NINFE E SATIRO

Pippi Giulio detto Giulio Romano; Guazzi Anselmo (attr.); Agostino da Mozzanica (attr.)

NINFE E SATIRO

Descrizione

Autore: Pippi Giulio detto Giulio Romano (1499 ca./1546), ideatore; Guazzi Anselmo (attr.) (notizie 1527-1544), esecutore; Agostino da Mozzanica (attr.) (1504 ca./1544), esecutore

Cronologia: post 1527 - ante 1527/10/15

Tipologia: pittura

Materia e tecnica: affresco finito a secco

Misure: 72 cm x 55.5 cm

Notizie storico-critiche: Nella consueta economia d'ambientazione, qui ridotta a una piano di calpestio e al fondo scuro, risaltano le sole figure della scena, come in un antico bassorilievo marmoreo: due fanciulle, un satiro, un putto. La finzione di un quadro incastrato nella parete e rimarcato dal bordo rosso a mo' di cornice e il ricorso, appunto, ad uno sfondo molto scuro - quasi nero - sul quale si stagliano le figure sono elementi esemplati sul modello della pittura pompeiana. L'azione è stata interpretata come episodio di scherno o tormento da parte delle due fanciulle nei confronti del satiro. Se non vi sono dubbi circa l'identificazione di quest'ultimo, caratterizzato dai consueti attributi iconografici, più discussa è la questione relativa all'identità delle due donne, da taluni definite ninfe, da altri menadi (così Belluzzi, al quale si rimanda in bibliografia): nessun attributo specifico può infatti far propendere con certezza verso l'una o l'altra proposta. Belluzzi, inoltre, si dissocia da Verheyen, che interpreta la figura femminile di sinistra accompagnata dal putto come Venere. L'episodio - tratto da quell'universo di ninfe, satiri e baccanti presente nelle narrazioni ovidiane e già messo in scena nelle storie di questo ambiente non senza esplicite allusioni erotiche - vede un satiro al centro di due figure femminili: quella alla sua destra in atto di respingerlo con un braccio, quasi a voler difendere il putto che, spaventato, si nasconde dietro di lei, tra le pieghe della lunga veste; quella alla sua sinistra impegnata ad afferrarne con una mano un corno, con l'altra la coda. L'espressione noncurante e divertita del satiro, unita a dettagli come la carezza sotto il mento della fanciulla alla sua sinistra, la lingua esposta e il fallo in erezione, non lasciano dubbi circa l'atmosfera erotica di questo episodio: gli stessi caratteri si osservano nel satiro presente nella scena di "Bacco ebbro", sulla stessa parete. Il tema iconografico della baruffa tra menadi (o ninfe) e satiri trova esempi nell'arte antica e ricorre in un tondo della loggia del Giardino Segreto del medesimo palazzo.
La scena è stata dipinta, come di consueto, dopo la cornice architettonica e pare essere stata eseguita in due fondamentali momenti (v. grafico allegato): il particolare della gonna della fanciulla di destra costituisce infatti una giornata a se stante, anche se é difficile stabilire con sicurezza se sia oppure no una correzione in corso d'opera (pentimento). Come tracce di riporto del disegno si notano considerevoli punti da spolvero soprattutto lungo i limiti della veste della fanciulla di sinistra e il profilo del putto. Il fallo del satiro presenta una lacuna, forse determinata da intenzionale danno meccanico e integrata pittoricamente in un momento non precisato. Si sottolinea, infine, il consueto ricorso a battiture di corda orizzontali e verticali nel disegno della cornice (in particolare sul lato destro del riquadro).
La pittura, pur depauperata dalla caduta di finiture a secco, rivela un'attenzione particolare agli effetti di luce sulle mobili pieghe delle vesti e una cura nella resa dei corpi, in specie del busto del satiro: tali caratteristiche tendono a distinguere il fare pittorico di questa scena da quello osservato in "Bacco ebbro", sulla stessa parete, e ad avvicinarlo in parte allo stile più accurato e qualitativamente superiore delle scene della parete Sud.

Collocazione

Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te

Credits

Compilazione: Marocchi, Giulia (2007)

Aggiornamento: Pisani, Chiara (2011)

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