comune di Milano 1796 - 1816
Pochi giorni dopo l’ingresso delle truppe francesi a Milano, il generale in capo dell’armata d’Italia, Bonaparte, e il commissario del Direttorio esecutivo presso le armate d’Italia e delle Alpi, Saliceti, provvidero a sciogliere gli organi centrali dell’ex Lombardia austriaca: la Giunta interinale di governo e il Magistrato politico camerale, oltre al Consiglio generale dei decurioni, furono allora rimpiazzati da un’Agenzia militare composta da tre agenti scelti personalmente da Bonaparte e da Saliceti. La Congregazione di stato e le amministrazioni municipali vennero invece provvisoriamente mantenute e così pure la Congregazione municipale milanese, che, “composta di sedici membri e d’un sindaco”, fu “provvisoriamente ritenuta sotto il nome di Municipalità della città di Milano”. Con la medesima ordinanza ne vennero inoltre designati i sedici membri e fu disposto che a presiedere il Consiglio municipale fosse il comandante della piazza, incaricato anche delle funzioni di alta polizia (ordinanza 30 fiorile anno IV).
Il 25 maggio il numero dei municipalisti venne portato a trenta più il presidente, per discendere nuovamente a ventiquattro il 4 agosto (Verga 1914); nel frattempo era stata approvata “l’organizzazione provvisionale della Municipalità”, con la quale ne furono delineate le modalità di funzionamento e la ripartizione interna in quattro comitati (organizzazione giugno 1796), i cui ambiti di intervento furono precisati con il “compartimento municipale provvisorio” (avviso 23 pratile anno IV).
L’attività amministrativa continuò comunque a rivestire carattere di provvisorietà ed incertezza almeno fino alla proclamazione della Repubblica Cisalpina (29 giugno 1797), della quale Milano venne designata capitale. La riorganizzazione degli ordinamenti locali fu allora delineata con il titolo VII della costituzione al (costituzione 20 messidoro anno V) e con la successiva legge sull’organizzazione delle municipalità del 19 luglio 1797 (legge 29 messidoro anno V).
Secondo quanto stabilito dalla prima, i comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti dovevano avere almeno tre amministrazioni municipali; ad ognuna delle quali – formate da sette membri eletti da Assemblee primarie – spettava l’amministrazione di un circondario con popolazione compresa tra le trentamila e le cinquantamila unità (art. 183) (costituzione 20 messidoro anno V).
Per la trattazione degli oggetti che il Corpo legislativo giudicava indivisibili, nei comuni ripartiti in più Municipalità, era poi prevista la presenza di un Dicastero centrale formato da tre membri nominati dall’Amministrazione del dipartimento e confermati dal potere esecutivo (art. 184). Al Direttorio spettava infine la nomina presso ciascuna amministrazione di un commissario incaricato di vigilare sull’esecuzione delle leggi (art. 191) (costituzione 20 messidoro anno V).
L’organizzazione e le funzioni delle amministrazioni municipali furono organicamente delineate con il testo legislativo del 17 luglio 1797, che, all’articolo 1, sanciva la soppressione di tutte le municipalità esistenti.
Le nuove municipalità, gerarchicamente subordinate alle amministrazioni dipartimentali, dovevano essere divise in un Consiglio, con funzioni deliberative, e un Officio, composto “da un terzo degli ufficiali municipali compresovi il presidente […] incaricato dell’esecuzione e limitato alla semplice spedizione degli atti” (artt. 20-25) (legge 29 messidoro anno V).
Nella capitale cisalpina, il cui territorio comunale, alla fine del 1796, era stato suddiviso in otto nuove ripartizioni amministrative dette rioni, furono stabilite quattro Municipalità, ciascuna delle quali doveva amministrare un circondario formato da due rioni (Pagano 1994).
Le Municipalità circondariali entrarono in funzione il 19 luglio 1797, contemporaneamente al Dicastero centrale di polizia, insediate in via provvisoria nel palazzo del comune (avviso 1 termidoro anno V).
Sul finire del mese di dicembre di quello stesso anno venne disposto l’ampliamento della giurisdizione delle quattro Municipalità ai territori dei corrispondenti Corpi Santi, i quali avrebbero allora cessato di esistere come comune autonomo, assumendo la denominazione di Circondari esterni del comune di Milano (legge 2 nevoso anno VI). Il provvedimento non pare tuttavia abbia avuto applicazione; né sorte diversa ebbero in questo senso le leggi di ripartizione territoriale pubblicate l’anno seguente (comunicazione prefettizia 1802).
Nella prima, la legge 2 aprile 1798 di organizzazione del dipartimento d’Olona (legge 13 germinale anno VI), il comune di Milano, con il suo circondario esterno, si trova indicato come prima ripartizione del dipartimento di cui era capoluogo.
In base alla legge 26 settembre 1798 di ripartizione territoriale dei dipartimenti d’Olona, Alto Po, Serio e Mincio, Milano con il suo circondario esterno formava invece il distretto XXXVI del dipartimento d’Olona e aveva una popolazione di circa 127.000 abitanti (legge 5 vendemmiale anno VII),
Il primo settembre, frattanto, la Repubblica Cisalpina era stata dotata di una nuova costituzione e di sei leggi organiche. Una di queste, riguardante l’organizzazione e le funzioni dei corpi amministrativi, all’art. 26 confermava nelle loro attribuzioni le quattro Municipalità milanesi (legge 15 fruttidoro anno VI b), che, insieme al Dicastero centrale di polizia, mantennero il governo cittadino fino all’occupazione austro-russa della primavera del 1799.
Il 29 aprile 1799 Municipalità e Dicastero furono infatti riuniti dal comandante generale dell’armata austriaca in “un sol corpo amministrativo per il disimpegno degli affari pubblici sotto il nome di Amministrazione provvisoria” (proclama 29 aprile 1799), alla quale rimase affidata la guida del capoluogo e della sua provincia fino al successivo 9 giugno, quando il commissario imperiale Cocastelli ne dispose la soppressione. Al suo posto venne allora istituita una Congregazione delegata per la città e provincia di Milano, che, presieduta da un prefetto e regio delegato e formata da 18 assessori, era divisa in sei dipartimenti corrispondenti ad altrettanti rami d’amministrazione e sottoposta al diretto controllo del governo (proclama 9 giugno 1799). Milano tornava così a ricoprire una posizione centrale e predominante sulla provincia (Pagano 1994).
La Congregazione rimase in carica fino alla fine di maggio del 1800, quando, all’approssimarsi delle armate francesi, “le autorità competenti alla Commissione imperiale e […] tutti gli oggetti ch’erano di competenza della Congregazione delegata” vennero attribuiti ad una Reggenza provvisoria di sette membri (proclama 30 maggio 1800).
Mutata la propria denominazione in Amministrazione provvisoria della città di Milano e parzialmente modificata nell’organico dopo l’ingresso in città delle truppe transalpine, essa venne soppressa l’8 giugno per volontà del primo console di Francia Bonaparte, che affidò il governo del Milanese ad un’Amministrazione municipale della città e provincia di Milano (avviso 20 pratile anno VIII), che il 24 giugno venne investita dalla Commissione governativa “di tutti i poteri che a tenore della legge 19 fruttidoro anno VI competevano già all’Amministrazione dipartimentale d’Olona, alle quattro Municipalità di Milano ed al Dicastero centrale” (proclama 6 messidoro anno VIII). Denominata da allora Amministrazione municipale e dipartimentale d’Olona, essa estendeva il suo controllo su tutte le municipalità distrettuali e comunali del dipartimento d’Olona, che, in base alla legge 13 maggio 1801 di ripartizione territoriale della Repubblica Cisalpina, venne poi suddiviso in quattro ampi distretti, il primo dei quali aveva per capoluogo Milano, ancora indicata insieme al suo circondario esterno (legge 23 fiorile anno IX).
L’organo municipale, ripartito al suo interno in quattro comitati, ridotti in seguito a tre, venne infine disciplinato con il “Regolamento per la marcia interna dell’Amministrazione municipale e dipartimentale d’Olona” pubblicato il 21 gennaio 1801, che ne determinava la partizione in due grandi divisioni, ciascuna delle quali organizzata in tre sezioni (regolamento 1801).
La sua esistenza ebbe termine nell’ottobre 1802, quando vennero insediati i nuovi organi municipali stabiliti dalla legge sulle autorità amministrative della Repubblica italiana emanata il 24 luglio 1802: il Consiglio comunale, assemblea deliberativa e di rappresentanza del comune, e la Municipalità, organo esecutivo; entrambi con competenza ristretta al solo territorio cittadino (Pagano 1994).
La legge assimilava l’amministrazione milanese a quella degli altri comuni dello stato, che ripartiva in tre classi in base alla loro popolazione. Nei comuni di prima classe – quelli cioè con popolazione superiore ai 10.000 abitanti – il Consiglio comunale doveva essere formato da 40 cittadini capifamiglia, metà dei quali necessariamente proprietari nel territorio del dipartimento, nominati dal “Consiglio generale del dipartimento sopra una lista tripla presentata dall’istesso Consiglio comunale”. Analogo requisito di possidenza era stabilito per i membri della Municipalità – a Milano erano nove – che dovevano essere proposti “per schede segrete” ed eletti “a maggiorità assoluta di suffragi” dal Consiglio comunale.
La Municipalità era tenuta a presentare annualmente i bilanci preventivi e consuntivi al Consiglio comunale, che si riuniva ordinariamente due volte l’anno e “straordinariamente a qualunque invito del prefetto”; proponeva poi gli oggetti alla discussione dell’organo consiliare e, dopo l’approvazione del prefetto, cui era direttamente sottoposta, ne eseguiva le determinazioni (legge 24 luglio 1802).
La trasformazione della Repubblica italiana in Regno d’Italia ebbe considerevoli riflessi anche negli ordinamenti comunali, riformati con il decreto 8 giugno 1805 sull’amministrazione pubblica ed il comparto territoriale del Regno d’Italia.
Il Consiglio comunale, divenuto di nomina regia, eleggeva “fra i cento maggiori estimati” la Municipalità, il cui organico era stato ridotto a sei membri, detti savi, guidati da un podestà nominato dal re su una terna presentata dal Consiglio comunale (decreto 8 giugno 1805 a).
Il rinnovato Consiglio comunale di Milano venne nominato con decreto vicereale 8 ottobre 1805 e insediato dal prefetto il successivo 6 novembre (Pagano 1994); per la nomina del podestà si dovettero invece attendere altri due anni. Nel frattempo, con decreto 22 aprile 1806, i savi nominati dai rispettivi Consigli comunali furono dichiarati in attività ed autorizzati a scegliere al loro interno chi dovesse provvisoriamente ricoprire le funzioni podestarili (decreto 22 aprile 1806). “Propodestà” di Milano venne allora nominato Cesare Brivio Sforza, che conservò la carica fino alla fine del 1807, quando l’ufficio di podestà, nelle cui mani erano state frattanto concentrate le funzioni esecutive in precedenza assegnate alla Municipalità (decreto 5 giugno 1807), fu attribuito ad Antonio Durini, che lo mantenne fin oltre la caduta del Regno d’Italia.
Il citato decreto 8 giugno 1805 oltre a tracciare gli ordinamenti locali del Regno provvedeva inoltre a stabilirne il compartimento territoriale.
In base ad esso, Milano – che contava allora 115.290 abitanti – oltre ad essere, com’è noto, capitale del Regno e capoluogo del dipartimento d’Olona, risultava anche a capo del I distretto dell’Olona e dei primi sei cantoni appartenenti allo stesso. Per quanto attiene invece alla sua giurisdizione comunale, essa corrispondeva territorialmente alla sola città murata (decreto 8 giugno 1805 a); una condizione questa destinata tuttavia a protrarsi per meno di tre anni.
In seguito alle ripetute istanze presentate dalle autorità municipali milanesi, preoccupate di fornire una copertura finanziaria più adeguata per le spese crescenti del comune, con decreto 9 febbraio 1808 b fu infatti disposta l’unione alla città murata di un circondario esterno di quattro miglia, formato da 35 comuni (Affori, Bicocca, Boldinasco, Casa nova, Chiaravalle, Corpi Santi, Crescenzago, Dergano, Garegnano Marcido, Gorla, Grancino, Lambrate, Lampugnano, Linate superiore e inferiore, Lorenteggio, Macconago, Morsenchio, Musocco, Niguarda, Nosedo Chiaravalle, Poasco, Precentenaro, Precotto, Quarto Cagnino, Quinto Sole, Redecesio, Ronchetto, San Gregorio vecchio, Segnano, Sella nova, Trenno, Turro, Vajano, Vigentino, Villapizzone), che vennero allora a formare “un solo ed individuo comune con quello di Milano”, la cui popolazione ascese a 156.870 abitanti (decreto 9 febbraio 1808 b).
Con il successivo decreto 18 settembre 1808 fu comunque stabilito che le comunità aggregate conservassero distinte attività e passività; pratica mantenuta fino al 1813, quando si procedette all’attuazione del conguaglio generale in un unico bilancio (Pagano 1994).
Nel compartimento territoriale approvato con il decreto di aggregazione e unione dei comuni del dipartimento d’Olona del 4 novembre 1809, Milano si trova nuovamente indicata come capoluogo del distretto I e dei sette cantoni che ne facevano parte (decreto 4 novembre 1809 a). Con il successivo decreto di concentrazione e unione dei comuni del dipartimento d’Olona emanato nel novembre 1811, Milano rimase invece a capo del distretto I e del solo primo cantone, formato dai comuni di Milano, Baggio, Bruzzano, Corsico, Cusago e Rozzano (decreto 8 novembre 1811).
L’ampliamento della giurisdizione del comune di Milano al suo circondario esterno venne mantenuta fino all’attivazione del nuovo compartimento territoriale della Lombardia disposto con patente 12 febbraio 1816. In base ad esso il circondario del comune di Milano tornò infatti a corrispondere con la sola città murata, mentre ai Corpi Santi e agli altri comuni uniti alla ex capitale del Regno d’Italia con decreto 9 febbraio 1808 b venne nuovamente riconosciuta l’autonomia amministrativa (notificazione 12 febbraio 1816).
ultima modifica: 03/04/2006
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