Resurrezione di Cristo
Bembo, Bonifacio (attribuito); Vismara, Giacomino (attribuito); De' Fedeli, Stefano (attribuito)
Descrizione
Denominazione: Cappella Ducale
Autore: Bembo, Bonifacio (attribuito) (notizie 1447-1478), esecutore; Vismara, Giacomino (attribuito) (notizie 1460-1476), esecutore; De' Fedeli, Stefano (attribuito), esecutore
Cronologia: post 1473
Tipologia: pertinenze decorative
Materia e tecnica: intonaco / pittura
Descrizione: Fulcro della composizione è la figura di Cristo risorto avvolto in una mandorla in rilievo dorata e circondato da angeli che campeggia al centro della volta; ai suoi piedi, inseriti a forza nello spazio limitato tra i peducci, sono dipinti il sarcofago sigillato circondato dalle guardie, appena svegliatesi e stupefatte di fronte all'apparizione divina. Accanto a Gesù, sull'altra metà della copertura, si colloca l'immagine di Dio Padre entro un tondo di cherubini, circondato da schiere angeliche. Nelle altre due lunette laterali della parete nord è raffigurata l'Annunciazione. Sulla sinistra appare l'arcangelo Gabriele, avvolto da un ampio panneggio rosato, con la mano destra sollevata in avanti e il giglio sorretto tra le dita della mano sinistra, mentre sulla destra è dipinta Maria, inginocchiata con le mani incrociate sul petto all'interno di un'ampia struttura architettonica lignea, che comprende una seduta alle sue spalle e un leggio davanti a lei.
Le volte delle lunette delle due pareti laterali sono invece decorate con raffinate ghirlande che racchiudono stemmi e insegne araldiche, al di sotto delle quali si sviluppa una teoria di Santi, purtroppo ad oggi molto lacunosa, su uno sfondo in stucco dorato sul quale è stato impresso un disegno geometrico polilobato.
Notizie storico-critiche: L'opera, commissionata da Galeazzo Maria Sforza, costituisce l'unica decorazione sacra superstite all'interno delle due principali dimore sforzesche, il Castello di Milano e quello di Pavia. Nel 1467 infatti, il duca aveva trasferito la sua dimora presso l'allora Castello di Porta Giovia, trasformando l'antica fortezza in una lussuosa residenza. La Cappella Ducale, costruita dall'architetto toscano Benedetto Ferrini entro il 1472, rientrò in questo programma di riqualificazione sebbene oggi sia molto difficile identificare l'originaria struttura architettonica a causa dei numerosi rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli.
Ricerche documentarie hanno portato a pensare che originariamente l'attuale ambiente della Cappella fosse un tutt'uno con l'attigua "Sala Verde", entrambe coperte da un'unica volta a padiglione e separate da un tramezzo che non raggiungeva la volta (l'attuale muro di fondo è opera di un restauro novecentesco), così da permettere ai fedeli di seguire le funzioni religiose pur nel rispetto dello spazio privato del duca. Resta ancora da capire come la decorazione affrescata nel luogo sacro potesse raccordarsi ai motivi araldici presenti nella "Sala Verde".
Incerta è anche la paternità del ciclo pittorico, eseguito in meno di cinque mesi a partire dal marzo 1473 e il cui programma iconografico fu elaborato con la consulenza di un religioso, forse da identificare con Paolo da San Genesio, confessore del duca. Nelle lettere e nelle note di pagamento ducali si menzionano tre artisti che probabilmente si associarono in consorzio per realizzare l'opera in tempi brevi e con costi relativamente bassi: il più anziano Bonifacio Bembo, già noto alla committenza sforzesca per aver lavorato nel Castello di Pavia, il poco noto Giacomino Vismara e il più giovane Stefano de' Fedeli. La loro collaborazione parrebbe testimoniata dallo scambio di cartoni preparatori e modelli, evidente nell'uniforme tipologia degli angeli e nei dettagli dei panneggi delle figure di santi. Durante la breve signoria di Francesco Sforza (1521-1535) la "schola cantorum" della "Cappella Palatina" risulta già in graduale declino, a favore di quella presente in Duomo, mentre nel corso del XVI secolo si perdono notizie del luogo. Con il XVII secolo alcune testimonianze documentarie descrivono la cappella come un ambiente frequentato da una comunità civile e dal presidio militare e ne illustrano i lavori di trasformazioni effettuati all'interno. Nel 1661 fu demolita la primitiva parete divisoria e venne modificata la forma della porta d'ingresso. A quella da, oltre all'altare maggiore, di cui è ignota la collocazione, viene segnalata la presenza di altri due altari, forse disposti sui lati maggior. Nel XVIII secolo il luogo di culto, dedicato al Santissimo Sacramento, viene descritto come una vera e propria chiesa che si estendeva ben oltre l'attuale Cappella Ducale, con una distinta sagrestia nella sala attigua, oggi detta dei Ducali. Allo stesso periodo risalgono anche notizie sull'inserimento in essa di tombe e opere commemorative. Tali arredi possono considerarsi l'ultima aggiunta prima della dismissione della chiesa del 1859 e la sua riconversione ad uso ospedaliero.
Il ciclo affrescato presente in Cappella sarà liberato dallo scialbo tra l'ottobre e il novembre del 1893 da Paul Müller-Walde con l'aiuto del restauratore Oreste Silvestri, per poi divenire oggetto di un lungo e intermittente restauro portato avanti fino al 1924. Nonostante la creazione di un apposito comitato per la direzione dei lavori, tale intervento si rivelò pesantemente arbitrario: oltre alla ricostruzione della parete meridionale con due aperture laterali, si operarono rifacimenti della pellicola pittorica e della superficie dorata e nelle vele delle lunette furono addirittura inseriti ex-novo due angeli simili ai quattro che circondano il Cristo in mandorla. Tali ridipinture vennero parzialmente rimosse da Ottemi della Rotta in una seconda campagna di intervento nel 1956, così come attestato dalla documentazione fotografica che il restauratore ha donato all'Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda (ISAL).
La Cappella Ducale ospitò nel 1953 la Pietà Rondinini di Michelangelo, in attesa del riassestamento della sala XV del percorso museale.
Collocazione
Milano (MI), Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco
Credits
Compilazione: Uva, Cristina (2015)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o210-01287/
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