pietro Sgariglia, Carlo Testi, Leonardo Thiene, Giuseppe Vidoni, Alessandro Volta).
Nel decreto si annunciava infine che l’apertura del Senato era prevista per il successivo primo aprile e che in tale occasione il viceré avrebbe ricevuto il giuramento dei senatori “ed esercitato in assenza del re le altre sue attribuzioni” (decreto 19 febbraio 1809).
Altri 16 senatori vennero nominati con decreto reale 10 ottobre 1809. Si trattava dei ministri Veneri, Bovara e Prina, dell’arcivescovo di Urbino Berioli, del vescovo di Novara Melano Portula, dei professori Oriani e Stratico, dei consiglieri di stato Lambertenghi e Verri, di Filippo Ercolani, dei prefetti Serbelloni e Alvise Mocenigo, del capitano della guardia d’onore Martinengo, del cavaliere d’onore della regina Condulmer, del provveditore generale della Dalmazia Dandolo e del generale Fiorella (decreto 10 ottobre 1809 c). Nel 1810 divennero poi senatori il gran giudice ministro della giustizia Luosi (decreto 7 febbraio 1810) e l’atesino De Moll (decreto 23 dicembre 1810).
Nel frattempo, con decreto 9 novembre 1809, si era provveduto a stabilire le discipline e il regolamento interno dell’organo senatorio.
Il testo di legge era suddiviso in sei titoli: comunicazione del governo al Senato, deliberazioni del Senato, ufficiali del Senato, gran consiglio d’amministrazione, commissione della libertà individuale, disposizioni generali.
Con gli stessi venne tra l’altro stabilito che i progetti di legge o di statuto portati al Senato dovessero essere rimessi ad una commissione speciale di cinque membri, il cui rapporto poteva dar luogo al voto o ad un nuovo esame della materia. Spettava poi ad un decreto reale costituire in statuti o in leggi i progetti proposti alla deliberazione del Senato, cui venivano quindi ritrasmessi.
Il Senato al suo interno doveva nominare un Gran consiglio di amministrazione di cinque membri e una Commissione della libertà individuale di uguale organico, comprendeva inoltre un cancelliere, un tesoriere, i pretori e un segretario archivista (decreto 9 novembre 1809)
Organo con competenze al contempo legislative, consultive e di controllo, il Senato consulente fu comunque prima di tutto un organo di rappresentanza, dove l’adesione alla volontà superiore fu sempre pressoché completa mentre del tutto assente rimase al suo interno ogni dibattito politico.
L’esistenza del Senato si chiuse il 25 maggio 1814, quando venne dichiarato soppresso con proclama del conte Bellegarde, commissario plenipotenziario per le province del cessato Regno d’Italia (proclama 25 maggio 1814).
ultima modifica: 19/01/2005
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