Sarcofago di Martino Aliprandi
Giovanni di Balduccio (cerchia)
Descrizione
Identificazione: Monumento funerario di Martino Aliprandi
Autore: Giovanni di Balduccio (cerchia) (1290-1339), esecutore
Cronologia: primo quarto sec. XIV
Tipologia: scultura
Descrizione: Il sarcofago si divide in tre scomparti e due nicchie laterali, sormontate da figure di diaconi reggicandele. Nel riquadro centrale è raffigurata la Trinità, con Dio Padre in trono che regge tra le braccia Cristo Crocifisso ed è sormontato dallo Spirito Santo, che in origine doveva apparire sotto forma di colomba e che fu poi trasformato nella testa di un angelo.
Nel riquadro sinistro è raffigurata la scena in cui il defunto, insieme ad altri tre personaggi, viene presentato alla Vergine con il Bambino dai due santi protettori delle città di Milano e Monza: Sant'Ambrogio, che un tempo doveva reggere tra le mani lo staffile, e San Giovanni Battista, che reca un cartiglio con la scritta "Ecce Agnus Dei". Nell'angolo in alto a destra due angeli scostano i tendaggi del baldacchino sotto cui è seduta Maria. Il riquadro di destra è occupato da una scena scolastica, ovvero in esso è raffigurato al centro un maestro seduto in cattedra con tre volumi posati sul tavolo di fronte a lui, circondato da otto discepoli intenti ad ascoltarlo.
Nelle nicchie laterali sono infine rappresentati, a sinistra, Sant'Agostino, in abito eremitico con mitra, pastorale ed un libro nella mano destra, e a destra, San Marco, con in mano il Vangelo e ai piedi il caratteristico attributo del leone alato.
Notizie storico-critiche: Martino Aliprandi fu un giurista e uomo di fiducia di Azzone Visconti, nonché podestà di Monza (1334-1336) e di Piacenza (1337-1338); dopo la morte del duca secondo alcune fonti avrebbe preso parte ad una congiura contro il successore Luchino, ma scoperto e catturato insieme al fratello, morì intorno agli anni quaranta del Trecento. E' probabile che il suo sarcofago sia stato realizzato negli anni seguenti la creazione, presso la chiesa agostiniana di S. Marco, della cappella di famiglia, risalente all'inizio del Trecento. Indubbio è, invece, il collegamento di Martino Aliprandi sia con la città di Milano che con quella di Monza, esemplificato nel sarcofago dalla presenza dei due rispettivi patroni, Sant'Ambrogio e San Giovanni Battista.
Dal punto di vista iconografico, la scelta dei temi trattati nelle varie formelle dimostra un alto livello culturale ed è dunque lecito pensare che Martino Aliprandi, li abbia scelti per il suo sepolcro in funzione delle sue aspettative di una vita dopo la morte, molto probabilmente avvalendosi del consiglio-consulenza dei padri agostiniani. La scelta del cosiddetto "Gnadensthul" (o Trono di Grazia) presuppone infatti una cultura teologica molto aggiornata, già testimoniata in S. Marco nella decorazione di alcuni arredi liturgici. Inoltre la presenza attorno alla Trinità di nove angeli non può che riferirsi alle nove schiere angeliche, la cui iconografia si diffuse in Italia proprio grazie all'apporto delle fonti patristiche agostiniane. Anche il motivo dell'insegnamento, con il professore in posizione frontale rivolto ai propri allievi, riprende opere di miniatura, pittura e scultura rintracciabili sia in Italia che in Francia, a ulteriori testimonianza dell'attività di docente del committente e dell'alto livello di aggiornamento del suo gusto figurativo.
Il complesso scultoreo è stato numerose volte attribuito a Giovanni di Balduccio, attivo dal 1335 al 1339 nella realizzazione dell'"Arca di San Pietro Martire" per la basilica di Sant'Eustorgio, e contemporaneamente impegnato con la sua bottega nella realizzazione delle sculture da porre nei tabernacoli di Porta Ticinese, Porta Orientale e Porta Comancina, cui si richiamano alcune figure presenti sul sarcofago. D'altro canto, rispetto al maestro toscano, l'autore di questo elaborato scultoreo appare meno attento alla caratterizzazione fisiognomica dei personaggi e alla modulazione di scene equilibrate. Qui infatti, lo scultore non si cura di rispettare le proporzioni delle figure collocate a diversi livelli di profondità, ma semplicemente pone in primo piano quelli di dimensioni inferiori, senza inserire pause tra un soggetto e l'altro.
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
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