Altare di Aimo e Vermondo
ambito lombardo
Descrizione
Identificazione: Voto dei SS. Aimo e Vermondo
Ambito culturale: ambito lombardo
Cronologia: prima metà sec. XVI
Tipologia: pertinenze decorative
Materia e tecnica: intonaco / pittura a mezzo fresco
Descrizione: Il dipinto murale raffigura un episodio della vita dei SS. Aimo e Vermondo, in cui i due giovani nobili per salvarsi dalla furia di sette cinghiali, raffigurati nella parte bassa della composizione, si arrampicano su due lauri. Sullo sfondo, nello spazio aperto tra i due alberi, è visibile la parete laterale di una chiesa, la primitiva cappella in cotto dedicata a S. Vittore. Nella lunetta sovrastante l'affresco è raffigurata Maria con in braccio il Bambino in una mandorla di luce, tra angeli e santi.
Notizie storico-critiche: Il dipinto murale fa da sfondo alla terza cappella sulla sinistra della chiesa di S. Vittore, in corrispondenza dell'altare dedicato ai Santi Aimo e Vermondo, fondatori di Meda e dell'antico complesso monastico femminile benedettino, oggi cappella privata di Villa Antona Traversi. La tradizione tramanda che i due giovani conti Corio di Turbigo, inseguiti da alcuni cinghiali durante una battuta di caccia, si rifugiarono su piante di lauro cresciute nei pressi di un oratorio intitolato a San Vittore, facendo voto a quest'ultimo e alla Madonna, di fondare un monastero una volta avuta salva la vita. Il suddetto cenobio venne da loro fondato nell'anno 780 ed essi vi abitarono all'interno per circa una decina d'anni. L'immagine qui raffigurata descrive nel dettaglio il racconto agiografico, con un particolare riguardo alla simbologia: sopra il groviglio di animali feroci, agitati nel tentativo di sradicare i due alberi su cui si sono arrampicati le loro prede, che rappresentano la lotta continua delle passioni umane, si elevano sugli alberi i due futuri santi, con lo sguardo rivolto al cielo dove dominano pace e serenità.
Dell'affresco esiste un disegno preparatorio a penna, conservato presso il Civico Gabinetto di Disegni di Milano (inv. 4875/973 - B 1802/475), identificato dallo studioso Giulio Bora nel 1992 e da lui studiato nelle iscrizioni sul verso, intese dallo storico dell'arte come la firma di una suora del convento, che potrebbe aver realizzato sia il disegno che l'affresco stesso (Tosi, 2014). Oltre al nome dell'autore, anche la datazione del dipinto è rimasta nebulosa, anche per via dei numerosi rimaneggiamenti subiti in epoche successive: fino all'inizio del restauro del 1991 infatti, la parte inferiore del dipinto raffigurava soltanto sottobosco, due cinghiali intenti ad addentare fusti e sradicare alberi, uniti da una scritta scolorita in latino nel mezzo, riferibile alla vita dissoluta dei due giovani nobili prima dell'episodio descritto e della fondazione del monastero. Tale stesura pittorica, eseguita a tempera probabilmente nel Settecento ad opera di sconosciuti, è stata poi rimossa liberando l'originale affresco cinquecentesco, di fatto molto meglio conservato benchè sottostante. Della versione ridipinta oggi esistono solamente testimonianze iconografiche in alcune stampe fotografiche e in testi descrittivi.
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
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