Prospetto principale per la villa Sardini a Pieve Santo Stefano

ambito lucchese

Prospetto principale per la villa Sardini a Pieve Santo Stefano

Descrizione

Ambito culturale: ambito lucchese

Cronologia: ca. 1761 - ca. 1769

Tipologia: disegno

Materia e tecnica: carta / inchiostro a penna, acquerello, grafite

Misure: 386 mm x 232 mm

Descrizione: il disegno, che conserva tracce della preliminare costruzione a grafite, è eseguito con tiralinee e compasso con inchiostro nero a penna e con inchiostro bruno per le parti ornamentali; le ombreggiature sono campite con acquerello grigio; il supporto è di carta avorio

Notizie storico-critiche: Nell'"Indice de Disegni" del tomo nel quale era rilegato il disegno, insieme agli altri prospetti del gruppo, viene definito: "Elevazioni diverse relative alle stesse piante" (il rimando è alle "piante per riattare l'antica villa di Casa Sardini alla P. S. Stefano").
Si tratta di un'ipotesi progettuale che aveva preceduto quella che, a partire dal 1774, aveva portato il marchese alla riedificazione della villa a Pieve Santo Stefano in forme neo palladiane (disegni conservati in Milano, Collezione Sardini Martinelli inv. 9,47; 9,79; 9,126; 9,54; 9,96; 9,67. Sulla villa si veda da ultimo P. Bertoncini Sabatini, Il palazzo lucchese di Giacomo Sardini (1780-1811): un "intendente" di architettura tra Illuminismo e Romanticismo, in Le dimore di Lucca, Firenze 2007; l'autore non aveva avuto modo di esaminare i fogli citati, in quanto esclusi dalla consultazione per motivi di conservazione). Preesisteva in loco un edificio per il quale il padre di Sardini, assente da Lucca, aveva affidato al fratello Lodovico, tutore dei figli, il compito della "restaurazione della casa" (Archivio di Stato di Lucca, Archivio Sardini =AS, n. 98, cc. 46, 158). Egli si era attivato particolarmente dopo la morte del fratello, avvenuta nel 1761, poiché più tardi Giacomo, nel descrivere un momento denso di preoccupazioni finanziarie, annoterà: "erami impegnato in una casa di campagna, che mio zio e tutore mi aveva costretto ad intraprendere per la quantità di fabbriche accessorie, che aveva egli preparato" (AS, n. 128 Memorie ... M. Teresa Sardini, c. 5). In un altro scritto, composto una volta ultimata la villa secondo il progetto definitivo, Sardini ribadiva il coinvolgimento dello zio in una precedente ristrutturazione: "L'ala verso mezzogiorno fu costruita sopra un vecchio fondamento, che mio zio aveva fatto fabbricare con un'altra idea e non ha dato alcun movimento..." (AS, N. 129 Memorie della famiglia Sardini, pp. 58-61). Alle ambizioni che Lodovico Sardini poteva aver espresso tra il 1761 e il 1769, anno della conclusione dell'iter formativo romano di Giacomo, riteniamo plausibile accostare un gruppo di disegni della Collezione Sardini Martinelli (inv. 7,13; 7,16; 7,17; 7,18; 7,18bis; 7,19; 7,20). Sabatini (1993) li aveva letti come primo progetto della villa risalente alla committenza di Giacomo, attribuendoli alla mano dello stesso. Tuttavia il confronto con altri disegni sicuramente eseguiti da Sardini porta ad escludere la sua paternità per questo gruppo che, pur presentando qualche incertezza nel ductus, palesa una padronanza del mezzo grafico più convincente di quella dimostrata dal nobile dilettante di architettura. L'analisi congiunta di tali elaborati con gli altri incentrati sulla fabbrica di Pieve Santo Stefano e presenti nella Collezione rivela come essi abbiano costituito, prima di por mano alla sostanziale riedificazione della villa, la base fornita dal marchese a disegnatori di sua fiducia per immaginare un casino di caccia su due livelli con stanze per gli ospiti (ibidem inv. 9,76; 9,26; 9,31 e prima 7,14; 7,15 e ms 9,108ter). Nel progetto in esame, che riteniamo risalente alla committenza di Lodovico, le modeste strutture murarie esistenti venivano inglobate in un edificio più ampio di pianta quadrangolare con ali aggettanti sulla facciata lunga che ripartivano il prospetto in tre porzioni (vedi planimetrie inv. 7,13; 7,17). La parte centrale del prospetto principale, come si osserva nel presente foglio, era nobilitata da uno scalone a doppie rampe contrapposte, quella della facciata posteriore era scandita da un porticato coronato da una lunga terrazza (vedi inv. 7,19). L'accesso delle carrozze, a guisa di corridoio, attraversava l'edificio nell'asse mediano al piano terreno. La struttura consisteva di due piani e di un mezzanino sotto le coperture.
Scartato il nome di Sardini, l'attribuzione del progetto è da mantenere comunque in ambito locale soprattutto osservando il disegno in esame. Se lo scalone riprende una tipologia consolidata nell'architettura lucchese (basti pensare al palazzo Cittadella e all'Offizio della Foce a Viareggio, a pochi passi da una delle dimore dei Sardini), l'accento di estroflessione conferitogli e la mirata distribuzione dei balaustrini sembrano prefigurare l'invenzione di Ottaviano Diodati per il balcone del piano nobile di palazzo Tucci a Lucca (sulla stessa via di palazzo Sardini). Inoltre alcuni dettagli decorativi come l'orologio tra volute e le fontane con mascheroni, sono accostabili con soluzioni prospettate da Giovan Francesco Giusti. La tipologia delle aperture del piano nobile, che tornerà poi nel palazzo Sardini di città, rivela una riflessione sulle invenzioni di Domenico Martinelli per le finestre del castello di Austerlitz, forse maturata attraverso lo studio dei disegni presenti a Lucca.

Collocazione

Milano (MI), Civiche Raccolte Grafiche e Fotografiche. Gabinetto dei Disegni

Credits

Compilazione: Dallaj, Arnalda (2008)

Aggiornamento: Dallaj, Arnalda (2009)

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

NOTA BENE: qualsiasi richiesta di consultazione, informazioni, ricerche, studi (nonché documentazione fotografica in alta risoluzione) relativa ai beni culturali di interesse descritti in Lombardia Beni Culturali deve essere inoltrata direttamente ai soggetti pubblici o privati che li detengono e/o gestiscono (soggetto o istituto di conservazione).