diocesi di Tortona sec. IV - [1989]
Non si può dubitare che alla metà del IV secolo la diocesi tortonese fosse stabilmente costituita, avendo a capo prima il vescovo Innocenzo, poi Esuperanzio, discepolo di sant’Eusebio di Vercelli. Nel periodo delle invasioni germaniche Tortona pose le basi della sua fortuna futura, estendendo la propria giurisdizione, cominciando da quella ecclesiastica, sui territori soggetti in precedenza ai municipi distrutti; località come Libarna, Iria (Voghera), Forum Fulvii subirono infatti danni tali da essere praticamente cancellate. L’invasione longobarda determinò certamente una divisione del territorio di Tortona che divenne in parte soggetto ai longobardi, in parte ai bizantini, con conseguenti complicazioni giurisdizionali al punto che, ancora nel XII secolo, il vescovo di Lodi rivendicava diritti nel tortonese, evidentemente ricollegandosi a quelli dei suoi predecessori ariani dell’epoca longobarda. Tra la fine del IX e il X secolo, in relazione alle minacce esterne (invasioni degli Ungari, sbarchi dei saraceni), cominciò ad affermarsi sempre più chiaramente la supremazia anche civile dei vescovi di Tortona: Beato, cancelliere di Berengario I re d’Italia e poi arcicancelliere di Rodolfo II di Borgogna e di Ugo di Provenza; Giseprando, cancelliere di Ugo e di Lotario fu vescovo di Tortona e contemporanemente abate di Bobbio. Fu lui a fondare in Tortona l’abbazia di San Marziano. Altro vescovo uscito dalla cancelleria imperiale fu Gereberto, al quale l’imperatore Ottone II nel 979 riconfermò tutti i beni posseduti dai suoi predecessori e in più la districtio, cioè la giurisdizione anche civile su Tortona e fuori di essa per un’ampiezza di tre miglia. Ottenne così definitiva sanzione il vescovato, cioè l’insieme delle terre direttamente soggette al potere feudale del vescovo di Tortona e di cui fecero parte con altre località Stazzano, Carezzano, Sant’Agata, Sarizzola, Costa e Castellania; questo dominio cessò definitivamente solo nel 1784, allorché il vescovo Pejretti accettò di cedere i suoi diritti a Vittorio Amedeo III di Savoia in cambio del titolo onorifico di principe di Cambiò (Goggi 1973).
Prima dell’anno 1000 la diocesi di Tortona aveva dilatato i suoi confini in forma autonoma, estendendosi oltre l’Appennino e giungendo sino al Mar Ligure nella zona di Sestri Levante, sede di molte comunità monastiche. Ma dall’XI secolo le circostanze politiche ebbero effetti sempre più vistosi anche nella delimitazione delle circoscrizioni ecclesiastiche. Nel 1014 la diocesi fu costretta a cedere alcune sue parrocchie alla diocesi di Bobbio. Nel 1175, dopo l’assedio dell’imperatore Federico I e la riedificazione della città, le vennero sottratte molte parrocchie, che concorsero alla fomazione della diocesi di Alessandria. Le vicende politiche dei secoli successivi, invece, cioè il trapasso dal libero comune alla signoria dei Visconti e degli Sforza, poi la soggezione alla dominazione spagnola, infine l’annessione ai domini di casa Savoia con la pace di Vienna del 1738 e, per quanto riguarda il Vogherese, con la pace di Aquisgrana del 1748, non alterarono sostanzialmente l’ambito territoriale diocesano (Borgarelli 1996), se si esclude la mutilazione operata dal provvedimento di Innocenzo IV in data 3 giugno 1248 con l’assegnazione all’arcidiocesi di Genova delle pievi della Valle Lemme e di quelle di Valle Scrivia, soggette a quel tempo alla giurisdizione civile di Genova. I limiti giurisdizionali ecclesiastici tortonesi agli inizi del XVI secolo erano sostanzialmente quelli nominati nella bolla di Innocenzo III del 30 aprile 1198, i cui punti estremi erano rappresentati dall’ospedale di Reste sul colle della Bocchetta, la pievania di Rovegno con la suffraganea di Torriglia e Cervesina. Il medesimo territorio, però, era ripartito tra le giurisdizioni civili della repubblica di Genova, del ducato di Milano, del vescovato ovvero della signoria dei vescovi di Tortona, della signoria pontificia di Albera e dei feudi imperiali, che estendevano la loro giurisdizione sulla maggior parte delle parrocchie della diocesi. Tortona, sede del vescovo, era posta nel ducato di Milano (Tacchella 1966).
Dal catalogo delle chiese, dei benefici e del clero compilato da monsignor de Zazii nel 1523, il forese risultava organizzato nelle pievi San Pietro di Montacuto, Retorbido, San Germano di Varzi, San Ponzo, Valle Ardivestra, cioè San Zaccaria presso Godiasco, Santa Maria di Fabbrica, San Vittore di Val Curone, Voghera, San Gaudenzio, Luta o Codevilla, Vicolardario o Riva, San Desiderio di Brignano, San Pietro di Volpedo, Santa Maria di Viguzzolo, San Rufino di Sarezzano, San Giovanni di Garbagna, Santa Maria di Vezzano, San Pietro di Cassano, San Vittore di Mondoglio o dei Rati o Borghetto, San Giorgio di Rocca Spinola, San Giovanni di Albera, Ottone, San Giovanni o Marziano di Rovegno, Santo Stefano della Casella, Santa Maria della terra di Novi, Santa Maria di Prelo, San Virgilio di Valle dell’Orba, San Pietro del Bosco, San Felice di Frugarolo, San Marziano di Sparvaria, San Giovanni in Sale, San Pietro di Castelnuovo, San Martino di Casei, Santa Maria di Pontecurone, Gerola (Catalogo 1523).
La diocesi di Tortona, suffragane di Milano, venne visitata nel 1576 da monsignor Gerolamo Ragazzoni vescovo di Famagosta, designato per volontà dell’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo visitatore apostolico di Milano e della provincia milanese. Le pievi visitate dal Ragazzoni e dai suoi coadiutori erano 33 con le relative chiese parrocchiali e cappelle dipendenti, cioè San Ruffino di Sarezzano, Garbagna, San Pietro di Monte Acuto, Albera, San Giobatta di Rovegno, Ottone, Arpapiana (Alpepiana), Santo Stefano di Caselle (Casella Scrivia), San Giorgio della Rocca degli Spinoli (Roccaforte Ligure), San Vittore di Borghetto, Cassano, Novi, San Pietro di Castelnuovo, San Pietro di Silvano, Serravalle, Bosco, Fregarolo, Ponte Curone, Viguzzolo, Casei Gerola, Sale, Carezzano, Riva di Nazzano, Volpedo, Valcurone, Brignano, Fabbrica, Varzi, Butrio, San Ponzo, San Zaccaria di Godiasco, San Gaudenzio, Luta (Codevilla), Voghera (Tacchella 1966).
Una fonte più tarda, cioè gli atti del sinodo di monsignor Maffeo Gambara, risalenti al 1595, riportavano un catalogo delle parrocchie e delle altre istituzioni ecclesiastiche della diocesi tortonese. Da esso risultava che nella diocesi vi erano 33 pievi, 180 parrocchie (compresi 14 ministrati), 5 collegiate, 99 canonicati, 251 cappellanie e benefici, 137 chiese non parrocchiali, 51 oratori dei battuti (disciplinati), 14 oratori non appartenenti ai battuti, 85 confraternite del Santissimo Sacramento, 22 confraternite del Santissimo Rosario, 10 confraternite della Beata Vergine, 4 confraternite del Nome di Gesù, 4 altre confraternite non meglio identificate, 29 tra conventi e monasteri di uomini, 16 tra conventi e monasteri di donne, 3 precettorie, 28 ospedali. In epoca post-tridentina non tardarono a introdursi in diocesi, su raccomandazione del vescovo Cesare Gambara, i monti di pietà. Nel sinodo del nipote dello stesso Gambara, Maffeo, erano indicati due monti di pietà a Casei, dei quali uno amministrato dai confratelli del Santissimo Sacramento, l’altro da quelli della Santissima Trinità; uno a Viguzzolo; uno a Serravalle; uno a Tortona, eretto dai confratelli della compagnia del Santissimo Sacramento nella chiesa della Canale e approvato da Pio V nel 1589. In seguito ne furono fondati pochi altri, insieme a un limitato numero di monti frumentari, per la distribuzione di grano ai bisognosi.
Nel secondo sinodo del vescovo Settala, convocato nel 1673, risultava già stabilita la distribuzione delle parrocchie e delle pievi della diocesi in otto regioni. La prima regione comprendeva la città di Tortona e quattro capopievi, cioè Castelnuovo, Caselle, Sale, Cambiò; la seconda regione altre quattro capopievi, cioè Novi, Bosco, Fregarolo, Silvano; la terza regione cinque capopievi, cioè Voghera, Ponte Curone, Codevilla, Rivanazzano, San Zaccaria; la quarta regione sei capopievi, cioè Cabella, Rocca degli Spinola, Albera, Caselle, Fabbrica, Montacuto; la quinta regione quattro capopievi, cioè Torriglia, Rovegno, Carrega, Ottone; la sesta regione sei capopievi, cioè Montebruno, Bregnano, San Sebastiano, San Ponzo, Gremiasco, Varzi; la settima regione cinque capopievi, cioè Cassano, Arquata, Borghetto, Serravalle, Stazzano; l’ottava regione sei capopievi, cioè Casale Noceta, Viguzzolo, Carezzano, Volpedo, Garbagna, Sarezzano (Goggi 1965).
Nel 1803 la diocesi di Tortona fu soppressa e incorporata in quella di Alessandria, a seguito della bolla pontificia 1 giugno 1803, che operò una nuova organizzazione delle Chiese piemontesi. In seguito, con il decreto 17 luglio 1805, venne ricostituita la sede vescovile di Casale Monferrato, trasferendo in questa tutti i diritti e il territorio prima assegnati ad Alessandria e cioè in Casale furono concentrate le diocesi di Alessandria, Tortona e Bobbio. Le tre diocesi divennero distretti ecclesiastici della diocesi di Casale. A questo declassamento si accompagnarono forti riduzioni territoriali. Le parrocchie di Belforte, Basaluzzo, Castelletto d’Orba, Casaleggio Boiro, Francavilla Bisio, Fresonara, Lerma, Montaldeo, Mornese, Silvano d’Orba e Tagliolo Monferrato passarono alla diocesi di Aqui. Cambiò e Mezzana Bigli furono unite alla diocesi di Pavia. Passarono al distretto di Bobbio Sant’Alberto e Sant’Eusebio (sotto il vicariato di Val di Nizza), Cencerrato, Colleri, Pregoli (sotto il vicariato di Monarsolo), Campi, Gorreto, Cerignale, Carisasca, Orezio, Zerba, Selva, Alpepiana, Rezoaglio, Allegrezze (sotto Ottone capopieve), Fontanarossa, Alpe, Casanova, Cabanne, Casale, Priosa, Fontanigorda (sotto Rovegno capopieve). Le parrocchie di Sale, Guazzora, Frugarolo e Bosco Marengo passarono al distretto di Alessandria. Alluvioni di Cambiò, con il cascinale Montarsolo, nel 1806 fu unita a Grava, nel 1813 Alluvioni fu eretta in parrocchia; per la stessa ragione Balossa, attualmente parrocchia nella diocesi di Vigevano, restò separata da Gerola cui apparteneva.
Dopo la Restaurazione, con la bolla “Beati Petri” di Pio VII del 17 luglio 1817, Tortona ricuperò la dignità vescovile e le parrocchie furono suddivise tra trenta capopievi, organizzate in dieci distretti. Molte parrocchie assegnate nel periodo antecedente ad altre diocesi o ad altri distretti risultarono definitivamente perdute. Belforte, Casaleggio, Lerma, Mornese e Tagliolo Monferrato rimasero con Aqui; Bosco Marengo e Frugarolo con Alessandria; Allegrezze, Alpepiane, Cabanne, Canale, Cariseto, Casanova, Cerignola, Fontanigorda, Orezzoli, Ottone, Priosa, Rezoaglio, Rovegno e Zerba con Bobbio. Da Pavia e da Piacenza passarono alla diocesi tortonese quelle il cui territorio politicamente faceva parte degli stati di casa Savoia. Da Pavia vennero Baselica, capopieve, e le parrocchie da essa dipendenti, cioè Arena, San Cipriano, Pontalbera, Stradella, Parpanese, Luzzano, Bosnasco, Rovescala; Castelletto, capopieve, e le parrocchie da essa dipendenti, cioè Pancarana, Bastida, Mezzana Rabattone, Torre del Monte, Staghiglione, Verrua, Cusana e Mezzanino. Da Piacenza passarono a Tortona le parrocchie di Argine, Barbianello, Broni, Calcabobbio, Calvignano, Canevino, Canneto, Casatisma, Castagnera, Castana, Casteggio, Cigognola, Corvino, Donelasco, Fortunago, Genestrello, Golferenzo, Lirio, Mairano, Mondonico, Montalto, Montarco, Montecalvo, Montebello, Montù, Mormorola, Mornico, Oliva, Pinerolo, Porana, Rea, Redavalle, Robecco, Rocca dei Giorgi, San Damiano, Santa Giuletta, Soriasco, Stefanago, Torricella, Verreto, Villa Illibardi, Volpara e Zenevredo. La diocesi di Tortona così ristabilita contava 264 parrocchie. Nel 1817 la diocesi di Tortona fu staccata dalla provincia ecclesiastica di Milano, cui era appartenuta dalle origini, e incorporata in quella di Genova; in conseguenza di ciò, la diocesi di Tirtona fa oggi parte della regione ecclesiastica ligure.
Verso la metà del XIX secolo, secondo quanto si desume dal sinodo tenuto da monsignor Negri nel 1843, la diocesi di Tortona era articolata in regioni o distretti, a loro volta organizzati in vicariati. Il primo distretto o regione comprendeva le parrocchie della città e dei Corpi Santi di Tortona, i vicariati di Pontecurone, Sale, Sarezzano, Cambiò, Castelnuovo Scrivia, Viguzzolo; il secondo distretto o regione comprendeva i vicariati di Voghera, Casei, Cervesina, Codevilla, Godiasco; il terzo distretto o regione comprendeva i vicariati di Novi, Cassano Spinola, Borghetto, Serravalle, Silvano Adorno; il quarto distretto o regione comprendeva i vicariati di Casteggio, Montebello, Argine, Santa Giuletta; il quinto distretto o regione comprendeva i vicariati di Broni, Arena, Montù Beccaria, Soriasco, Stradella; il sesto distretto o regione comprendeva i vicariati di Montaldo e Mormorola; il settimo distretto o regione comprendeva i vicariati di Varzi, Bagnara, Cegni, Pej, Pizzocorno; l’ottavo distretto o regione comprendeva i vicariati di Torriglia, Montebruno, Gorreto; il nono distretto o regione comprendeva i vicariati di Casella, Croce de’ Fieschi, Borlasca, Roccaforte; il decimo distretto o regione comprendeva i vicariati di Albera, Cabella, Carrega; l’undicesimo distretto o regione comprendeva i vicariati di San Sebastiano, Cella, Bruggi, Momperone; il dodicesimo distretto o regione comprendeva i vicariati di Garbagna, Avolasca, Carezzano maggiore, Sant’Agata (Goggi 1965). Nel corso del XIX e XX secolo, il numero delle parrocchie è andato costantemente aumentando, fino al numero di 314 degli anni più recenti, distribuite in 152 comuni (oltre a questi i comuni di Savignone, Valbrevenna, Busalla, Ronco Scrivia, Isola del Cantone, Arquata Scriva sono divisi tra le diocesi di Tortona e Genova; Menconico e Ruino tra le diocesi di Tortona e Piacenza-Bobbio; Gambarana tra Tortona e Vigevano) appartenenti alle province di Alessandria (144), Pavia (143), Genova (27) e raggruppate in otto zone pastorali suddivise ulteriormente in vicariati (Borgarelli 1996).
ultima modifica: 19/01/2005
[ Caterina Antonioni ]
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