ORFEO INCANTA GLI ANIMALI CON LA MUSICA

Pippi Giulio detto Giulio Romano

ORFEO INCANTA GLI ANIMALI CON LA MUSICA

Descrizione

Autore: Pippi Giulio detto Giulio Romano (1499 ca./ 1546), disegnatore / pittore

Cronologia: ca. 1527 - ante 1530

Tipologia: pittura

Materia e tecnica: affresco; affresco finito a secco

Misure: 292 cm x 429 cm

Notizie storico-critiche: La terza campata della parete settentrionale presenta una decorazione ad affresco estesa sull'intera superficie delimitata dalla modanatura architettonica ad arco. Il dipinto, fortemente compromesso da lacune, rappresenta il cantore Orfeo in atto di suonare al cospetto di vari animali: l'episodio trae fondamento letterario sia dalle "Georgiche" di Virgilio (libro IV, vv. 507 e segg.), sia dalle "Metamorfosi" di Ovidio (libro XI, vv. 1-2). la scena è illustrata nella metà inferiore dell'affresco, rispettando il tipo di composizione già osservato nella prima campata della parete. Anche in questo caso, infatti, la parte alta del dipinto è dominata da un cielo azzurro - forse realizzato a smaltino o blu egizio - mentre la metà inferiore è riservata a un ampio paesaggio silvano, in cui trovano spazio i protagonisti dell'evento narrato. Il cielo è solcato da nubi, al di sotto delle quali una striscia colore arancione-rosato annuncia il crepuscolo; in lontananza si apre una catena di monti di tono azzurro chiaro, i cui profili sono addolciti dal chiarore del sole calante; si riconoscono, anche in questo caso, una città arroccata sui rilievi e, nel paesaggio, le acque scorrenti di un fiume. Come nella prima campata, la composizione è segnata dalla verticalità di un albero (una conifera?) dipinto all'estrema sinistra della scena; nella parte opposta, lacerti di pittura restituiscono le linee e le forme di un ricco fogliame: subito al di sotto di tale vegetazione un debolissimo profilo di figura denuncia la presenza del cantore Orfeo, disteso e in atto di suonare una rinascimentale lira da braccio, controcanto strumentale della lira e cetra antiche: lo ascoltano, volgendo attenti il capo e le orecchie in sua direzione, numerosi animali del bosco (e non), tra cui pare di riconoscere uno o due cerbiatti. Nella parte inferiore della parete, il basamento dipinto a imitazione del marmo bianco introduce visivamente la scena, assolvendo alla funzione di una balaustra: l'animale seduto su di esso, in primissimo piano a sinistra, è una scimmia, qui dipinta in scherzosa rottura della finzione illusiva in quanto il suo corpo sporge oltre i limiti dello spazio dedicato alla scena, entrando provocatoriamente in quello dell'osservatore. L'affresco è tematicamente legato alla scena dipinta nella prima arcata cieca della medesima parete, dedicata alla morte di Euridice, consorte di Orfeo; le due favole, benché non espressamente connesse con i soggetti delle lunette e della volta della loggia, mettono in scena figure in parentela tra loro: l'inseguitore di Euridice Aristeo, figlio di Apollo educato dalle Muse, e Orfeo, anch'egli figlio del dio, secondo alcune versioni del mito, nonché cantore caro alle Muse. Il mediocre stato di conservazione del dipinto non consente un'attribuzione univoca da parte della critica: se Intra (1883) attribuisce i due paesaggi a Camillo Mantovano, Carpi (1920) fa i nomi di Rinaldo Mantovano e Benedetto Pagni (cfr. E. Verheyen 1977, p. 115); la critica più recente non avanza ipotesi in merito. Si osserva, sull'affresco, una chiara organizzazione in giornate esecutive: un giunto di pontata corre all'altezza dei due capitelli, dividendo la giornata superiore dedicata al cielo dall'inferiore dedicata a parte del cielo, paesaggio e figure; all'interno di questa seconda, grande stesura, si riscontrano isole minori di intonaco, corrispondenti alle singole figure, che risultano perciò eseguite a parte. Un secondo giunto - intuibile tra le lacune - separa la scena dal sottostante basamento, eseguito quindi in una pontata successiva. Le piccole giornate "interne" la seconda, grande pontata, seguono il profilo degli animali e della figura di Orfeo: particolarmente evidente l'andamento della giornata nei casi della scimmia seduta su parapetto, dei due animali al centro in basso, e del piccolo cane accucciato a fianco di Orfeo, la cui posa ricalca quella del cane ne "Il Giudizio di Paride" dipinto nella Camera di Ovidio nonché del cane ai piedi del triclinio di Amore e Psiche nell'omonimo salotto della villa. Si riconoscono, in totale, almeno sette giornate interne, dedicate ad altrettante figure: animale (scomparso) o gruppo di animali all'estrema sinistra della scena, scimmia, cerbiatto (?) e testa dell'animale retrostante, secondo cerbiatto (?), animale davanti ad Orfeo (non più identificabile), Orfeo, cane accucciato. Guida principale al disegno delle figure - la cui esecuzione, data la meticolosa organizzazione in giornate apposite, doveva essere particolarmente curata - è un tratto a sinopia: in alcuni punti esso pare rinforzato da incisioni. Non si esclude in modo assoluto il ricorso a cartoni, in quanto sembra di poter individuare su alcuni animali traccia di incisioni indirette. Lo stato di conservazione è precario fin dal Settecento: il direttore dell'Accademia di Belle Arti giunge addirittura a proporre la messa in opera, nelle due controarcate della loggia (I e III), di nuovi ornamenti in stucco.

Collocazione

Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te

Credits

Compilazione: Marocchi, Giulia (2011)

Aggiornamento: Pisani, Chiara (2011)

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