Opera n. 11

Aliventi, Oddo

Opera n. 11

Descrizione

Identificazione: Composizione d'invenzione

Autore: Aliventi, Oddo (1898-1975)

Cronologia: post 1955 - ante 1972

Materia e tecnica: bronzo a fusione

Misure: 90 cm x 180 cm x 480 cm

Descrizione: l'opera scultorea appare come un totem che rimanda a una figura umana, della quale l'autore mette in evidenza non già la sagoma bensì la materia, la massa e quantità organica del corpo

Notizie storico-critiche: Oddo Aliventi di Cleto, nato a Sant'Angelo di Vado (Pesaro) il 10 aprile 1898, è stato un fecondo artista con una lunghissima "routine" di scultore di indubbio mestiere, artefice tra gli anni Trenta e Quaranta di opere monumentali appartenenti a canoni figurativi retorici e trionfali. Tra i numerosi lavori della prima metà del Novecento si annoverano alcune statue al Foro Italico di Roma, 1931, il Monumento ai Caduti postelegrafonici di Pola, 1934, La Vittoria del Lavoro e dell'Intelletto per il Municipio di Pescara, 1935, il Monumento nazionale di Filippo Corridoni, il colossale altorilievo che raffigura la vittoria dei Grandi Esploratori e Navigatori all'ingresso principale dell'EUR a Roma, 1941.
Alla metà degli anni Cinquanta, per Aliventi inizia un percorso del tutto nuovo attraverso il quale costruire una diversa dimensione della scultura, elaborando e rielaborando in forma seriale la propria vena creativa, riconosciuta presenza nel contesto della scultura italiana della seconda metà del Novecento.
La mostra personale del 1955 alla Galleria Il Camino, Roma, ha rappresentato un momento ed un luogo di fondamentale importanza nel percorso artistico dello scultore, un momento di rottura.
Se all'origine è prevalsa per Aliventi la matrice figurativa, tale da riconoscervi pressoché univocamente la vicenda artistica dei primi venticinque anni, a partire dagli anni Cinquanta Oddo Aliventi cerca nuovi spazi espressivi, trovando una dimensione congeniale nella ricerca plastica e nell'esasperazione della forma che dall'identità figurativa muove e trasfigura nella dimensione astratta.
Nella mostra personale sono esposte numerose opere, realizzate nell'arco di circa due anni; Aliventi richiama l'attenzione della critica più attenta alla ricerca informale, l'avanguardia espressiva della capitale gli è vicina con Luigi Moretti che in quegli anni conclude l'esperienza della rivista Spazio, Rassegna delle Arti e dell'Architettura, fondata nel 1950 per suggellare il collegamento fra le diverse discipline artistiche.
La nuova presenza di Aliventi è sancita nella VII Quadriennale Nazionale d'Arte del 1955-56, attorno alla quale si concentra l'attenzione per l'affermazione dell'arte informale. Sempre a Roma, all'Isola Tiberina, nel 1957 Lionello Venturi e Michel Tapié dedicano ampio spazio allo scultore pesarese nella mostra che inaugura la stagione d'avanguardia della Rome-New York Art Foundation.
L'impegno degli anni Sessanta e Settata, sino alla soglia della sua scomparsa, avvenuta nel 1975, lo vedono ancora impegnato con opere monumentali, fortemente caratterizzate da rigorose declinazioni astratte.
Nella memorabile personale del 1955 furono esposte opere divenute esemplari, rivelatrici dell'originale cifra artistica di Aliventi. La materia prevalente, il gesso, rivelava la straordinaria perizia dello scultore che sapeva lavorare sul corpo della scultura facendola "vivere", levigata sotto l'azione naturale di una mano lieve e determinata. Da ragazzino, Oddo amava allungare i passi sino al greto dei torrenti della sua terra, dove osservava la moltitudine di sassi e ciottoli levigati dall'acqua in forme sempre nuove e diverse. Come a volerne scoprire le ragioni, ne ha trasposto il modo del continuo ed incessante levigare sulla materia che ha plasmato nelle sue sculture, molte delle quali richiamano le forme naturalmente derivate dall'azione modellatrice dell'acqua.
Fra le sculture esposte a Roma nella galleria Il Camino c'era Opera n. 11 (le sculture "informali" di Aliventi - che non era solito firmare e datare le proprie opere - sono denominate in successione numerica, in mancanza di una diversa identità), in gesso (cm 81 x 31), negli anni successivi replicata in bronzo in grandi dimensioni.
L'opera è stata commissionata da Montedison per il palazzo sede della Montefibre, realizzato a Milano sull'area delimitata dalle vie Pola, Rosellino e Taramelli tra il 1968 e il 1972 su progetto di Marco Zanuso e Ludovico Belgiojoso. Collocata nell'area antistante la facciata principale, con la base affondata in un terrapieno ricolmo di arbusti e fioriture, la grande scultura fusa in bronzo appare come un totem che rimanda a una figura umana, della quale l'autore mette in evidenza non già la sagoma, che la renderebbe riconoscibile, bensì la materia, la massa e quantità organica del corpo, trasfigurato in un blocco monolitico nel quale sono evidenziate la porzione inferiore, circa la metà dell'altezza totale, fittamente percorsa da rigature verticali, quasi solchi che avvolgono all'origine il blocco, anche sul retro, e la porzione superiore, scavata con emergenze e sporgenze dalla superficie modellata, quasi sotto l'azione levigatrice dell'acqua.
Un'organicità dai presupposti drammatici che si rivelano nel contrasto delle superfici emergenti ed approfondite, sulle quali si compie il movimento continuo di luce ed ombra che suggella la plasticità della massa scolpita

Collocazione

Varese (VA), Villa Menafoglio Litta Panza

Credits

Compilazione: Garnerone, Daniele (2008); Simioli, Adele (2008)

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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