Ritratto del Marchese Ambrogio d'Adda benefattore
Costa, Giovanni Battista
Descrizione
Autore: Costa, Giovanni Battista (notizie 1670), esecutore
Cronologia: post 1652
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: tela / pittura a olio
Misure: 119 cm x 210 cm (intero)
Descrizione: Sul dipinto, di forma verticale, è ritratto a figura intera un benefattore dell'Ospedale, leggermente di tre quarti rivolto verso sinistra, in piedi all'interno di una stanza della quale si possono identificare una tenda vermiglia alle sue spalle, sulla destra, e il piano di un tavolo in primo piano sulla sinistra, coperto da un drappo rosso con le frange d'oro. L'uomo, piuttosto stempiato, ha capelli, baffi e pizzetto diplomatico bianco; con la mano destra va a toccare un cappello a tuba appoggiato sul tavolo, mentre nella sinistra stringe i guanti e porta al polso un laccio collegato ad un bastone. L'abbigliamento è sobrio e scuro, caratterizzato da mantello, casacca morbida e calzoni rigonfi lunghi fino al ginocchio, tutto di colore nero, come anche le calze e le scarpe con fibbia; unico punto luce è costituito dal rigido colletto quadrato e dalle maniche a pieghe di colore bianco.
Notizie storico-critiche: Il dipinto appartiene all'antico patrimonio di opere d'arte del Pio Istituto Santa Corona, per la maggior parte deperito a causa del tempo e disperso nei vari trasferimenti di sede dell'ente ospedaliero, fra i quali vale la pena citare l'annessione dal 1786 al 1902 all'Ospedale Maggiore Ca' Granda, nel cui elenco dei ritratti di benefattori compare come opera di ignoto. (Cajmi, 1857)
L'effigiato è il Marchese Ambrogio d'Adda di Porta Nuova, figlio di Francesco e Beatrice Ghisolfi, uomo molto ricco e feudatario di Pandino e di Oggiono: nel 1611 divenne oggetto di alcuni malefici e dovette essere esorcizzato dal curato di S.Giovanni Laterano su specifica delega del cardinale Federico Borromeo, del quale aveva sposato una parente, la contessa Maria Borromeo; in seguito il marchese divenne praticamente pazzo, commettendo molte stranezze fino alla morte avvenuta l'8 gennaio del 1652, dopo la quale la sua eredità venne trasferita al Pio Istituto di Santa Corona come da volontà testamentarie.
L'opera è di Giovanni Battista Costa, artista documentanto verso il 1670 con opere autografe nella chiesa di S. Pietro Martire a Seveso, a Novara e in S. Antonio Abate a Milano, più la presenza nelle guide della città e del territorio milanese di alcune tele di soggetto sacro (oggi disperse) nelle chiese di S. Eustorgio, S. Agostino e nell'oratorio di S. Giovanni alle Case Rotte. (Ghisalberti, 1984; Saur, 1999) La mancanza di informazioni riguardo la sua produzione ritrattistica non permette un confronto stilistico con il dipinto qui schedato, ma è possibile ipotizzare avesse anche richieste di ritratti per le quadrerie di case patrizie da parte di numerosi gentiluomini e gentildonne dell'epoca, che molto apprezzavano il genere pittorico del ritratto cortigianesco: il suo stile, di buon disegno e possesso di pennello, è stato infatti accostato a quattro ritratti degli esponenti della famiglia Licini, datati 1690 e conservati nei depositi del Museo d'Arte Antica del Castello Sforzesco (Pin. 517, 518, 519 e 521), firmati con il monogramma "G.B.C.F.", e ad alcune incisioni da essi derivati. (Precerutti Garberi, 1969)
Collocazione
Provincia di Milano
Ente sanitario proprietario: A.S.S.T. Rhodense
Credits
Compilazione: Uva, Cristina (2009)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o210-00659/
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