congregazioni del principato di Pavia 1566 - 1756
La formazione di un corpo amministrativo delle comunità del Principato di Pavia risale agli inizi del 1566. Il primo di marzo di quell’anno si svolge a Pieve del Cairo una congregazione generale alla quale partecipano il procuratore generale Modegnani, il sindaco generale Francesco Maggi, i quattro sindaci dei distretti e sessantasei deputati per cinquantacinque comuni così distribuiti. Quindici per undici comuni dell’Oltrepò, trentuno per ventiquattro comuni della Lomellina, diciassette per diciassette comuni della Campagna Sottana e tre per tre comuni della Campagna Soprana. In quest’occasione vengono approvati gli ordini del Procuratore generale Modegnani con cui il governo del Principato assume una forma giuridicamente definita (Porqueddu 1980).
Nel corso della congregazione di Pieve del Cairo il numero delle comunità aventi diritto di voto viene portato a ventuno in modo che Lomellina e Oltrepò abbiano sette rappresentanti ciascuno, la Campagna Sottana quattro e la Campagna Soprana tre. I sindaci sono cinque di cui uno generale (successivamente saranno due: uno a Pavia e l’altro a Milano) e gli altri quattro provinciali. I sindaci si occupano dell’amministrazione ordinaria del contado e hanno la prerogativa di convocare la Congregazione generale inviando l’avviso ai comuni aventi voce (perciò definiti vocali).
Con la congregazione del 1566 il governo del contado assume quindi una forma articolata in due momenti. L’assemblea dei deputati è investita dei poteri tipici di un organo deliberativo mentre il potere esecutivo è attribuito ai cinque sindaci, di questi il sindaco generale si occupa principalmente dei rapporti con la città mentre gli altri quattro sono addetti agli affari delle circoscrizioni (Porqueddu 1980).
L’operato dei sindaci è sottoposto al controllo dei deputati che ha anche valore retroattivo.
L’organizzazione del corpo amministrativo del Principato viene ulteriormente perfezionata nelle congregazioni del 1566 e del 1567 tenutesi rispettivamente a Voghera e a Pavia. Si stabilisce che i sindaci provinciali si riuniscano a Pavia almeno una volta al mese, che i sindaci generali (ora portati a tre) risiedano a turno a Milano per seguire più attivamente le cause del Principato. Il corpo amministrativo, che da questo momento assume ufficialmente il nome di Congregazione minore o ordinaria, viene dotato di un “ragionato”, di un cancelliere, di alcuni procuratori e sollecitatori e di un avvocato residente in Milano che funge da consulente nei casi più complessi (Porqueddu 1980).
Tra il 1594 e il 1597 il procuratore generale Cavalli redige gli “ordini per il buon governo” dell’Oltrepò, della Lomellina e del Principato di Pavia. Dal 1599, in seguito al ripetuto verificarsi di disordini nelle sedute, su richiesta dello stesso Cavalli si instaura la prassi di fare presiedere le Congregazioni generali da un rappresentante del Magistrato ordinario. Il procuratore generale assume il ruolo di tramite tra l’amministrazione periferica e quella centrale. Si ristabiliscono le competenze della Congregazione generale ovvero l’elezione e il licenziamento dei ministri, la determinazione delle imposte e delle altre iniziative di rilievo da decidersi con voto segreto. La rappresentanza del contado viene estesa a ventiquattro comuni: dodici per l’Oltrepò, sei per la Campagna soprana, sei per la Campagna sottana. I sindaci sono così distribuiti: due generale con l’obbligo di risiedere rispettivamente a Pavia e a Milano, due “forensi”, con competenza uno per le Campagne soprana e sottana e l’altro per l’Oltrepò, vengono sottoposti a sindacato biennalmente dopo che sono stati vagliati i loro conti.
Nel 1606 in una Congregazione generale tenutasi a Pavia vengono creati quattro sovrintendenti: due per l’Oltrepò e uno per ciascuna delle due Campagne. I sovrintendenti avevano la funzione di controllare l’operato dei sindaci e sostituire, con l’assistenza del procuratore del Principato di Milano, la Congregazione straordinaria nell’espletamento degli affari urgenti. La Congregazione minore tenderà a sostituire quella maggiore. Ad essa si accedeva di fatto per cooptazione piuttosto che per elezione come previsto dai regolamenti.
Il governo del principato non subirà mutamenti fino alle riforme teresiane e giuseppine.
La costituzione della Congregazione del principato ha un duplice significato. Da un lato viene riconosciuto il diritto delle comunità del principato di Pavia ad avere una propria rappresentanza e a tutelare attraverso l’azione dei sindaci la propria autonomia mettendo contemporaneamente in discussione le tradizionali prerogative della città in materia fiscale: sia attivando un più efficace controllo sul complesso sistema dei riparti, sia facendo presente le situazioni di disagio causate da eventi bellici e circostanze di altro genere che mettevano le comunità in condizione di non poter fare fronte ai carichi fiscali. Il riconoscimento della legittimità delle rappresentanze provinciali rende al contempo manifesta la volontà del governo centrale di stabilire una forma di controllo sul territorio, che si concretizza attraverso la vigilanza sull’attività delle stesse congregazioni. La concessione ai sindaci del pavese di avvisare le comunità perché inviino i propri rappresentanti alla riunione generale da tenersi a Pieve del Cairo è condizionata dall’imposizione di fare la riunione alla presenza del podestà del luogo che viene incaricato di vigilare perché non si verifichino disordini. L’imposizione di un rappresentante dell’autorità superiore nella congregazione con funzioni di controllo è omologa quella del podestà nei consiglio comunali. La creazione di un organo di rappresentanza a livello provinciale, per quanto dotato di competenze circoscritte, contribuisce pertanto all’erosione del predominio cittadino ed è un passo fondamentale verso un nuovo assetto costituzionale che troverà il suo completamento con le riforme settecentesche (Porqueddu 1980).
ultima modifica: 19/01/2005
[ Saverio Almini ]
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/9060001/