FIGURE MITOLOGICHE/ FIGURE PROFANE/ STORIE DELLA VITA DI DAVID/ MEDEA UCCIDE I SUOI FIGLI/ AMAZZONOMACHIA
Dalmaschio Luigi; Pellegrini Giovanni
Descrizione
Autore: Dalmaschio Luigi (notizie fine sec. XVIII - inizio sec. XIX), esecutore; Pellegrini Giovanni (notizie fine sec. XVIII - inizio sec. XIX), esecutore
Cronologia: ca. 1790 - ca. 1791
Tipologia: scultura
Materia e tecnica: gesso
Misure: 6.12 m x 9.7 m x 4.12 m
Notizie storico-critiche: La camera del Sole e della Luna rientra tra gli ambienti del palazzo interessati, dalla metà dell'ottavo decennio del Settecento, da un complessivo progetto di recupero e valorizzazione promosso dal governo austriaco e affidato alla Reale Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Mantova. In tale contesto si inserisce l'opportunità - fortemente voluta dall'intendente politico di Mantova e prefetto accademico Giambattista Gherardo d'Arco, sotto il cui indirizzo si svolgono i restauri del palazzo tra 1786 e 1790 - di abbellire alcune stanze della villa giudicate particolarmente spoglie. La soluzione proposta è quella di arricchire le pareti di questi ambienti - in particolare quelli dell'ala meridionale, che seguono la Camera dei Giganti - con calchi di stucchi giulieschi presenti nel palazzo (e in particolare i meno visibili per l'altezza della loro collocazione) o di rilievi antichi conservati nel Museo cittadino: scelte che sono ritenute filologicamente corrette rispetto all'apparato decorativo di Giulio Romano, in confronto al quale soluzioni moderne sarebbero potute apparire come presuntuose aggiunte.
Tra le iniziative in tal senso programmate, l'unica realizzata risulta quella riguardante le pareti della Camera del Sole e della Luna, ornate da bassorilievi tra 1790 e 1791. Sotto la guida di Giovanni Bellavite, professore di Ornato e di Plastica presso l'Accademia di Belle Arti dal 1772, infatti, i due allievi formatori Luigi Dalmaschio e Giovanni Pellegrini realizzano per le pareti di questo ambiente trenta calchi in gesso e dodici mensole sostenenti altrettanti busti (calchi di originali antichi), come enunciato dal preventivo di spese firmato da Pozzo e Bellavite il 9 ottobre 1790 e dal contratto sottoscritto dai due allievi in data 7 dicembre 1790 (ASMn, Intendenza Politica, b.222, fasc.17).
Le pareti lunghe sono abbellite da undici bassorilievi ciascuna, le corte da quattro. Essi riproducono:
- tutte le medaglie presenti nel fregio della Camera delle Cariatidi (12 tondi piccoli: 8 distribuiti lungo la fascia alta delle pareti Ovest ed Est; 4 collocati lungo la parte inferiore delle pareti Nord e Sud);
- tutte le medaglie delle lunette ai capi della Loggia di Davide (10 bassorilievi sulle pareti Ovest ed Est, di cui 8 modificati in formato rettangolare: 4 sopraporta, 2 tondi grandi centrali, 4 bassorilievi alle estremità);
- alcuni riquadri della volta della Camera degli Stucchi ( 6 bassorilievi: 2 sulle pareti Ovest ed Est, sopra i tondi grandi centrali; 4 lungo la parte alta delle pareti Nord e Sud);
- i fronti di due sarcofagi in marmo di ispirazione greca, all'epoca conservati nel Museo dell'Accademia e oggi esposti nel Museo di Palazzo Ducale, raffiguranti la leggenda di Medea (parete Ovest) e l'Amazzonomachia (parete Est).
Le mensole - quattro lungo ciascuna parete lunga e due su ciascuna parete corta, murate ad una stessa altezza - sostenevano altrettanti busti in gesso realizzati da originali antichi: di questi, undici superstiti furono da qui prelevati nel 1995 e, per ragioni conservative, collocati nei depositi del Museo Civico di Palazzo Te. Contestualmente a questi lavori di arricchimento, si creano finti portali che possano visivamente soddisfare un'esigenza di simmetria, uno dei quali blocca l'accesso al corridoio che disimpegna le camere di Ovidio e delle Imprese. Un ripetuto motivo con due telamoni arricchisce i quattro sopraporta della camera, nei quali sono inseriti quattro dei bassorilievi tratti dalle medaglie delle lunette ai capi della loggia di Davide. La scelta di riprodurre in gesso stucchi giulieschi presenti nel palazzo e opere d'arte antica risponde all'esigenza di non urtare la decorazione originale della villa e, nel contempo, di non voler introdurre confronti azzardati tra l'arte del Pippi e un intervento moderno: l'opera unica e sostanziale alla realtà della villa gonzaghesca, unita ai modelli dell'antico - così presenti e vivi nella poetica di Giulio Romano - si profila come la migliore via percorribile in un discorso di valorizzazione filologicamente corretta e in sintonia con le nascenti istanze di decoro e controllo formale neoclassiche sostenute dall'Accademia di Belle Arti a partire dall'ottavo decennio del Settecento.
Collocazione
Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te
Credits
Compilazione: Marocchi, Giulia (2007)
Aggiornamento: Pisani, Chiara (2010)
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/M0230-00034/
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