Flagellazione di Cristo
Retti, Martino
Descrizione
Autore: Retti, Martino (sec. XVII primo quarto), Scultore
Cronologia: post 1610
Tipologia: scultura
Materia e tecnica: terracotta / pittura
Descrizione: Sette statue più un cane in terracotta, a grandezza naturale, dipinte a freddo, conservate all'interno della settima cappella, dedicata alla Flagellazione, eseguite da Martino Retti entro il 1610.
La figura più riuscita è quella di Cristo, il cui attento studio anatomico è espresso con schietto e vivido realismo ad enfatizzare la sofferenza del corpo flagellato. I personaggi sono di dimensioni maggiori al naturale e denotano una costante esasperazione, ravvisabile soprattutto nella mimica facciale degli sgherri e nelle posture sgraziate. Le grette figure dei manigoldi sono indagate con perizia calligrafica, lo scultore enfatizza la gestualità messa particolarmente in risalto dalle membra nude.
Notizie storico-critiche: La settima cappella, dedicata al secondo mistero doloroso, la Flagellazione, è stata fatta erigere per volontà dei fratelli milanesi Francesco e Gerolamo Litta. Fu grazie a padre Giovan Battista Aguggiari che alcuni degli esponenti più in vista della nobiltà milanese furono coinvolti nella committenza di alcune cappelle lungo la via sacra. In questo caso la celerità dell'esecuzione è proprio dovuta al mecenatismo dei due fratelli Litta, i quali decisero di far posizionare in nicchie all'esterno dell'edificio due statue dedicate ai loro santi protettori, san Francesco e san Gerolamo. L'iscrizione sull'architrave della facciata principale è datata 4 ottobre 1606, il che testimonia che anche questo edificio fu tra i primi costruiti all'interno del complesso. Il 29 aprile 1608 venne stipulata la convenzione con o scultore Martino Retti per l'esecuzione delle statue interne, che effettivamente realizzò poco tempo dopo. Nel settembre 1608 e nel maggio 1609 sono documentati pagamenti a Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone (1573-1626) per gli affreschi. L'intervento del pittore, uno dei più celebri del panorama artistico lombardo di inizio Seicento, noto anche per gli affreschi del Sacro Monte di Varallo, denota le possibilità economiche e la levatura sociale dei committenti, che vollero aggiudicarsi il meglio per la decorazione pittorica della propria cappella. Questo è l'unico edificio a non disporre di una vera e propria porta d'ingresso. È infatti stata resa apribile solo una delle inferriate delle finestre, tramite cerniere, situata però in posizione rialzata, il che rende ancora più difficile qualsiasi accesso. Dal 1988, in occasione di un intervento di restauro, la cappella è stata corredata di un impianto di illuminazione azionabile dall'esterno. Nel 2003 l'Unesco ha riconosciuto l'intero Sacro Monte di Varese Patrimonio Mondiale dell'Umanità, insieme ai complessi piemontesi di Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta, Varallo, e a quello lombardo di Ossuccio.
Collocazione
Varese (VA), Sacro Monte di Varese - complesso
Credits
Compilazione: Bolandrini, Beatrice (2015)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3o430-00008/
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