cercamacchie sec. XIII - 1757
Nel borgo di Monza la procedura di controllo sull’attività delle magistrature del borgo era duplice: al giudizio dei sindacatori, istituto generalmente regolato da tutti gli statuti comunali del XIII secolo, si affiancava l’organo di controllo detto dei cercamacchie, al cui controllo erano sottoposti tutti gli ufficiali comunali, ad esclusione dei membri della camera dei mercanti.
I sei membri, quattro dei quali notai, che formavano l’organo venivano eletti “ad sortes”, ogni anno, al termine della scadenza dell’incarico degli ufficiali che dovevano giudicare, dal consiglio generale a maggioranza di 4/6, dopo che gli elettori avevano prestato giuramento di procedere alla nomina in buona fede e senza frode. Gli eletti non dovevano essere parenti del procuratore, canevaro o notaio soggetto a controllo. La procedura seguita dai “cercamacchie” nello svolgimento delle attività di controllo e giudicatura fu esplicitata nel 1338: essi erano tenuti ad agire d’ufficio e con procedimento sommario.
Il giudizio dei cercamacchie, inappellabile ma non insindacabile, si articolava in più fasi: innanzitutto i sei cercamacchie procedevano collegialmente alla fase istruttoria, che terminava con un giudizio di condanna o di assoluzione sulla base delle prove raccolte. Successivamente la magistratura dei cercamacchia veniva integrata con l’elezione di due giudici del collegio di Milano e di un notaio, tassativamente non monzesi: dei due giudici uno fungeva da pubblica accusa. Essendo il giudizio dei cercamacchie inappellabile ma non insindacabile, alla conclusione dei giudizi gli “imputati” – procuratore, canevaro o notaro – eleggevano altri due cercamacchie ed un notaio, che non avessero avuto alcuna relazione con i membri della commissione precedente detta dei “cercamacchie maggiori”: a costoro toccava rivedere gli atti del primo giudice e, nel caso, di annullarli, punendo i responsabili di tale prima sentenza (Storti Storchi 1993).
ultima modifica: 27/10/2002
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