NINFE

Pippi Giulio detto Giulio Romano

NINFE

Descrizione

Autore: Pippi Giulio detto Giulio Romano (1499 ca./ 1546), disegnatore / pittore

Cronologia: post 1526 - ca. 1528

Tipologia: pittura

Materia e tecnica: olio su intonaco

Misure: 178 cm x 102 cm

Notizie storico-critiche: Il semiottagono, posto a ridosso del lacunare centrale della volta con le "Nozze di Amore e Psiche" verso la parete nord, presenta una figura femminile nuda, in piedi e in posizione frontale, colta nell'atto di versare con la sinistra il contenuto di una brocchetta con bocca trilobata; unico suo indumento è un velo o mantello di colore verde scuro che disegna un'ampia voluta alle sue spalle e in parte ne cela il pube. Figure secondarie sono: alla sua destra un putto con grande recipiente ansato, visto da tergo; sul lato opposto, un amorino "pisciatore" o "puer mingens". Come le altre due figure femminili dipinte in altrettanti semiottagoni di coronamento alle "Nozze di Amore e Psiche", anch'esse ritratte nell'atto di versare acqua da contenitori di diverse fogge, la figura è stata interpretata in vario modo: se Hartt la identifica con una delle Grazie in atto di spargere balsami al banchetto di nozze di Amore e Psiche (si confrontino, allora, le immagini con le Grazie presenti nell'affresco sulla volta della loggia di Psiche della villa Farnesina a Roma), e Paccagnini propone di leggervi Psiche, Verheyen, Signorini, Oberhuber e Belluzzi vi riconoscono una ninfa delle acque (Naiade, per Belluzzi). L'identificazione di questa e delle altre due figure femminili con ninfe è giustificata da Verheyen, poi seguito dalla critica successiva, con il fatto che esse presentano l'attributo dell'acqua e che la protagonista del dipinto in esame è accompagnata da un "puer mingens": quest'ultimo è associato alle ninfe nel testo "Hypnerotomachia Polyphili" di Francesco Colonna (1499), già individuato da Gombrich e da Verheyen come fonte iconografica di parte della decorazione della Camera di Psiche. La presenza dell'acqua associata a tali figure è ulteriormente rimarcata da Cavicchioli, la quale ricorda che Palazzo Te sorgeva su un'isola e che all'interno della sua decorazione, fortemente alimentata dalla cultura antiquaria di Giulio Romano, le ninfe potevano facilmente assumere il ruolo di numi tutelari dell'edificio e della stanza. Il motivo giocoso del "puer mingens", diffuso nell'arte rinascimentale su derivazione dall'Antico (esso compare, a Palazzo Te, anche in una losanga in stucco della volta della Camera del Sole e della Luna), è connesso all'iconografia dell'acqua e del modo dionisiaco: dissentendo da Signorini, Belluzzi non esclude che il "puer" possa anche essere un riferimento scherzoso, così come individuato da Hartt, alla ritenzione idrica di cui Federico Gonzaga soffriva. Come nel resto degli episodi dipinti sulla volta, di notevole impatto visivo sono lo scorcio prospettico delle figure e la modellazione pittorica basata su cromatismi crepuscolari accesi da bagliori luminosi: la luce si concentra, con effetto drammatico, in determinati punti della composizione, quali il sensuale corpo della ninfa, interamente svelato in tutte le sue rotondità, e le grassocce natiche del putto dipinto alla sua destra, oltre che tra le pieghe dell'ampio mantello alzato dal vento. Di notevole effetto è l'illusione che i piedi della ninfa e del "puer mingens" poggino direttamente sulla cornice dorata del pannello, esattamente al pari dei grandi recipienti "in bilico" sul bordo del quadro presenti nel semiottagono adiacente (verso a parete est). Il riferimento visivo diretto dell'amorino in atto di urinare è ai famosi putti dipinti nell'oculo della volta della Camera degli Sposi di Andrea Mantegna, punto cardine della cultura prospettica padana assimilata e restituita in chiave manierista da Giulio Romano nel soffitto della Camera di Psiche. Hartt attribuisce il dipinto all'intervento diretto di Giulio Romano. Tuttavia, la percentuale di pittura originale - a olio su intonaco - oggi apprezzabile è piuttosto bassa, essendo stato il pannello sottoposto a numerosi interventi di restauro nel corso del tempo, l'ultimo dei quali effettuato dall'Istituto Centrale per il Restauro nel corso degli anni Ottanta del secolo scorso. Si segnala, in particolare, che il pannello è stato trasportato su tela e quindi ricollocato in sito da Fabrizio Lucarini nel 1909. Non si rilevano tracce inequivocabili di riporto del disegno, benché il ricorso all'incisione da cartone sia ampiamente ipotizzabile.

Collocazione

Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te

Credits

Compilazione: Marocchi, Giulia (2011)

Aggiornamento: Pisani, Chiara (2011)

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