tribunale del censo 1749 - 1757
Superata la guerra di successione austriaca che aveva messo a repentaglio l’esistenza della stessa monarchia asburgica, l’imperatrice Maria Teresa, assunta la pesante eredità del padre Carlo VI, si rese immediatamente conto che l’opera di difesa dello stato, positivamente conclusasi all’esterno, avrebbe dovuto continuare all’interno: il mantenimento delle conquiste ottenute a duro prezzo con la guerra di successione era inevitabilmente vincolato alla lotta ai particolarismi, alle autonomie, ai privilegi che ancora caratterizzavano l’organizzazione interna dello stato. Da queste considerazioni nacque quindi la spinta alle riforme che agì tanto al centro quanto nella periferia del territorio lombardo ed interessò i settori finanziario, fiscale, amministrativo. Partendo dal riordinamento del sistema degli appalti su cui si regolavano le operazioni di riscossione delle imposte indirette, la riforma si estese alla sistemazione del debito pubblico, con la creazione del Monte di Santa Teresa, alla riorganizzazione degli uffici pubblici e, soprattutto, alla uniformazione del sistema fiscale. Ma la realizzazione di questo processo investì inevitabilmente l’intera struttura politico-sociale dello stato: per instaurare un sistema fiscale uniforme, sosteneva Pompeo Neri, presidente della seconda Giunta del censimento, era necessario rendere uniformi gli organi destinati ad applicare tale sistema. Le operazioni catastali riprese dalla seconda Giunta del censimento, avrebbero trovato il loro esatto coronamento solo nella riorganizzazione dell’amministrazione provinciale e comunale. E per fare ciò al criterio di uniformità avrebbe dovuto corrispondere quello di centralità. Il governo, attraverso propri officiali avrebbe dovuto vigilare sull’operato degli enti locali.
A capo di questo nuovo apparato il governo istituì quindi il Tribunale del censo, tribunale tutorio che garantiva la propria imparzialità con la presenza di giudici forestieri e che, sino al momento del suo scioglimento, coincise con la Giunta del censimento.
Una fitta rete di funzionari strettamente e direttamente dipendenti dal detto Tribunale incominciò quindi a vigilare sulle province e sui comuni dello stato. Al suddetto Tribunale del censo venne subordinata una folta schiera di cancellieri, canali attraverso cui venivano portati ai comuni gli ordini governativi: il loro “placet” era infatti tassativamente richiesto per ogni deliberazione consiliare, per ogni provvedimento dei sindaci e dei deputati.
Per le città si provvide inoltre all’istituzione di regi delegati, ai quali venne demandato il potere di intervenire nei consigli e nelle congregazioni, con la facoltà di sospendere le deliberazioni ritenute dannose, oltre a un numero variabile di revisori dei conti, anch’essi direttamente nominati dal Tribunale su liste proposte dai Consigli, ai quali venne invece attribuito l’importante compito di revisionare il bilancio consultivo e di sindacare gli organi amministrativi.
Nel 1757, con l’abolizione della Giunta del censimento, le funzioni svolte dal Tribunale del censo vennero assorbite prima dal Magistrato camerale ed in seguito dal Supremo consiglio di economia (Capra, Sella 1984; Valsecchi 1959).
ultima modifica: 29/05/2006
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