Arco trionfale al portone della Guardia, con un'alternativa (Mantova, Palazzo Ducale)

Pedemonte, Pompeo

Arco trionfale al portone della Guardia, con un'alternativa (Mantova, Palazzo Ducale)

Descrizione

Autore: Pedemonte, Pompeo (1515 ca.-1592)

Cronologia: 1574

Tipologia: disegno

Materia e tecnica: carta / pietra nera, penna e inchiostro, pennello e inchiostro

Misure: 290 mm x 454 mm

Descrizione: matita, inchiostro a penna e acquarellature di inchiostro su carta con variante applicata sul verso

Notizie storico-critiche: L'Album Tibaldi entra nelle raccolte del Civico Museo d'Arte Antica, al Castello Sforzesco, nel 1905 quando è acquistato grazie al mercante d'arte Julius Böhler di Monaco. Nel 1904 l'avvocato Giuseppe Toesca propone senza successo l'acquisto dell'album al Consiglio Direttivo del Museo. Un anno più tardi, con una grande riduzione di prezzo (da 1800 a 800 lire), la raccolta di 42 disegni entra nelle collezioni civiche su proposta di Gustavo Frizzoni e con il benestare di Luca Beltrami. L'album Tibaldi aveva fatto parte della collezione di Carlo Morbio (1811-1881), nato a Novara ma stabilitosi fin da giovane a Milano. Nel "Catalogo ragionato ed illustrazione degli autografi e dei ritratti di celebri personaggi dal Risorgimento delle lettere insino a noi, raccolti e posseduti dal cav. Carlo Morbio" (Milano, 1857, p. 97) e ancora nelle "Opere Storico-Numismatiche di Carlo Morbio" (Bologna, 1870, p. 186) è lo stesso Morbio a citare la "Cartella di Pellegrino" definita una "preziosa raccolta de' suoi disegni originali" notando come "varj sono firmati col suo monogramma" (1857). È probabile sia stato soprattutto il fraintendimento del monogramma PPAM (inscritto in un cuore sormontato da una croce), all'epoca interpretato come firma di Pellegrino Pellegrini, ad aver portato il conoscitore e chi dopo di lui ebbe modo di vedere e valutare i disegni all'errata attribuzione al Tibaldi; ancora nel 1939, Giovanni Rocco parla in questi termini del marchio dell'album nella sua pubblicazione dedicata all'impegno dell'artista della Valsolda presso il Duomo di Milano. Dopo la morte del Morbio, la figlia Giulia, moglie dell'imprenditore tessile Benigno Crespi, cede gran parte della collezione paterna al libraio Theodor Ackermann che la vende in varie aste a Lipsia. Un altro mercante tedesco, il già citato Böhler, fa da mediatore per il ritorno dei disegni a Milano.
Tornando al monogramma, qui assente, il suo significato è intuito da Thurber (1994): Pompeo Pedemonte Architetto Mantovano. Thurber per primo collega il disegno all'entrata di Enrico III di Valois a Mantova il 2 agosto 1574. Carpeggiani conferma l'ipotesi (brevemente nel 1994 e in maniera più approfondita nel 2002). Per il passaggio del re, diretto in Francia per l'incoronazione, la città gonzaghesca, come le altre toccate dal corteo, si dota di apparati effimeri in onore del regnante straniero. Un antico resoconto degli allestimenti di Blaise De Vigenère (1576) è citato da entrambi gli studiosi, che mettono in relazione il disegno di Pedemonte con l'arco n. V. I preparativi cominciarono nel 1574 e, tra i tanti progetti, si prevedeva un giardino effimero per la porta della Guardia dalla quale si accede - ancora oggi - a piazza San Pietro. Giovanni Battista Bertani, prefetto delle fabbriche ducali, era malato e Teodoro di Sangiorgio, segretario de facto di Guglielmo Gonzaga, dovette dunque rivolgersi a Pedemonte. Il poco tempo a disposizione e il confronto difficile da sostenere con Ferrara, dove il corteo regio sarebbe passato prima di giungere a Mantova, spinsero il Sangiorgio a limitare al minimo la costruzione di nuove strutture, privilegiando invece la decorazione di quelle già esistenti. Nel caso della porta della Guardia, per dare più risalto all'antica struttura, Pedemonte prevede una decorazione ad affresco (della quale resta qualche traccia) a creare, virtualmente, un arco più alto e trionfale di quello realmente esistente. Il disegno di Pompeo Pedemonte prevede un'alternativa per la parte sommitale della porta: invece della terrazza, una pergola retta da quattro coppie di colonne e popolata da figuranti. Dall'illustrazione citata del De Vigenère, dove dieci puttini musicanti sembrano ballare sulla balaustra sommitale, deduciamo che il progetto definitivo per la cima dell'arco fu modificato rispetto alle proposte attestate dal foglio in esame.

Collocazione

Milano (MI), Civiche Raccolte Grafiche e Fotografiche. Gabinetto dei Disegni

Credits

Compilazione: Beretta, Giuseppe (1939)

Aggiornamento: Scianna, Eleonora (2021)

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