comune di Milano 1450 - 1535
Dopo un lungo ed estenuante assedio della città di Milano – che nel 1447, dopo la morte del duca Filippo Maria aveva rivendicato la libertà e aveva dato origine alla Repubblica Ambrosiana – il condottiero Francesco Sforza, marito di Bianca Maria, figlia illegittima del defunto duca Filippo Maria, riuscì, nel 1450, a portare a termine la faticosa opera di riconquista, a ricomporre l’unità del dominio ed a farsi riconoscere duca dalla maggioranza dei potentati italiani. Solo Venezia, opponendosi al suo riconoscimento, “suscitò ancora un rigurgito di guerra” ma la pace di Lodi, firmata nel 1454, riconobbe definitivamente la conquista sforzesca e assicurò quasi un cinquantennio di ininterrotta pace.
Fu per il Ducato un periodo di generale e rigogliosa ripresa economica, demografica e artistica oltre che di consolidamento politico.
Nonostante la scossa provocata dall’assassinio di Galeazzo Maria Sforza e dalle lotte che portarono all’affermazione al potere di Ludovico il Moro, il processo di accentramento del potere e di definizione delle competenze delle magistrature statali e periferiche, “inaugurato” alla fine del secolo precedente da Gian Galeazzo, continuò e Milano persistette nel suo ruolo di capitale del Ducato, quindi città sede dell’amministrazione centrale e municipale.
Con funzioni oramai ridotte alla ratifica di provvidenze di carattere politico o amministrativo, continuava a permanere il Consiglio generale, monopolizzato dal ceto patrizio milanese. La trattazione quotidiana e diretta degli affari politico-amministrativi della città continuava invece ad essere concentrata nel Tribunale di provvisione, composto dal vicario e dai dodici eletti direttamente dal duca, e coadiuvato da una serie di stretti collaboratori: giudici dei dazi, delle vettovaglie, delle strade. In quanto al podestà, un tempo capo del comune ora funzionario alle dipendenze del duca e da lui direttamente nominato, rimase conferito il solo ruolo di capo del potere giudiziario civile e penale, con giurisdizione sulla città, sui Corpi santi e sulle pievi circonvicine. Per la giustizia civile il podestà era inoltre affiancato dai consoli di giustizia. La giustizia criminale, in origine attribuita al podestà, incominciò invece ad essere devoluta al capitano di giustizia, magistrato che assumerà particolare importanza, per la sfera della sua giurisdizione, in età spagnola.
Una brusca svolta nella storia del Ducato si ebbe alla fine del Quattrocento, con la spedizione in Italia del re francese, Carlo VIII, e soprattutto con l’invasione del suo successore Luigi XII. Il Ducato di Milano, per la sua strategica posizione geografica e per la ricchezza di risorse – anche umane – di cui disponeva, incominciò a rappresentare per le monarchie europee la chiave di volta per la realizzazione della loro politica egemonica sul continente europeo.
Durante la preponderanza francese durata oltre vent’anni e interrotta solo dalla breve restaurazione di Massimiliano Sforza, nel 1512-15, e da un altrettanto breve momento di dominio svizzero, le istituzioni milanesi accusarono significativi mutamenti: l’antico Consiglio generale di origine comunale, composto da 900 membri, venne ridotto a 60, dieci consiglieri per ogni porta della città; la nomina dei membri del Tribunale di provvisione, e in particolare del vicario, venne nuovamente subordinata, ritrattando le concessioni elargite a favore della cittadinanza milanese dal precedente duca Massimiliano Sforza, al volere del re francese, duca di Milano. Nel 1499 infine il re di Francia Luigi XII, conquistato il Ducato, istituì, sul modello dei parlamenti francesi, il Senato, supremo tribunale a cui venne attribuita giurisdizione inappellabile in tutte le cause civili, criminali, fiscali, ecclesiastiche. Mantenuto anche in seguito al ritorno degli Sforza al potere, tale organo, espressione del patriziato lombardo e ancor più milanese, continuò ad operare sino al 1786, quando Giuseppe II decretò la fine del particolarismo lombardo.
In seguito alla cacciata dei francesi e la definitiva ascesa al “trono” ducale di Francesco II Sforza – investito del titolo di duca nel 1529 dall’imperatore Carlo V – le riforme alle magistrature milanesi o l’istituzione di nuovi organi, tra cui il Senato, furono mantenute.
Le magistrature centrali e “municipali” del Ducato vennero esplicitamente codificate in seguito, nel 1541, dalle Novae Constitutiones Mediolanensis dominii, volute dallo Sforza ma terminate e pubblicate solo per volere di Carlo V (Catalano 1956; Leverotti 1994; Leverotti 1997).
ultima modifica: 19/01/2005
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