Il pugile
Defendi, Giancarlo
Descrizione
Identificazione: Pugile
Autore: Defendi, Giancarlo (1946-), esecutore
Cronologia: ca. 1975 - ca. 1999
Tipologia: scultura
Materia e tecnica: bronzo / fusione
Misure: 36 cm x 30 cm x 108 cm
Descrizione: Scultura.
Notizie storico-critiche: "E' indubbio - come del resto è stato notato dalla critica - che la magna quaestio di Defendi, l'oggetto intorno al quale gira non solo il suo singolare e mirabile lavoro d'artista ma anche il suo grande cuore di uomo generoso, sia quella esistenziale, inerente cioè la figurabilità di ciò che vive e il significato del nostro essere al mondo. Ebbene, a ragion veduta, ci sembra di poter affermare che tre sono gli assunti fondamentali dell'esistenzialismo - inteso strictu sensu come dottrina filosofica del Novecento - che ci dischiudono anche l'opera di Defendi, consentendoci di leggerla nella sua peculiarità espressiva e d'intenzioni. Innanzitutto, secondo la testuale formula sartriana, "l'esistenza precede l'essenza": proprio come avviene nel sentire e nell'agire di Defendi, che parte sempre dalla vita e dalle sue manifestazioni primarie se non addirittura archetipe, senza curarsi di questioni teoriche; da scultore di razza e di vaglia, Defendi opera su ciò che è fisico ignorando il metafisico, caro invece ai celebrali linguaggi attualmente à la page, dal concettuale al minimalismo. In secondo luogo, ogni esistenzialismo è caratterizzato dall'esperienza individuale di libertà, per quanto costosa: e pure qui, risulta evidente la libertà di Defendi nei confronti dei codici e delle procedure operative sancite dalla scuola, la sua sovrana empirìa di scelte tecniche spesso votate a materie industriali considerate "non nobili" come la pietra sintetica, e senza trascurare nel disegno tecnologie correnti come quella digitale, per chiarire a se stesso la genesi, gli stadi, il processo di formazione e la conguità espressiva dell'immagine; immagine antropomorfa che nei drammatici fogli di Defendi appare sempre indecisa, incerta, labile tra il nero dell'ombra fonda e la luce, tra l'affacciarsi all'occhio e il lasciarsi risucchiare dal nulla, quasi metafora del nostro esistere. Si tratta di una parsimoniosa misura di sperimentalismo messa in opera ferma restando - come vedremo - la viva e recettiva attenzione di Defendi per i portati formali della contemporaneità. Terzo: per ogni esistenzialismo l'uomo non è un essere raziocinante bensì, semplicemente, "un essere incarnato nell'esistenza". E quest'aspetto della carne - e perciò della materia - come forma e condizione dell'esistere appare tout court deflagrante nell'opera di Defendi, nel suo guardare al corpo (umano e animale) quale fatale e peraltro irrinunciabile a priori dell'immaginare, del disegnare e dello scolpire, insomma del vivere. Defendi è un condannato alla materia - che per lui è materia assolutamente sculturale, ferrosa e petrosa - proprio come lo era uno schiavo condannato ad metalla nelle miniere dell'imperatore di Roma. Quello di Defendi è un vero e proprio corpus di corpi [...]. Defendi ama le figure-simbolo della vis primogenia, gli emblemi della vitalità e del vitalismo panico: la sua è la visione fantasmatica dello scultore puro, un selva mitica abitata da un'umanità eroica, vigorosa e non ancora annichilita non tantomeno banalizzata, da un variegato e recitante popolo di amanti allacciati in teneri abbracci, di tori dalla forza implosiva, prorompenti in un muggito solenne, di cavalli con lombi e glutei poderosi, impennati in torsioni complicate, di centauri in postura atletica e di minotauri scalcagnati e improbabili, ma dalle aguzze corna; di Icari precipitanti; di crocifissi mutilati, slogati e sofferenti oltre ogni limite nell'agonia patibolare. Non manca un certo fondo d'indulgente ironia nello sguardo che lo scultore pone a questi archetipi della classicità tanto ricorrenti, per la loro valenza antropologica, nella modernità in scultura, da Rodin a Picasso, da Moore ai già citati Marino e Giacometti. In Defendi la lezione plastica del moderno si traduce - da sempre e ancor più nelle opere più recenti - in un'inedita fenomenologia della forma scultorea caratterizzata essenzialmente dal dinamismo compositivo, dalla verve del segno e del gesto, che è sempre conciso, sommario e di prima intenzione, quasi bozzettistico ma mai però affrettato e nervoso, esibendo volutamente - sulle superfici - insieme a solchi, incisioni e anfratti, l'impronta matrice del polpastrello creatore, in una sorta di febbrile e poetica digitazione del modellato, che denota fra l'altro il consumato mestiere, la familiarità e dimestichezza più che trentennale con le questioni di laboratorio imposte da argilla, gessi, fusioni, patinature, cesellature e quant'altro. Un mestiere altamente e nobilmente artigianale che s'accompagna all'abilità dell'autore di plasmare la lucentezza dei materiali, di guidare esaltare l'incidenza della luce ambientale su superfici metalliche sempre decise e spesso stondate, tegumenti aspri e ben poco accademici, talvolta articolati in masse giustapposte, dall'equilibrio difficile, fine, ricercato [...]". Domenico Montalto (da catalogo della mostra "Giancarlo Defendi. Sculture", 2001, Bergamo, Lubrina).
Collocazione
Provincia di Bergamo
Ente sanitario proprietario: A.S.S.T. Papa Giovanni XXIII
Credits
Compilazione: Iorio, Patrizia (2009)
Aggiornamento: Basilico, Andrea (2013)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o030-00330/
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