Cristo giudice
Maestro dell'Aquila (attribuito)
Descrizione
Autore: Maestro dell'Aquila (attribuito) (sec. X), esecutore
Cronologia: metà sec. X
Tipologia: pertinenze decorative
Materia e tecnica: intonaco / pittura a fresco
Descrizione: Dipinto murale raffigurante l'immagine di Cristo Giudice che regge nella mano sinistra un volume, mentre la mano destra è sollevata, con il palmo rivolto verso l'osservatore. Gesù, raffigurato a mezzo busto in posizione perfettamente frontale, è inserito in una cornice circolare sullo sfondo di un cielo blu cobalto punteggiato di piccole stelle ed è circondato ai quattro lati da lacerti delle figure simboliche degli Evangelisti. L'unica attualmente visibile pienamente è l'aquila di San Giovanni, collocata nell'angolo in alto a destra. L'intera volta è delimitata alle estremità superiori e inferiori da una fascia policroma riccamente decorata.
Notizie storico-critiche: La volta a botte del presbiterio è occupata da affreschi alto medievali, contornati da eleganti incornciature geometriche con raffigurazioni fitomorfe e zoomorfe molto curate nei particolari, nelle quali si uniscono elementi di spiccato gusto naturalistico ad altri di più complesso significato simbolico.
La figura di Gesù posta al centro è stata ricondotta all'iconografia del "Cristo giudice" non tanto per la presenza di un volume aperto retto con la mano sinistra, quanto per la particolare configurazione della mano destra, raffigurata in alto davanti al busto, con il palmo rivolto verso lo spettatore, in posa diversa rispetto a quella tradizionalmente benedicente "all'orientale" (ovvero chiusa con il dito indice e il medio sollevati). Durante tutta la seconda metà del Medioevo, il tema iconografico del Giudizio Universale ha occupato i soggetti dell'arte cristiana sia occidentale che orientale: l'immagine di Gesù che separava i dannati dagli eletti era infatti la prima immagine che il fedele vedeva entrando in chiesa o, viceversa, l'ultima che si presentava ai suoi occhi sulla controfacciata prima di uscirvi. Il "Cristo giudice" seduto su un trono o circondato dalla sua corte celeste, costituiva a tutti gli effetti una sorta di teofania, ovvero una visione di Dio nella sua gloria, all'interno di uno squarcio apertosi nel cielo sotto forma di una mandola di luce. Nella presente opera Cristo viene dipinto all'interno di un clipeo (spazio circolare di derivazione romana) sullo sfondo di un cielo stellato, intorno al quale si dispongono numerosi singolari elementi di dimensioni modeste, di colore rosso e azzurro chiaro delimitati di bianco, che originariamente dovevano essere dodici (sei per lato). Ognuna di queste forme, apparentemente identificabile solo come un profilo concavo ondulato culminante al centro con un picco, costituisce ancora oggi un elemento di difficile identificazione: potrebbe trattarsi di una raffigurazione puramente decorativa, oppure, data l'alta qualità anche concettuale del dipinto, di un riferimento a dodici corpi astrali, forse connessi con i simboli zodiacali.
Attorno alla figura di Gesù restano inoltre diverse tracce dei "tetramorfi" (i quattro simboli degli Evangelisti), di cui solo il simbolo di San Giovanni si è abbastanza ben conservato. L'immagine dell'aquila risulta realizzata con grande eleganza e maestria e nuovamente si mostra caratterizzata da una equilibrata commistione di elementi ripresi dalla natura con parti ideate senza vincoli al dato reale. Soprattutto l'esecuzione delle ali dell'uccello è frutto di una pennellata rapida e sicura, senza ripensamenti, e nello stesso tempo lieve nel tocco, opera di un artista in grado di esprimere con notevole efficacia anche i particolari più minuti. La straordinaria e originale qualità di questa porzione del dipinto ha concorso nel denominarne l'anonimo esecutore con l'intitolazione di "Maestro dell'Aquila".
L'estrema lacunosità degli affreschi ha presentato un notevole ostacolo per l'attribuzione degli stessi e per l'identificazione di una precisa cronologia di riferimento. La sovracitata iconografia del "Cristo giudice" non sembra distaccarsi dal consueto modo di impostare l'immagine sacra, tuttavia la capacità tecnica, l'inventiva e la libertà espressiva con cui vengono qui dipinti tutti i riferimenti simbolici, pone l'artista che ha realizzato questo dipinto in posizione di rilevanza rispetto a tutte le altre pitture superstiti della chiesa, collocate nella parete nord della navata maggiore. Ciò corrisponderebbe anche all'abitudine dei committenti di riservare al presbiterio, la parte più sacra della chiesa, la massima cura nella realizzazione e dunque la scelta, per affrescare quella zona, delle migliori maestranze. Anche dal punto di vista cronologico è da ritenersi che al momento in cui vennero realizzati gli affreschi della navata, quelli sopra l'altare fossero già stati ultimati o in via di completamento.
Molti sono i riferimenti suggeriti dalla critica circa la vicinanza di questa decorazione pittorica con esempi di pittura ad essa coevi (Zastrow, 1991). Sono state proposte analogie con la chiesa di S. Giorgio a Reinchenau Oberzell della fine del X secolo, nonostante le sue figure appaiano meno dure rispetto a quelle di Agliate. Un altro interessanete confronto è stato fatto con la decorazione della chiesa di S. Vicenzo a Galliano, con cui esistono evidenti connessioni stilistiche, e con il complesso di S. Pietro a Civate, che mostra invece come mano a mano ci si inoltri nell'XI e XII secolo, le nuove valenze bizantineggianti vadano a cancellare la cultura figurativa tardo carolingia. Sulla base di queste considerazioni la critica ha ritenuto di poter considerare le opere della chiesa di Agliate più correttamente inquadrabili nel pieno X secolo piuttosto che in quello successivo, in quanto ancora fortemente ancorate al gusto romanico.
Collocazione
Carate Brianza (MB), Basilica dei SS. Pietro e Paolo - complesso
Credits
Compilazione: Uva, Cristina (2014)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o210-01241/
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