L'aratro
Steffani Luigi
Descrizione
Identificazione: PAESAGGIO CON ANIMALI E CONTADINI
Autore: Steffani Luigi (1827/1898), esecutore
Cronologia: ante 1865
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: tela / pittura a olio
Misure: 159.5 cm x 95 cm
Notizie storico-critiche: Il dipinto, venne esposto a Brera in occasione dell'annuale Esposizione del 1865 e contestualmente acquistato dall'Accademia con il Fondo Esposizioni. Nel 1867 fu presentato anche alla Exposition Universelle di Parigi e, nel 1902, venne depositato presso la Galleria d'Arte Moderna di Milano.
Se nel paesaggio lombardo, "Risaja", la critica aveva apprezzato la resa degli effetti luministici e atmosferici rivolti ad accentuare un particolare aspetto del territorio perché è la luce "ch'è l'anima del paesaggio" (Rovani 1864), in "L'aratro" l'influenza della corrente realista, proveniente dall'esperienza francese della scuola di Barbizon - improntata alla ricerca del vero attraverso un sapiente uso della luce diretta all'enfatizzazione del dato reale - si fa più marcata, tanto che anche il Mongeri, sulle pagine della "Perseveranza", non poteva esimersi dal constatare che osservando la tela dello Steffani, "nel titolo stesso racchiude qualcosa onde siete forzati a pensare ad uno de' primi e più originali artisti della Francia, ad una donna, Rosa Bonheur". L'artista francese, infatti, già nel 1849, con il suo "Labourage nivernais" (olio su tela, 260x134 cm, Parigi, Museo d'Orsay), commissionatogli l'anno prima dal Museo d'Orsay, aveva saputo coniugare la poesia del paesaggio con una rappresentazione lucida e attenta della realtà contadina.
Così lo Steffani, nel suo dipinto, non rinuncia ad accostare una puntuale descrizione del territorio lombardo ad una "scena di genere" come suggeriva, già nel 1850, Pietro Estense Selvatico nel discorso intitolato Della opportunità di trattare in pittura anche soggetti tolti dalla vita contemporanea, in cui dichiarava, ormai consapevole della fortuna acquisita dalla pittura "di genere", l'impellente necessità di una maggiore adesione al vero, alla realtà, perché "l'arte non può né potrà mai prosperare vigorosa, se non sia scaldata da quelle credenze medesime che danno moto alla società tutta quanta, e quindi non si faccia rappresentatrice dell'idea contemporanea che predomina il pensiero dell'universale" (Selvatico, 1850).
Ecco, quindi, che l'opera dello Steffani si fa promotrice del pensiero del Selvatico: "non solo il paese, con gli alberi che intrecciano i tronchi e i rami privi di fronde, con la lontana prateria che si perde all'orizzonte e il terreno sul dinanzi mezzo arato e mezzo da arare, ma il bove e i due cavalli che tirano l'aratro e il paesano che li dirige e l'altro che incita gli animali sono condotti con mirabile verità e con eleganza facile e robusta. Lo Steffani non ci appare qui solamente pittore di paese, ma figurista e pittor d'animali" (Cosmate 1865).
Attraverso un sapiente gioco chiaroscurale, l'artista riesce a far rivivere all'osservatore sensazioni ed emozioni familiari, non ancora in aperta polemica con le nascenti questioni sociali che affliggevano l'Italia post-unitaria, ma registrando, invece, una perfetta armonia tra l'uomo e la natura: "respirate quell'aria pura, correte per quei solchi pieni di fragranze, avvolgetevi tra quelle fronde screziate dal sole, sentite il respoiro monotono di quelle bestie che sudano rassegnate, riconoscete in quei contadini due figure le mille volte vedute, correndo in vettura per la strada maestra, e poi ditemi se tutte le emozioni che provate di fronte a questa modestissima e semplicissima tela, non segnano il maggior risalto a cui possa giungere l'arte" ("Sole" 1865).
Collocazione
Milano (MI), Accademia di Belle Arti di Brera
Credits
Compilazione: Formenti, Germana (2012); Tamanini, Francesca (2012)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/4t020-00357/
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