Ritratto di Elisabetta Piavani Ghidotti
Ghislandi, Vittore
Descrizione
Autore: Ghislandi, Vittore (1665-1743), esecutore
Cronologia: ca. 1720 - ca. 1725
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: tela / pittura a olio
Misure: 108.7 cm x 145 cm (dipinto)
Descrizione: Dipinto inserito in una semplice cornice lignea modanata, dipinta e dorata.
La grande tela ritrae una donna non giovanissima, a due terzi di figura e leggermente volta a destra. Indossa camicia bianca con scollo rialzato in trina, corsetto in seta gialla damascata di verde, stretto in vita, con allacciatura a stringhe nere sulla pettorina e arricchito di ricami in trina sulle falde e ai polsi, larga veste nello stesso tessuto; ha in capo una parrucca bianca e regge con ambo le mani una grande sciarpa in seta azzurro vivo, che scorre sul davanti e risale alla spalla destra. Fondo scuro schiarito a sinistra in alto, entro ovale segnato da una cornicetta.
Dal dipinto emerge una straordinaria resa materica delle stoffe, limpidezza della stesura cromatica, freschezza della impostazione, attenzione alla definizione psicologica della gentildonna.
Ricercatezza della posa "alla francese".
Notizie storico-critiche: L'opera è in deposito presso l'Accademia Carrara di Bergamo dal 1927 (Bergamo, Accademia Carrara, Archivio della Commissaria, 1796-1966, b. 29, n. 325), anche se nell'inventario dei 3500 oggetti mobili della Provincia di Bergamo, curato da Angelo Pinetti - e pubblicato postumo nel 1931 (p.123: come Ritratto di Elisabetta Chiavani Ghidotti, 1739) dal Ministero dell'Educazione Nazionale, senza che l'autore potesse rivederlo prima della stampa - l'opera figura ancora nella sala del consiglio degli Istituti Ospedalieri di Bergamo. La scritta in alto a sinistra identifica il personaggio, evidentemente una benefattrice dell'ospedale di Bergamo, ma non è attendibile per quanto riguarda la data, aggiunta posteriormente: sia i dati di costume che quelli di stile orientano su una datazione agli inizi del terzo decennio, nel pieno della maturità dell'artista. Tra le più celebri creazioni del Ghislandi, che solo eccezionalmente - e con evidente misoginia - affrontò il tema della immagine femminile, la tela è costruita come un ritratto di parata, sfolgorante di colore, attentissimo ai dettagli di costume e addirittura incline al "pezzo di bravura" nella resa materica delle sete, dei broccati e delle passamanerie; non vi è tuttavia alcun cedimento alla magniloquenza ed alla esteriorità del ritratto arcadico e rococò, e prevale piuttosto un approccio "oggettivo" al dato visivo che appartiene alla tradizione lombarda, e che ha indotto a cogliere in Fra' Galgario una propensione illuministica affine a quella del Ceruti, anche se forse estranea alle motivazioni etiche.
Il ritratto è stato esposto a varie mostre: ricordiamo per esempio, a Roma nel 1938, a Torino nel 1951 (Brizio 1951, p. 70 n. 120) e 1967 (rassegna Giacomo Ceruti e la ritrattistica del suo tempo nell'Italia Settentrionale, 1967 n. 59), a Milano nel 1953 (I pittori della realtà in Lombardia 1953, p. 50 n. 76), a Varsavia nel 1956 (Valcanover 1956, p. 75), a Parigi nel 1982 (mostra sul ritratto italiano del Settecento al Petit Palais - Le portrait en Italie... 1982, p. 54), a Bergamo nel 2001 e nel 2003-2004 (monografia che Bergamo ha dedicato all'artista - Fra' Galgario... 2003). Le indagini scientifiche condotte sull'opera in occasione della mostra svoltasi a Bergamo nel 2003 hanno consentito ad Amalia Pacia di fare il punto sulle componenti materiali che, unite alle straordinarie doti tecniche del Ghislandi, ne fanno un protagonista del Settecento. Nel 1932 il dipinto è stato restaurato da Mauro Pelliccioli.
Completa mancanza di informazioni sulla identità della Piavani Ghidotti, mancanza cui è forse possibile ovviare almeno in parte. Il dipinto proviene dall'Ospedale Maggiore di Bergamo e dunque rappresenta certamente una benefattrice dell'Ospedale stesso (come in altri dipinti della stessa provenienza, la data 1750 si riferisce alla morte della dama e a un suo Legato testamentario): risulta agevole il collegamento con quel Bartolomeo Ghidotti che fu - nel 1733 - progettista e poi costruttore della Fiera di Bergamo, realizzata per iniziativa dell'Ospedale operando su terreni di sua proprietà. La scelta del Ghidotti non fu propriamente professionale ma legata appunto alla proprietà, in quanto egli era, come il padre, amministratore dei Beni patrimoniali dell'Ospedale. Per cui è assai probabile che Elisabetta Piavani sia stata la moglie di Bartolomeo Ghidotti, e come tale abbia predisposto a favore dell'Ospedale Maggiore un Legato di cui anche il ritratto faceva parte. L'identificazione definisce la posizione non aristocratica della Piavani Ghidotti, esponente di una borghesia emergente per la quale il comparire in un vero "ritratto di parata" acquisiva il significato di autentico riconoscimento sociale.
Le fonti parlano esplicitamente di una forma di sessuofobia che scoraggiava il Ghislandi dal dipingere ritratti di donne, e che va intesa come una qualche ripugnanza a indulgere alle più clamorose 'vanitates' dell'aristocrazia, specie femminile: e questo è infatti un ritratto "casto".... Ciò non significa tuttavia che Fra' Galgario non assecondi in qualche modo la vanità della dama, tanto è vero che utilizza anche ogni trucco pittorico per dissimularne l'età reale, che doveva essere prossima ai cinquant'anni.... Egli costruisce anzi, per lei, un vero ritratto di parata, lanciandosi addirittura in una stupefacente esibizione di abilità di pennello nel visualizzare non solo il disegno degli abiti e lo splendore delle cromie, ma anche la sostanza materica delle stoffe: è come se il ritratto risultasse la proiezione visiva dell'immaginario interiore di Elisabetta Ghidotti, che il pittore comprendeva con indulgenza; e in una tal festa di colori si coglie un che di ingenuamente fanciullesco.
Collocazione
Provincia di Bergamo
Ente sanitario proprietario: A.S.S.T. Papa Giovanni XXIII
Credits
Compilazione: Iorio, Patrizia (2009)
Aggiornamento: Basilico, Andrea (2013)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o270-00158/
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