comune di Mortara sec. XIV - 1707
Borgo di origine romana, (il suo toponimo, allora era Pulchra Silva) di cui sono ancora evidenti il castro e il decumano, nei secoli X e XI faceva parte del contado o comitato di Lomello, infeudatavi una famiglia longobarda, ne prese il nome.
Il comune mantiene la sua autonomia fino all’incorporazione d’imperio a Pavia.
In un diploma di Federico I del 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citata anche Mortara. Tale documento è sottoscritto dai Vescovi di Novara e di Vercelli. La suddetta concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912).
Nel 1165 il feudo passa al marchese Guglielmo il Vecchio di Monferrato, cognato di Federico e, successivamente, a Manfredo Beccaria, 1289.
La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Mortaria, in contea Lumellina (Soriga 1913).
La potenza smisurata di Matteo Visconti, nonostante la lega formatasi nel 1299, gli consente di occupare la città.
Il comune, nel XIII secolo, riesce ad ottenere quei privilegi che gli permettono (fino al XVI secolo) di separarsi dalla giurisdizione di Pavia.
Nel 1312 i marchesi del Monferrato alleati con i Visconti, ai danni di Pavia, invadono la Lomellina. Mortara era, allora, presidiata dal principe di Acaja.
Qualche anno dopo, torna sotto il dominio pavese, in seguito alla resa costretta da Galeazzo II Visconti, così nel 1362 vengono riformati i nuovi statuti della città, (questi documenti spariranno).
I Visconti diventano i signori di Mortara nel 1363.
In un manoscritto del 1383 si legge: “Potestaria Mortarii” (Manoscritto B); tale podesteria è formata dalle comunità di Parona, Cergnago, Olevano, Ceretto, Castel d’Agogna, Albonese, Sant’Angelo e Cilavegna (queste ultime due si servivano facoltativamente del podestà di Mortara).
Nel 1404 Facino Cane patteggia con il comune di Mortara, per poi occiparla nel 1412, data della sua morte; il feudo indipendente da Pavia sarà tenuto dalla vedova Beatrice di Tenda; infine, dopo la morte per impiccagione della stessa, il territorio torna sotto il diretto dominio dei Visconti.
In un documento del 12 novembre 1409 sui privilegi concessi dal conte di Biandrate a Mortara , viene concessa la possibilità di fare statuti purché siano approvati dal conte stesso (ASTo, Paesi di nuovo acquisto Mortara).
Di tali statuti mortaresi, apparsi per la prima volta nel 1409, si fa cenno nei diplomi successivi dei duchi di Milano e perfino nell’articolo 15 della capitolazione di Mortara del 23 agosto 1658.
È possibile che esistessero divisioni amministrative e consuetudini regolate dal consiglio generale, da quello dei sapienti, dai consoli, ecc., ma sono rimaste solo notizie frammentarie.
L’esistenza del vicario del podestà e del consiglio dei sapienti, per esempio, emerge da una petizione del comune di Mortara con quello di Pavia, del 12 agosto 1299. Dei 15 capitoli in cui si compone la petizione avanzata dal vicario Mucio Borghesi, proprio nel quindicesimo si chiede che sia redatto uno statuto e un ordinamento.
I pavesi approvano tutti i capitoli della petizione e confermano anche i decretti, gli statuti , gli ordinamenti, le provvisioni a favore di Mortara.
In seguito tali statuti vengono riformati da Facino Cane, prima e poi nel 1620 riuniti con quelli di altri 24 comuni per formare gli “Statuti Lomellini” (Boffi Pezza 1905).
È del 28 febbraio 1447 l’investitura concessa dal duca Giovanni Galeazzo Maria Sforza di Milano a favore di Ludovica Maria Sforza della città di Mortara, della sua giurisdizione e redditi, a lui e ai suoi discenti maschi (ASTo, Inventario Lumellina n°48).
Ma, morto Filippo Maria (1447), sorge in Milano la repubblica detta Ambrosiana. Ludovico di Savoja, chiamato dai pavesi che non volevano assoggettarsi a Milano, occupa parte della Lomellina.
Nel 1467 Ludovico il Moro vi signoreggiava con il titolo di conte di Mortara.
Ancora tra i privilegi concessi alla città si legge in una carta del 5 dicembre 1461 che oltre la conferma mero e misto imperio, l’indipendenza da Pavia e indica come ricadenti sotto la sua giurisdizione i seguenti luoghi: Cergnago, Olevano, Ceretto, Parona. Viene concesso un podestà annuale con un salario di 20 fiorini al mese che viene sindacato al termine dell’incarico. Il podestà è obbligato a tenere due servi per l’ufficio.
Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 nella Squadra di Lumelina, appare anche”Mortarium” (statuta stratarum).
È del 3 novembre 1547 l’elenco dei comuni per i pagamenti dei dazi, in tale elenco appare Mortara (ASTo, Carte Vigevano).
Mortara partecipa alla congregazione del principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980).
Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compresa Mortara, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980).
Nel XVI secolo Mortara è guidata da Gian Giacomo Trivulzio, dopo di lui Obicino Caccia terrà la signoria dal 1506 al 1513, nel 1514, invece, il feudo è nelle mani di Francesco II Sforza.
Dopo una pausa di occupazione francese, Mortara viene data a Matteo Beccaria, chiamato marchese di Mortara. Con l’affrancamento degli spagnoli il feudo passerà alla duchessa Cristina di Danimarca.
In un diploma dell’imperatore Carlo V, emanato a Bruxelles il 28 settembre 1549, si ricorda che Bona di Savoia e il figlio Gian Galeazzo Maria Sforza avevano accordato piena giurisdizione con poteri di vita e di morte alla comunità di Mortara che era, inoltre, libera ed esente da ogni soggezione nei confronti di Pavia. Questa posizione vantaggiosa farà della città e del suo territorio un dipartimento con il titolo di contea.
Dal 1580 al 1613 il marchesato viene devoluto alla regia camera di Milano.
Nel 1614 Filippo II dona borgo, castello e territorio in feudo a Rodrigo Orozsco col titolo di marchese; tale famiglia lo terrà fino al 1706.
Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
Duboin cita tra gli statuti “Prammatica di Carlo II di Spagna alla Lomellina” del 1671 (Duboin 1827-1854).
ultima modifica: 14/01/2005
[ Gloria Ferrario, Cooperativa Arché - Pavia ]
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/9000491/