Il Saggio che, recuperato il tempo con l'allontanamento delle passioni grazie alla Solitudine, si dedica alla cultura
Nuvolone, Giuseppe; Doneda, Giovanni Stefano
Descrizione
Identificazione: Virtù e figure allegoriche
Autore: Nuvolone, Giuseppe (1619-1703), esecutore; Doneda, Giovanni Stefano (1608-1690), esecutore
Cronologia: seconda metà sec. XVII
Tipologia: pertinenze decorative
Materia e tecnica: intonaco / pittura a fresco
Descrizione: Ambiente decorato sul pavimento e sulle pareti da mosaici in sassi di fiume bianchi e neri, con sontuosi motivi geometrici e floreali, tra cui spicca l'emblema araldico degli Arese con ali sormontate da una corona comitale. Sulla volta sono presenti tre affreschi raffiguranti virtù e allegorie, entro cornici ottagonali, i due laterali, e ovale, quello centrale. Nel riquadro al centro è raffigurata la personificazione femminile della Temperanza, nell'atto di versare dell'acqua in una patena sostenuta da una seconda figura femminile discinta che si sta facendo fuoriuscire latte da un seno, che invece rappresenta la Carità. In uno dei due medaglioni laterali è raffigurato un uomo anziano e barbuto, dipinto secondo l'iconografia tradizionale del filosofo con in mano un libro su cui sta scrivendo e di fianco una clessidra a rappresentare il tempo, cui si avvicina la personificazione femminile della Solitudine, che nella mano sinistra regge un libro, tiene sottobraccio un coniglio e sopra la cui testa vola un passero, entrambi animali solitari per natura. Nell'altro medaglione laterale è raffigurata la personificazione femminile della Quiete, seminuda con il braccio sinistro poggiato sopra un cubo marmoreo, accanto ad un giovane coronato, sulla cui testa brucia il fuoco dell'Ingegno.
Notizie storico-critiche: Sul fianco settentrionale della Corte Nobile si affacciano gli ambienti del Ninfeo che comprende la "Galarietta fatta a mosaico", la "Saletta dei Bagni" e la "Sala del Cortile del Mosaico". Si tratta di ambienti riccamente decorati con pitture e con mosaici in acciottolato di fiume bianco e nero a motivo geometrico-floreale.
Tra gli elementi più significativi del Ninfeo vi è certamente la "Galarietta", che presenta sulla volta un'importante piccolo ciclo di tre affreschi realizzati da Giuseppe Nuvolone (il riquadro centrale) e Giovanni Stefano Doneda detto il Montalto (i riquadri laterali). Nel medaglione centrale, è raffigurata la "Carità moderata dalla Temperanza". Questa rappresentazione è molto vicina al gusto barocco per l'ossimoro (figura retorica fondata sull'accostamento di due elementi opposti), infatti la carità è per antonomasia una virtù che non dovrebbe avere limite e che qui invece viene frenata dall'idea tipicamente classica di moderazione, espletata attraverso il gesto di versare l'acqua da un recipiente all'altro, mescolando la fredda con la calda per ottenere la temperata (da cui il termine latino "temperantia"). La critica ha proposto una ulteriore interpretazione di questa scena, sostituendo alla figura della Carità quella della Natura che, ricevendo alimento dalla Temperanza, è in grado di saziarsi con poco e dunque rappresenta un esplicito invito a non esagerare con i piaceri, a moderare gli appetiti. Tale modifica prende avvio dallo studio dell'iscrizione latina presente nel dipinto, attualmente priva di senso a causa di errate ridipinture, che per la critica avrebbe in origine potuto essere "NATVRA PAVCIS CONTENTA" ("La natura è contenta con poche cose"), tratta dall'opera del filosofo Severino Boezio "De Consolatio Philosophiae" (libro II, 5).
Nel primo dei medaglioni laterali è raffigurato il "Saggio che, recuperato il tempo con l'allontanamento delle passioni grazie alla Solitudine, si dedica alla Cultura". L'immagine è completata dalla presenza di un cartiglio riportante una frase tratta dal "De Republica" di Cicerone (libro I, 27), pronunciata durante un dialogo tra Tuberone e Scipione Emiliano Africano Minore nel quale i due si trovano a discutere su chi possa ritenersi davvero felice: il secondo ricorda come suo nonno, Scipione Emiliano Africano Maggiore, sostenesse di poter considerare felice solo colui il quale può affermare di "non essere mai meno solo di quando fosse da solo".
Nel secondo medaglione laterale, è infine raffigurato l'"Ingegno favorito dalla Quiete", come riportato anche nella scritta latina in esso dipinta. Qui l'ingegno viene rappresentato come un fuoco sulla testa del personaggio maschile presente sulla scena, probabilmente ritratto con le fattezze di Giulio Arese, il quale reca scettro e corona a dimostrazione del fatto che chi acquista il dominio dell'intelligenza e della calma, è il Re di se stesso.
I temi raffigurati nei dipinti portano dunque ad individuare un intento comune, ovvero quello di sottolineare come la quiete e l'"otium" consentano all'uomo di recuperare il contatto con se stesso e di ritornare ad essere una creatura fatta di contemplazione. La grotta del Ninfeo diventa in questo senso luogo di confine fisico tra natura e cultura, fra il volto aulico e quello "magico" (evidente nei riferimenti all'interno degli affreschi a precise valenze alchemiche o alla tradizione cabalistica) della classicità: qui Bartolomeo Arese doveva sentirsi il nuovo Cicerone, in perenne equilibrio tra acutezza della mente e apertura al mistero, uomo di un secolo razionale e nello stesso tempo sacerdote di antichi riti. Questa sala si pone dunque come luogo di mediazione tra i temi religiosi e quelli mitologici e come ambiente dai poliedrici impieghi: cenacolo umanistico, luogo di meditazione e spazio dello stupore, in cui mostrare ed esporre alcune delle opere collezionate dalla famiglia Arese Borromeo. Nei secoli passati le sale dovevano infatti comprendere anche un ricco apparato scultoreo, di cui rimangono solamente le testimonianze documentarie e gli elementi basamentali.
Il Ninfeo si pone inoltre come luogo di mediazione tra i volumi architettonici del Palazzo e gli ambienti naturali dei giardini, e come fondamentale tappa di un lungo processo di definizione tipologico-architettonica, non solo di matrice lombarda, di tale spazio. I grandi modelli fiorentini (le grotte di Boboli) e romani (Villa Aldobrandini a Frascati) erano stati rielaborati in Lombardia in quello straordinario esempio di Ninfeo collocato in Villa Visconti a Lainate, da cui partirà la fortuna seicentesca di questo genere di ambienti e a cui si ispirerà idealmente anche il Ninfeo cesanese, per quanto profondamente reinterpretato e notevolmente più raccolto.
Collocazione
Cesano Maderno (MB), Palazzo Arese Borromeo - complesso
Credits
Compilazione: Uva, Cristina (2014); Zanzottera, Ferdinando (2014)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o210-01277/
NOTA BENE: qualsiasi richiesta di consultazione, informazioni, ricerche, studi (nonché documentazione fotografica in alta risoluzione) relativa ai beni culturali di interesse descritti in Lombardia Beni Culturali deve essere inoltrata direttamente ai soggetti pubblici o privati che li detengono e/o gestiscono (soggetto o istituto di conservazione).