San Giuseppe con il Bambino dormiente
Reni, Guido (cerchia)
Descrizione
Identificazione: San Giuseppe e Gesù Bambino
Autore: Reni, Guido (cerchia) (1575-1642), esecutore
Cronologia: ca. 1635
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: tela / pittura a olio
Misure: 68 cm x 88 cm (intero); 98 cm x 111 cm x 11 cm (intero con cornice)
Descrizione: Dipinto ad olio su tela di formato rettangolare con orientamento verticale, dotato di cornice lignea dorata. L'opera raffigura San Giuseppe, di tre quarti, mentre regge tra le mani Gesù bambino in posizione supina, addormentato fra le pieghe di un panno bianco. Giuseppe, con la barba e i capelli grigi, ha il volto chino su di lui; dietro la sua spalla destra è visibile il profilo di un tronco d'albero e di alcuni arbusti, mentre il resto dello sfondo è troppo scuro per intravedere in esso dettagli del paesaggio.
Notizie storico-critiche: Il dipinto, entrato nelle collezioni civiche monzesi nel 1923 con il lascito Eva Galbesi Segrè alla città, venne esposto presso la Pinacoteca Civica in Villa Reale dalla sua apertura nel 1935 fino alla chiusura del museo negli anni Ottanta, con la sottolineatura della qualità del disegno e del colorito e l'attribuzione a Guido Reni (Arpini, 1935). A distanza di decenni la critica rivide l'attribuzione, spostandola ad alcuni seguaci del maestro bolognese: prima venne fatto il nome della pittrice e acquafortista Elisabetta Sirani (1638-1665), specializzata in soggetti di carattere devozionale (Caramel, 1981), come indicato nella targhetta metallica presente sulla cornice, poi vennero ipotizzati (Moro, 1994) i nomi di Giovanni Andrea Sirani (1610-1670), padre di Elisabetta e primo assistente del Reni, e quello di Simone Cantarini detto il Pesarese (1612-1648), noto per aver eseguito nel 1645 una pala d'altare con "San Giuseppe col Bambin Gesù" per la cattedrale di Cervia.
La qualità del dipinto è notevole e indubbia è del resto la dipendenza da modelli reniani: il tema del putto addormentato era stato affrontato dal maestro bolognese sin dagli anni Venti del Seicento come dimostra il celebre dipinto oggi conservato al Museo di Arte Antica di Palazzo Barberini e datato 1627, mentre la figura di San Giuseppe che regge il Figlio è stata da lui elaborata nell'opera conservata al Museum of Fine Arts di Houston, databile al 1638-40, in un dipinto esposto presso il Museo Diocesano di Milano (inv. MD 2002.109.002), proveniente dal Palazzo Arcivescovile e datato 1625-1630, e almeno in un altro dipinto di analogo soggetto conservato presso l'Hermitage di San Pietroburgo, anch'esso databile intorno al 1635. Pur sottolineando come nei prototipi noti il Bambino sia sempre sveglio, mentre nella versione monzese appaia dormiente, è verosimile pensare che il dipinto qui schedato sia opera di un autore appartenente alla cerchia del Reni che abbia cercato analogie con le opere del maestro dipinte nella tarda maturità, dopo il 1635 (Vergani, 2010).
Dal punto di vista iconografico questo era un tema assai caro nella pittura devozionale della prima metà del Seicento, in un momento storico in cui la figura di Giuseppe fu oggetto di una rivalutazione e di un processo di definizione iconografica a sé stante rispetto al soggetto tradizionale della Sacra Famiglia. L'immagine di San Giuseppe nella storia dell'arte occidentale non ha infatti radici lontane nel tempo come quella della Vergine Maria. Inizialmente, anzi, il padre putativo di Gesù era una figura marginale, spesso assente, di cui i Vangeli sinottici dicono poco, e che dunque veniva ritratto vecchio, calvo, secondo le descrizioni di lui fatte nei Vangeli apocrifi, in modo da allontanare qualsiasi sospetto di una sua partecipazione alla procreazione del Bambino. Da figura subalterna e muta, Giuseppe passò poi nel XVI secolo a diventare protagonista di una serie di rappresentazioni, prima in qualità di falegname al lavoro per mantenere la famiglia (sia da solo che insieme ad un giovane Gesù), poi in una relazione più intima con i componenti della sua famiglia, con compiti di guida e protezione. E' questo il caso delle numerose rappresentazioni dell'episodio della "Fuga in Egitto", in cui Giuseppe interagisce spesso con il Bambino offrendogli piccoli animali o oggetti. Ma è nel corso del Seicento che il santo cominciò ad apparire in composizioni in cui tiene tra le braccia con gesto affettuoso il piccolo Gesù, senza la presenza di Maria, assecondando la diffusione del culto sostenuta principalmente dagli ordini monastici dei Carmelitani riformati e dei Gesuiti in un contesto artistico di rinnovata attenzione alla realtà degli ambienti e degli affetti.
In questo caso l'immagine presenta sullo sfondo un tronco che il recente restauro effettuato nel 2012 ha permesso di valutare meglio come riferibile a una palma, facendo dunque ritenere il soggetto monzese come un momento di un "Riposo durante la fuga in Egitto", soluzione non nuova nell'ambito dei modelli reniani: sia nel già citato San Giuseppe del Museo Diocesano che in quello dell'Hermitage, infatti, sulla destra della composizione, nello sfondo dietro il manto di Giuseppe, appaiono in lontananza le figurette di Maria sull'asino e dell'angelo, riferibili al medesimo episodio sacro.
Collezione: Collezione dei Musei Civici di Monza
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o210-01258/
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