Venere al bagno
Prestinari, Marco Antonio
Descrizione
Autore: Prestinari, Marco Antonio (m. 1621), esecutore
Cronologia: fine sec. XVI
Tipologia: scultura
Materia e tecnica: marmo / scultura
Descrizione: L'opera marmorea rappresenta una giovane donna al bagno, indentificata con la dea Afrodite-Venere, ritratta nell'atto di immergersi o di uscire da acque sacre. La fanciulla è raffigurata in posizione eretta, con il busto inclinato in avanti e il ginocchio destro leggermente piegato; il braccio destro viene fatto ricadere lungo il fianco e regge tra le dita della mano un sottile panneggio con la quale la donna si copre il ventre. Il braccio sinistro, anch'esso avvolto nel tessuto, è piegato davanti al busto, mentre il volto della giovane è girato lateralmente, idealmente rivolto verso uno spettatore che l'ha colta nell'atto di entrare o uscire dall'acqua. Il viso della giovane, dalle caratteristiche fattezze classiche arricchite da un enigmatico ed appena accennato sorriso, è incorniciato da morbide ciocche di capelli raccolte in cima alla testa con un nastro.
Notizie storico-critiche: La statua di "Venere al bagno" costituisce una tra le più pregevoli opere conservate nel "Corridoio delle statue" sito al piano nobile della Villa. Essa era originariamente collocata nelle "Grotte Vecchie" del Ninfeo, nel quale oggi è presente una copia identica all'originale. Questa scultura venne infatti scolpita per essere scenograficamente disposta nell'emiciclo delle grotte naturali situato nella zona orientale del Ninfeo, insieme ad altre due figure di Naiadi-Veneri realizzate intorno al 1589 da Giulio Cesare Procaccini su disegno dello scultore Francesco Brambilla il Giovane. Questa "Venere al bagno" viene invece assegnata dalla critica ad un altro scultore attivo nel complesso, il comasco Marco Antonio Prestinari, sulla base delle similitudini con l'"Adone" da lui scolpito nel marmo nel 1602 per il giardino del Ninfeo e oggi conservato al Musée du Louvre di Parigi. In entrambe queste opere, infatti, Prestinari traduce i modelli del Brambilla con un linguaggio differente da quello procacciniano e più vicino alle sculture del celebre artista Giambologna, di cui riprende in maniera evidente l'opera "Venus Urania" (1575), oggi conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Tutte queste sculture tradiscono inoltre una certa suggestione della "Leda" dipinta da Leonardo da Vinci, così come poteva essere percepita studiando il cartone dell'artista allora conservato a Milano nella Collezione Leoni (e oggi perduto), oppure le numerose traduzioni pittoriche fatte dagli allievi del maestro fiorentino. Sicuramente Giovanni Paolo Lomazzo, regista insieme a Pirro I Visconti Borromeo del progetto iconografico e decorativo del Ninfeo, doveva aver sostenuto una certa vena leonardesca negli scultori attivi all'interno della Villa. In particolare nei suoi numerosi scritti appare chiaro come egli considerasse "Leda" come un vertice di perfezione estetico-culturale e come un supremo modello da seguire per raffigurare Venere, i cui volti regolari e affilati presentano il caratteristico ed enigmatico sorriso delle dame leonardesche, così come la stessa attenta definizione delle morbide acconciature a ciocche ondulate.
La scultura della Venere si è guadagnata negli anni l'appellativo popolare di "Vegia Tuntona", che nel dialetto locale significa "Vecchia Tentatrice". Le tradizioni orali, infatti, raccontano che i lainatesi, che non avevano accesso agli ambienti della villa e del parco pertinenziali, si arrampicavano appositamente sul muro esterno del Ninfeo per guardare all'interno dell'unica finestra aperta sulla città, dalla quale si poteva scorgere in controluce la sagoma sinuosa della dea in posa lasciva mentre veniva bagnata dagli spruzzi d'acqua, apparendo come un'irresistibile tentatrice, immobile e irraggiungibile.
Collocazione
Lainate (MI), Villa Visconti Borromeo Litta - complesso
Credits
Compilazione: Uva, Cristina (2015)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o210-01344/
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