consiglio ordinario sec. XIV - 1743

Cilavegna, già dai primordi del 1400 aveva per antica consuetudine, un suo proprio ordinamento interno, come si consta dal convocato tenutosi in ottemperanza al decreto del vescovo di Pavia Pietro Grassi del 1416 (Bergamo 1995).
Tre corpi giuridici entrano a far parte del consiglio comunale: “Consilium, Consules, hominum major pars comorntium Cilaveniae” (Rampi 1965).
Ogni anno al principio di gennaio si eleggevano i consoli e i consiglieri di giunta in una adunanza generale dei capi famiglia. Ai consoli, eletti in numero di due per trimestre, era demandata l’ordinaria amministrazione del comune. invece alle decisioni di importanza alquanto maggiore erano chiamati i consiglieri di giunta, eletti in numero di 40 che intervenivano con voto deliberativo.
Gli affari in cui erano compromessi gli interessi della popolazione ed in modo speciale l’applicazione di nuove tasse, erano trattati esclusivamente dall’adunanza di tutti i capi famiglia. Essi, in numero variante di anno in anno, dovevano essere presenti almeno per i due terzi per la validità delle adunanze. Se la trattazione della causa richiedeva maggior competenza e maggior tempo, deputavano per loro procuratori i consoli o altre persone adatte.
Vi erano dunque, tre generi di adunanza: consiglio ordinario, composto dai consoli, consiglio di giunta, formato dai quaranta consiglieri e convocato generale, a cui intervenivano tutti i capi di famiglia.
A fianco di questa organizzazione interna vi era l’autorità del feudatario (Rampi 1965).
In un documento che porta la data del 17 aprile 1577, supplica del feudatario indirizzata a Filippo II, si legge che si dovessero tutelare i più poveri, poiché solo le persone più benestanti assedevano al consiglio del comune ed erano considerate abili per tali cariche (Rampi 1965).

ultima modifica: 27/10/2002

[ Gloria Ferrario, Cooperativa Arché - Pavia ]