Accusa segreta
Hayez, Francesco
Descrizione
Identificazione: Figura femminile
Autore: Hayez, Francesco (1791-1882), esecutore
Cronologia: post 1847 - ante 1848
Tipologia: pittura
Materia e tecnica: tela / pittura a olio
Misure: 120 cm x 153 cm ; 172 cm x 20 cm x 201 cm
Descrizione: Una giovane e sensuale donna veneziana, con un impalpabile velo nero, trattiene con la sinistra un lembo della veste stropicciata, dalla generosa scollatura, in raso verde cangiante, reso con rara maestria e una maschera che si è appena levata. Il dipinto ha un messaggio nascosto, "criptato", la dama velata e discinta, dal volto arrossato e solcato da lacrime, è tormentata da un duplice sentimento di amore e odio nei confronti dell'amante che l'ha tradita. Il pallido volto, dall'espressione contratta e tormentata, rivela tutto il dramma interiore che la donna sta vivendo. E' colta nel momento in cui, protesa in avanti nell'atto di incedere verso lo spettatore, ordisce la vendetta e decide di deporre, nella bocca del leone scolpito sulla sinistra (la celebre e terribile gola di leone presente in palazzo ducale a Venezia destinata ad ingoiare le denunce di delatori anonimi contro i cospiratori), un foglio, che trattiene nelle destra, con il quale accusa il suo amante, presso il Tribunale dell'Inquisizione, di cospirare contro la Serenissima. Sul foglio di denuncia l'iscrizione: "S.S. Eccellenze/ i tre Cai/ del Consejo dei X". Oltre gli archi trilobi del loggiato di palazzo ducale, una suggestiva veduta assolata della laguna di Venezia, con gondole,palazzi e la chiesa della Salute.
Notizie storico-critiche: Il dipinto entra a far parte delle collezione dei musei pavesi nel 1919 (nel 1924 risulta inventariato nel patrimonio della Civica Scuola di Pittura, da cui poi passa ai musei nel 1936), tramite la donazione di Maria Marozzi, figliastra dell'ingegner Giuseppe Marozzi, ricco possidente terriero, mecenate e cultore d'arte che verso metà Ottocento organizza una prestigiosa raccolta acquistando importanti dipinti di artisti a lui contemporanei. Il quadro giunge nella casa pavese di Marozzi, subito dopo la sue esecuzione, da collocarsi tra il 1847 e 1848, con "La Signora di Monza" di Giuseppe Molteni. Le due opere sembrano costituire un pendant: hanno dimensioni simili, una medesima ricca cornice in stucco dorato, una sola figura di donna sventurata, sensuale ed infelice accomunate dal senso di colpa, costituiscono due "esempi straordinari della diversa e altissima concezione della pittura 'letteraria' da parte dei due protagonisti della scena pittorica milanese di metà Ottocento" (S.Zatti).
Il quadro è databile tra il 1847 e il 1848 sulla base di quanto afferma il letterato di origini bresciane Luigi Toccagni nell'Album dell'Esposizione di Belle Arti in Milano del 1850, nel quale l'iconografia e l'ideazione dell'opera viene ampiamente descritta e anche illustrata da un'incisione di Giuseppe Barni. Il critico ricorda, inoltre, di avuto modo di ammirare due o tre anni prima nello studio del celebre pittore veneziano un quadro che rappresentava tale soggetto. "Accusa segreta" è il primo ad essere eseguito (1847-1848) di un gruppo di tre dipinti ad olio su tela che Hayez dedica al tema tardo-romantico della delazione per motivi amorosi. Di questo ideale trittico fanno parte "Il consiglio alla vendetta" (Waduz-Vienna, collezione Fursten von Liechtenstein) esposto a Brera nel 1851, in cui la perfida Rachele consiglia all'amica Maria la vendetta nei confronti dell'amante che l'ha tradita e "Vendetta di una rivale - Le veneziane" (già in collezione Borletti di Milano, ora in ubicazione sconosciuta) del 1853. I dipinti rappresentano l'antefatto e l'atto conclusivo, cioè il compimento della vendetta della giovane e infelice Maria. L'ideazione iconografica di questo "trittico" viene elaborata da Hayez con l'amico poeta e collezionista triestino Andrea Maffei, il quale nel medesimo lasso di tempo, lavora a due romanze sullo stesso tema della vendetta per amore: 'Le veneziane' (cui si riferisce il dipinto omonimo) e 'La vendetta', della quale i due primi dipinti di Hayez sembrano una fedele trasposizione pittorica. I due componimenti poetici vennero pubblicati solo nel 1858, quindi posteriormente all'esecuzione dei tre dipinti, rimane infatti aperta la questione della precedenza delle idee tra invenzione letteraria e redazione pittorica. In una lettera al pittore veneziano, da Recoaro 20 luglio 1850, Maffei sembra suggerire che le due romanze fossero state pensate come commento ai quadri e che alcuni versi dovessero essere apposti sulle cornici per aiutare a decifrare il contenuto dei dipinti. A testimoniare lo scambio di idee tra i due, tre le carte del pittore (ora presso la Biblioteca Nazionale Braidense a Milano) si trovano fogli, stampati in leggera carta colorata, con i versi del Maffei. In questo dipinto, eseguito tra il 1847 e il 1848, Hayez, abbandona le tematiche a lui molto care, realizzate nei anni Trenta e Quaranta, delle storie medioevali, dei fatti storici realmente accaduti, dei personaggi reali, di grande famiglie aristocratiche, per avvicinarsi a leggende e a miti ambientati a Venezia, considerata dalla cultura europea enigmatico palcoscenico di intrighi amorosi e politici. Questo indubbio capolavoro si distingue dal punto di vista formale soprattutto per una ricercata analisi luministica e cromatica, per la finezza di segno e di colore e per l'assoluto magistero nella resa delle superfici, ma anche per la freschezza inventiva, l'introspezione psicologica e la rappresentazione degli affetti.Nella composizione pittorica si riconoscono soluzioni formali di qualità elevata, nel taglio scenografico dell'ambientazione architettonica e paesaggistica; nella rappresentazione da vicino del viso tormentato della donna; nella resa virtuosistica dei tessuti, la trasparenza del velo nero e la preziosità della seta cangiante dell'abito stropicciato; nell'utilizzo impeccabile della luce e del controluce che "staglia i contorni della silhouette sullo sfondo ombroso di Palazzo Ducale e di una Venezia assolata e afosa", quasi fosse una ribalta teatrale (S.Zatti). Potrebbe leggersi anche come un'allegoria della città lagunare, individuata come città dell'intrigo e della seduzione, del conflitto tra ragioni del cuore e ragion di Stato che ha accostato il dipinto al racconto di Camillo Boito "Senso" pubblicato nel 1888, in cui sono trattati temi che tanta parte hanno avuto nella narrativa di fine Ottocento quali la passione in forma travolgente, l'idea della vendetta, il binomio amore-morte.
Collezione: Quadreria dell'Ottocento
Collocazione
Pavia (PV), Musei Civici di Pavia
Credits
Compilazione: Damiano, Sara (2007)
Aggiornamento: Manara, Roberta (2014)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/F0060-00025/
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