Crocifissione
Montorfano, Donato
Descrizione
Identificazione: Crocifissione di Cristo
Autore: Montorfano, Donato (1460 ca.-1502 ca.), esecutore
Cronologia: post 1495
Tipologia: pertinenze decorative
Materia e tecnica: intonaco / pittura a fresco
Descrizione: L'opera occupa l'intera parete e le tre lunette, all'interno delle quali si collocano i tre altissimi crocifissi: Cristo al centro, circondato da quattro angeli dolenti sorretti da nuvole, e ai lati i due ladroni, quello di sinistra salvato da un angelo che regge tra le mani la sua anima pentita, e quello di destra sormontato da un diavolo dalla pelle scura. In primo piano si susseguono una fila di personaggi: sulla sinistra sono visibili un gruppo di santi domenicani, seguito dal gruppo delle Pie donne che sostengono Maria. Ai due lati della croce sono raffigurati due monaci domenicani inginocchiati in preghiera, mentre la Maddalena abbraccia i piedi della croce. Sulla destra appare San Giovanni, in piedi, le mani strette con le dita intrecciate e il volto dolente inclinato verso il basso, nell'atto di guardare il gruppo di soldati romani accanto a lui che si gioca a dadi le vesti di Gesù. Più oltre, all'estrema destra della composizione, appare un gruppo di sante domenicane. Il vasto paesaggio di sfondo, caratterizzato da rilievi aspri e rocciosi, è organizzato intorno alla città di Gerusalemme posizionata al centro. L'intera scena è immaginata al di là di un proscenio costituito da due pilastri d'angolo (di cui oggi rimane solo il destro) e dagli archi delle lunette.
Notizie storico-critiche: L'enorme affresco della Crocfissione venne firmato e datato 1495 da Donato Montorfano, e costituisce una delle poche opere certe dell'artista, nonché una delle sue ultime, dato che già nel 1497 il pittore risulta ammalato e non più in grado di lavorare. Saldamente ancorato alla tradizione pittorica quattrocentesca lombarda, filtrata dagli sviluppi della pittura padovana, l'opera del Montorfano risentì ingiustamente di una collocazione penalizzante di fronte al grande capolavoro leonardesco, che accentuò fin dalla sua realizzazione l'abisso che divideva l'ambiente pittorico milanese da quello toscano. Totalmente assente risulta infatti nella composizione una concezione di prospettiva unitaria, tanto che i numerosi personaggi che si affollano nella parte bassa della scena appaiono distribuiti su diversi piani ma senza alcun impianto costruttivo che crea effetti di profondità. Unico rimando alla tradizione figurativa moderna è costituito dalla città di Gerusalemme posizionata al centro del paesaggio sullo sfondo, probabile ricordo delle opere architettoniche del Filarete e del Bramante.
A testimonianza dell'impari confronto con il pittore fiorentino, un lettera del 1497 scritta da Ludovico il Moro è stata interpretata come un invito a demolire l'opera dell'artista, finita da appena due anni, per sostituirla con un dipinto fatto realizzare a Da Vinci. In realtà è piuttosto improbabile che il duca potesse far demolire un grande affresco già pagato da altri e appena terminato, tuttavia avendo lasciato il Montorfano due zone vuote nella parte inferiore della composizione, con tracciate solo sommariamente le figure del duca Ludovico con il figlio Cesare a sinistra, e di Beatrice d'Este con il figlio Massimiliano a destra, è possibile che le istruzioni si riferissero al rifacimento di tali ritratti.
I protagonisti della scuola lombarda, da Montorfano a Foppa, da Butinona e Zenale, seppur con esiti diversi sul piano della qualità e dell'efficacia espressiva, formarono infatti il loro percorso su una tradizione saldamente legata alla pittura tardogotica, subendo ancora per tutto il Quattrocento il fascino di stemmi, rilievi in stucco e dorature atte ad aumentare lo splendore dei dipinti. Il gusto di quest'opera è dunque perfettamente in linea con lo stile espresso nella decorazione della chiesa e del convento delle Grazie negli ultimi decenni del Quattrocento. E' dunque probabile che, pur non potendone rintracciare concretamente i modelli, il Montorfano creò con questo dipinto un esempio che godette di una certa fortuna, da cui gli derivò, con tutta probabilità, la commissione nella chiesa domenicana di S. Maria della Rosa, demolita nel 1831 e della quale si conservano oggi gli affreschi strappati presso la Pinacoteca Ambrosiana.
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o210-01280/
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