Padre Eterno con S. Siro, S. Teodoro e S. Agostino proteggono la città di Pavia durante l'assedio dei Francesi del 1522
Maestro delle Storie di Sant'Agnese (?) (attribuito)
Descrizione
Autore: Maestro delle Storie di Sant'Agnese (?) (attribuito) (attivo a Pavia 1506 - 1530 circa), esecutore
Ambito culturale: scuola lombarda
Cronologia: ca. 1522
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: intonaco / pittura a fresco; finiture a secco
Misure: 600 cm x 500 cm
Descrizione: Veduta della città di Pavia ripresa da sud, al centro in primo piano la sinopia dell'imponente S. Antonio abate, titolare della cappella e protettore del Borgo Ticino. Alle sue spalle la città entro la cinta muraria con le alte torri. Il castello ben delineato, ancora intatto con le quattro torri, l'originaria facciata prospettante a ovest, le mura e la Cittadella. Nella porzione tra S. pietro in Ciel d'oro e il Castello si allunga verso Porta S. vito il cosiddetto Salone dei goichi ducali. Dietro il Castello il Bagno della Duchessa Isabella e il Castello di Mirabello e la recinzione del Parco ducale a proseguimento della cinta urbana. Vari armigeri e il drappello di soldati che esce dal ponte levatoio del castello per accorrere in difesa delle mura occidentali abbattute, si riconoscono due vessilli, uno rosso con aquila bicipite imperiale, seguita da uno con croce rossa in campo bianco del Ducato di Milano. Nel cielo nuvoloso campeggiano il Padre Eterno, i tre monumentali Santi patroni di Pavia Teodoro, Siro e Agostino che proteggono la città dall'assedio, accompagnati da un angioletto nudo con iscrizione e al centro un angelo con cartiglio.
Notizie storico-critiche: La prima campata della navata minore sinistra conserva due straordinarie Vedute di Pavia, a volo d'uccello, eccezionale documento iconografico dell'assetto urbanistico della città nel periodo rinascimentale.
Sulla controfacciata è collocata la seconda versione, la definitiva. L'affresco, strappato e riportato su tela, un tempo ricopriva il primitivo incompiuto, avente il medesimo soggetto, attualmente posizionato sulla parete laterale. Nel 1956, in occasione dei restauri condotti dal milanese Ottemi Della Rotta, ci si rese conto dell'esistenza di un secondo affresco occultato e si procedette al recupero. L'eccezionalità di questo rinvenimento non risiede nella scoperta, non rara, di un palinsesto, quanto piuttosto nel ritrovamento di due affreschi, di medesimo soggetto, praticamente uguali, posti l'uno sopra l'altro.
Le vedute vengono commissionate dal colto parroco Giovanni Luchino Corti, nell'ambito del generale rinnovamento della chiesa da lui promosso intorno al 1510. Terminati i lavori di restauro, ha inizio la campagna di decorazione pittorica secondo un programma iconografico di "esemplare chiarezza narrativa" suggerito probabile dal raffinato parroco umanista (che detta anche un epigramma latino, in cui compare il suo nome, dipinto nella seconda versione sulle mura della città, oggi non più leggibile). La peculiarità dell'affresco è che la città, da sfondo diventa vera protagonista della composizione. Si tratta di una precisa ricostruzione topografica che si propone di rendere in prospettiva, seppur non sempre esatta, la struttura d'assieme della città, in cui è possibile riconoscere ogni singola architettura.
All'interno di un tessuto urbano così esatto e particolareggiato, viene lasciato spazio alla narrazione storica, infatti viene immortalato il momento in cui Pavia è caduta sotto il dominio francese, e anche alla vita domestica che tutti i giorni qui si svolge: lavandaie, contadini, animali rappresentati nelle mansioni che sono loro proprie. La particolarità di questa veduta cittadina sta proprio nella fusione di elementi eterogenei, quali la narrazione storica, la rappresentazione della città e la vita quotidiana che qui si svolge. Nell'esatta rappresentazione dei principali edifici cittadini prevale la cromia rosata del laterizio, il materiale di costruzione più diffuso a Pavia, che caratterizzava la maggior parte delle architetture. L'affresco viene realizzato come "singolare ex voto civico" per ringraziare Federico Gonzaga, duca di Mantova, che aveva difeso la città dall'assedio francese del Lautrec del 1522, si presta anche ad una rilettura in chiave antifrancese. Le scene di guerra e le numerose iscrizioni esplicative trascritte dagli storici locali e un tempo leggibili sull'affresco, non lasciano dubbi circa l'identificazione del momento raffigurato. Un distico latino, dettato dal poeta umanista mantovano Mario Equicola (morto nel 1525), probabilmente al seguito di Federico Gonzaga a Pavia nel 1522, era volta ad esaltare la figura del Gonzaga come salvatore della città. Entrambe le vedute colgono Pavia, contenuta entro la cinta urbica, da sud, solo che nella redazione finale è rappresentata anche la sponda destra del Ticino, del Borgo, in cui si riconoscono le lavandaie con i panni, il fiume solcato da imbarcazioni e il Ponte Coperto.
Queste rapide figurine, appena abbozzate, ma di grande efficacia sono rese rapidamente con colore scuro sul fondo chiaro, non sono solo un motivo decorativo, ma hanno un preciso riferimento storico, si apprestano infatti alla difesa della città, attaccata dai francesi nel 1522. Non è ancora stato risolto il problema relativo alle due versioni della Veduta di Pavia che hanno in comune la porzione superiore con l'Eterno Padre, i santi Siro, Teodoro e Agostino e Sant'Antonio abate, titolare della cappella che ricorda la liberazione della città dall'assedio del 1522. Albertario ipotizza che la prima versione, insieme alle figure dei santi patroni e alla decorazione della volta con raffinate grottesche su sfondo giallo, sia da ricondurre all'intervento del "Maestro delle Storie di S.Agnese", mentre la seconda redazione con l'icastica e monumentale immagine di S. Antonio abate, presenta certe durezze di segno che fanno pensare all'intervento di un secondo pittore, forse il Lanzani. Tanzi, invece, nel 1988 ascrive entrambe le versioni al Maestro delle Storie di S.Agnese. Inoltre, Inoltre, allo stato attuale degli studi non è chiara la motivazione per la quale la veduta fu rifatta: si esclude l'errore del frescante nella valutazione dello spazio, il quale aveva a disposizione la sinopia, disegno preparatorio con il quale avrebbe potuto calcolare bene le dimensioni. Si è pensato ad una ragione storica, forse la rappresentazione così precisa dell'assedio francese alla città infastidiva qualcuno. Le numerose iscrizioni presenti sulla seconda versione, non è dato sapere se fossero presenti anche sulla prima, costituiscono quindi un altro dilemma.
Collocazione
Provincia di Pavia
Credits
Compilazione: Arisi Rota, Anna Paola (2005)
Aggiornamento: Manara, Roberta (2014)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/CEI10-50851/
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