Stipo
Mazzucchelli Pier Francesco detto il Morazzone; Berthelot, Guillaume
Descrizione
Identificazione: Allegorie dei cinque sensi
Denominazione: Stipo Passalacqua
Autore: Mazzucchelli Pier Francesco detto il Morazzone (1573-1626), autore dei dipinti su rame; Berthelot, Guillaume (1575 (?)-1648), autore delle sculture
Ambito culturale: bottega milanese
Cronologia: 1613
Tipologia: arredi e suppellettili
Materia e tecnica: legno di noce / intaglio, intarsio; radica di noce; legno di sandalo; legno di ebano; canna d'India; avorio / intaglio; bronzo / doratura; argento; rame / pittura a olio; cristallo di rocca; diaspro; rubino; zaffiro; smeraldo; rame / doratura
Misure: 154.5 cm x 81.5 cm x 207 cm
Descrizione: Lo stipo consta di due parti: quella inferiore e con sei cariatidi poste sugli angoli, ha due sportelli con le specchiature in radica di noce profilate da cornici modanate che chiudono un vano, mentre quella superiore ha la parte frontale ribaltabile ad uso di scrittoio con riquadri sempre in radica di noce, ma contornati da cornici intarsiate a motivo di volute di foglie d'acanto. L'interno di questa parte dello stipo è a forma di prospetto architettonico scompartito in due ordini (tuscanico e ionico) con nicchie, e balaustra in alto. Ogni finestra contiene una statuetta d'avorio raffigurante l'allegoria di uno dei cinque sensi posta rispettivamente sopra a un piccolo dipinto su rame. I cinque oli, collocati sotto sottili lastre di cristallo di rocca, sono racchiusi entro cornicette di argento e rame dorato. Sempre in materiali preziosi furono eseguite pure le basi e i capitelli delle colonne, mentre per la balaustra in alto, per gli angoli al di sopra degli archi delle due finestre dell'ordine inferiore e per le basi delle colonne si scelsero delle formelle di diaspro, e nei frontespizi sopra ogni finestra furono posti un rubino (Gusto), due zaffiri (Vista e Tatto), due smeraldi (Odorato e Udito). Il citato prospetto architettonico si apre in cinque sportelli [continua in AN]
Notizie storico-critiche: Ogni finestra contiene una statuetta d'avorio raffigurante l'allegoria di uno dei cinque sensi posta rispettivamente sopra a un piccolo dipinto su rame raffigurante Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso (Gusto), La moglie di Lot tramutata in statua di sale (Vista), Oza che muore per aver toccato l'arca di Dio (Tatto), Saul che si uccide per aver dato ascolto alla Pitonessa (Udito) e Iddio che rifiuta di ascoltare i giovani che hanno odorato fiori davanti all'altare (Odorato). I cinque oli, collocati sotto sottili lastre di cristallo di rocca, sono racchiusi entro cornicette di argento e rame dorato. Sempre in materiali preziosi furono eseguite pure le basi e i capitelli delle colonne, mentre per la balaustra in alto, per gli angoli al di sopra degli archi delle due finestre dell'ordine inferiore e per le basi delle colonne si scelsero delle formelle di diaspro, e nei frontespizi sopra ogni finestra furono posti un rubino (Gusto) perché il Matthiolo al cap. 94 del libro quinto dice che "si mette nelle medicine cordiali, ne' restaurativi, e ne' pretiosi lettovari, che si compongono per la peste, per i veleni, e per vivificare il cuore... "; due zaffiri (Vista e Tatto) poiché tale pietra era ritenuta miracolosa contro le affezioni alla vista e per sanare le ferite; e due smeraldi (Odorato e Udito) perché l'Odorato "si veste di verde, conciosiacosache della verdura delle frondi, come dice il sopradetto Ripa, si raccogliono li fiori da odorare". Ancora da mettere in relazione ai cinque sensi sono i piccoli dipinti racchiusi entro i tondi collocati lungo la cornice marcapiano raffiguranti orecchie, nasi, occhi, bocche e mani alternate a frutti. Al centro dell'ordine inferiore, su di una tavoletta estraibile, vi è un gruppo in bronzo che rappresenta la Ragione trascinata dai sensi. "La Ragione - scrive l'erudito - è una giovane armata di corsaletto, cinta con fascia carica di numeri aritmetici, con nude braccia, con elmo in testa, sopra cui è posta una corona d'oro, benché l'elmo ancora si potrebbe dir, indorato: gli animali appropiato a' Sensi, che la tirano fuor di casa, sono di quelli appunto, che si giudicano esser superiori, e prevalere all'huomo in detti Sensi, cioè il Lineo, e Lupo Cerviero, il Porco cignale, la Scimia, il Ragno e l'Avoltoio". Sull'architrave della porta da cui esce il citato gruppo bronzeo è l'iscrizione composta dal Lucini e volle che sopra tale scritta venisse collocato lo stemma della sua famiglia. Ai lati della finestra dell'ordine superiore furono poste due piccole pitture su rame circondate da trofei d'argento cesellato raffiguranti l'allegoria del Peccato ("che è giovane, cieco, ignudo, e nero; che va per vie aspre, e precipitose; cinto a traverso da un serpe; con un verme, che penetrando il lato manco, gli rode il cuore; Sotto '1 cui ovato stanno pendolonè tre festoni di triboli, e spine pieni, attributi del peccato") e della Morte ("ed è un'ossatura, come ordinariamente si dipinge con una falce fenaia in mano, sotto il cui ovato stanno pendenti altrettanti festoni pieni di varie cose come libri, armi collane, corone, scettri, mitre, ed altre per denotare, che la morte non perdona a qual si voglia stato di viventi") (Nicodemi 1941, p. 289). L"'artificiosissimo scrittorio", probabilmente completatato intorno al 1613, si presenta come il frutto dell'invenzione del nobile canonico che volle rappresentare la seguente riflessione morale: "Quando la Ragione si lascia guidar dal Senso le cose vanno male". E poiché "l'Architettura di quello è la casa della Ragione: non frenando ella i sensi, per aver lasciate le redini: ne li gastiga, per aver lasciato cader lo staffile, eh' ella doveva tener nelle mani per valersene; a gran furia vien da essi tirata fuor di quella: come lo rappresenta una statua di lei posta sopra di un carro di due ruote all'antica, tirato fuori de la detta casa da' detti Sensi, non in atto trionfante, come do-verebbe, ma cadente". Come avverte lo stesso Lucini, per elaborare tutto il complesso apparato iconografico egli si avvalse di una delle edizioni dell'Iconologia del Ripa e, per l'architettura, del trattato dei Cinque ordini del Vignola; per la realizzazione delle opere di ebanisteria impegnò poi i migliori artigiani allora attivi a Como, che fece lavorare in casa propria per poter seguire direttamente le varie fasi di costruzione del mobile. Il loro nome non è ricordato nello scritto del canonico e quindi si può solo supporre, sulla scorta di quanto detto dal Nicodemi, che il Passalacqua si sia rivolto ai fratelli Camillo e Giambattista Lucini, ad Abondio Vittani, a Paolo Annone o a Giuseppe Corti, autori delle sedie corali dei Canonici del Duomo di Como iniziate nel 1619. Figure simili alle nostre e poste a sorreggere un architrave sormontato da mensoloni si trovano anche nel coro della chiesa di San Sigismondo a Cremona, realizzato entro il 1603 da Domenico Capra in collaborazione con i figli, mentre le teste di leone [continua in AN]
Collezioni: Collezione dei mobili del Museo delle Arti decorative del Castello Sforzesco, Collezioni delle Civiche Raccolte d'Arte Applicata del Castello Sforzesco
Collocazione
Milano (MI), Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco. Raccolte d'Arte Applicata
Credits
Compilazione: Colle, Enrico (1996); Zanuso, Susanna (1996)
Aggiornamento: Vertechy, Alessandra (2014)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/5q030-00102/
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