Sfera
Zauli Carlo
Descrizione
Autore: Zauli Carlo (1926/ 2002), autore
Cronologia: 1975
Tipologia: scultura
Materia e tecnica: bronzo a fusione
Misure: 14 cm x 12 cm
Descrizione: massa sferica quasi spaccata in due; alle estremità, due calotte dalla superficie liscia e lucente; in mezzo a queste, contenuto materico scavato da profondi solchi
Notizie storico-critiche: La stessa scultura appare raffigurata nel catalogo di una mostra personale di Zauli tenutasi nel 1977 in Giappone, presso il Museo d'Arte Contemporanea di Umeda (Carlo Zauli 1977, fig. A-9).
Grazie ai dati pubblicati nel catalogo è stata possibile la datazione al 1975 di questo esemplare (0/3), non essendo presente sul bronzo alcuna data accanto alla firma.
La forma della sfera comincia a divenire dominante nell'arte di Zauli a partire all'incirca dal 1968: la ricerca dello scultore segue un processo che vede la sfera dapprima solcata nella sua perfezione da una fenditura minima e infine - attraverso fasi successive in cui l'apertura lentamente si allarga - definitivamente spaccata tra i due emisferi a mostrare il proprio contenuto materico (Vivaldi C. 1973).
La scultura della collezione Lajolo appare dunque appartenere a quest'ultima fase del processo.
Il materiale comunemente utilizzato da Zauli è il gres, ma numerosi sono anche i lavori in bronzo.
La conquista del bronzo avviene con gli anni '70 e sottolinea in maniera ancor più decisa l'allontanamento di Zauli dal ruolo di maestro ceramista verso quello di scultore a pieno titolo. Su questo passaggio Davide Lajolo si sofferma a lungo in un testo scritto a presentazione di una mostra dell'artista a Imola, in cui accenna a una polemica con Floriano Bodini, nato scultore e maestro della tecnica di fusione, e mette Zauli a confronto con grandi nomi della scultura contemporanea quali Fontana, Leoncillo, Giò e Arnaldo Pomodoro (Lajolo D. 1976).
Osservando i lavori in bronzo dell'artista emiliano, il critico giapponese Yoshiaki Inui nota che la variante sostanziale prodotta dall'uso del diverso materiale risulta consistere nell'importanza maggiore che assume il ritmo delle luci e delle ombre sulla superficie metallica, fatto che provoca uno spostamento dell'accento dalla natura materica del grumo di terra alle sue vibrazioni luminose, regalando alla scultura "un'ampiezza spaziale piena di dinamismo" (Inui 1977, pag.6).
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