Vaso da farmacia
bottega ligure
Descrizione
Ambito culturale: bottega ligure
Cronologia: 1734
Tipologia: ceramiche
Materia e tecnica: ceramica / pittura
Misure: 35 cm x 60 cm x Ø 12 cm (intero (con coperchio))
Descrizione: L'opera è un vaso da farmacia dipinto di blu su sfondo bianco, con coperchio a cupoletta e pomello appuntito. Le anse sono bipartite con una doppia voluta arricciata in corrispondenza dell'attacco al corpo del vaso, unita nel centro con un nastro a fiocco semplice e bottone circolare nel mezzo, a cui si aggiungono altri due bottoni sottostanti; sulla pancia del vaso, appena sotto l'attacco delle anse, sono presenti due mascheroni dalla natura ibrida, decorati a rilievo e dipinti, che sormontano un motivo decorativo a losanga dipinto. Sul collo del vaso è presente da un lato un motivo decorativo geometrico a fasce verticali parallele e dall'altro, la raffigurazione di un volative inquadrato entro elementi vegetali. Il corpo del vaso è decorato su un lato da motivi fitomorfi che inquadrano il marchio di fabbricazione dell'opera e la relativa datazione; e sull'altro, da una scena di caccia con due personaggi a cavallo che inseguono un cervo azzannato da un grosso felino, circondati da un paesaggio rurale sullo sfondo.
Notizie storico-critiche: Nella seconda metà del cinquecento Pasqualino Grosso esercitava una fabbrica di maioliche; tutti e tre i suoi figli figurarono, in certi momenti, ai vertici della Corporazione. Un altro Grosso, il maestro Ambrogio, figura nel 1583 proprietario d'una fornace. Come si vede ad Albisola, i Grosso ceramisti erano diffusi quanto i Salamone ed i Conrado. Diventeranno ancor più famosi nel seicento, quando otterranno il privilegio di marcare la propria produzione con l'effigie della lanterna. Più precisamente nel 1641 il Senato genovese concedeva alla fabbrica Grosso di Albisola il privilegio di marcare le sue ceramiche "porcelletta, o sia maioliche" con il simbolo del faro di Genova, la lanterna.
La fabbrica Grosso aveva sede nel quartiere della Colonna ad Albisola Marina. Per l'apparato decorativo dei suoi vari pezzi: sin verso la metà del secolo XVII c'era una decorazione di tipo "calligrafico naturalistico", in bianco-blu o policroma, che risente sia delle tematiche islamiche sia di quelle delle porcellane; metà secolo XVII: si ha una scelta in favore del repertorio aulico, coerentemente con i dettami della pittura - prevale una monocromia turchina e il motivo delle figurette atteggiate.
Per cui la decorazione, sin oltre la metà del secolo XVIII, si ispira, a due temi fondamentali: quello aulico e quello a figurette, più giocoso e intimo.
Fabbrica Chiodo- La manifattura di questa famiglia di ceramisti operanti a Savona tra il XVII e il XVIII secolo fu tra le più importanti nella Liguria del Settecento. Da atti dell'epoca si apprende che essa sorgeva in Borgo San Giovanni, in zona dov'erano situate diverse altre fornaci che i lavori di scavo hanno permesso di localizzare. Tra i numerosi frammenti ceramici che vi si sono rinvenuti, alcuni recano la marca dei Chiodo, che consisteva di solito in un chiodo dalla testa rivolta verso l'alto. I Chiodo ne usavano anche una, costituita da una tromba dalla cui asta pende un vessillo crociato, che veniva applicata, secondo alcuni studiosi, solo sui pezzi di maggior pregio, quando la manifattura aveva ormai raggiunto una certa fama. A queste marche si aggiunse, in seguito, quella della "Lanterna": tra la fine del seicento e l'inizio del settecento, sempre con il permesso del Senato genovese, la lanterna diveniva il simbolo della società Chiodo-Peirano di Savona. (I Chiodo, dopo il 1738, rimasti unici proprietari della fabbrica, continuarono a marcare con la lanterna le loro ceramiche sino al 1782, anno della cessione della fabbrica alla società Pittamiglio-Astengo-Carlevarino, che a sua volta rinunciava all'attività nel 1786).
Probabile capostipite della famiglia Chiodo fu Giovanni Francesco (frequentemente citato solo come Francesco). Nel 1661a quattordici anni, fu assunto come apprendista in una delle fabbriche dei Salamone, nota dinastia di ceramisti savonesi. Nel 1692 quegli stessi Salamone presso i quali Giovanni Francesco aveva appreso l'arte, essendosi ormai quasi esaurita l'attività della loro manifattura, si impegnavano a vendere a lui e al suo socio, Domenico Peirano, la loro attrezzatura; così infatti avvenne: nel 1694, alla morte dell'ultimo Salamone, gli eredi vendettero tutto ai Chiodo-Peirano per 1300 lire.
Le maioliche uscite dalla manifattura dei Chiodo in questo periodo sono improntate allo stile decorativo di Giovanni Antonio Guidobono, pittore di origine lombarda che lavora per i Chiodo nella seconda metà del Seicento. A lui si devono quelle maioliche in delicata monocromia turchina su fondo azzurro, dall'ornato ora sobriamente schizzato alla maniera del compendiario, ora svolto in figurazioni più ampie fino a ricoprire tutta la superficie dei piatti e dei vasi. Il suo stile decorativo fu ampiamente ripreso anche da altre manifatture e i Chiodo stessi si avvalsero molto, anche in seguito, dei cartoni di Giovanni Antonio e del figlio Bartolomeo, noto come il "Prete savonese". (segue in AN).
Collocazione
Provincia di Monza e Brianza
Ente sanitario proprietario: A.S.S.T. di Monza
Credits
Compilazione: Uva, Cristina (2010)
Aggiornamento: Basilico, Andrea (2012)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o210-00870/
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