IMPRESA GENTILIZIA

Pippi Giulio detto Giulio Romano

IMPRESA GENTILIZIA

Descrizione

Autore: Pippi Giulio detto Giulio Romano (1499 ca./ 1546), disegnatore / stuccatore

Cronologia: post 1526 - ca. 1528

Tipologia: scultura

Materia e tecnica: stucco dipinto; stucco modellato; stucco a stampo; stucco dorato

Misure: 43 cm x 132 cm

Notizie storico-critiche: Lungo le diagonali della volta, tra i cassettoni con rosette appaiati collocati al di sopra dei lacunari con canefore e tra i semiottagoni attornianti il lacunare centrale del soffitto, sono disposti quattro cassettoni di forma esagonale allungata abitati dall'impresa del ramarro (salamandra, secondo parte della critica). L'impresa, appartenente al marchese, poi duca, Federico Gonzaga, ricorre in numerosi ambienti del palazzo, soprattutto sulle cappe dei camini. Si tratta di un'impresa di tipo amoroso: l'animale, infatti, creduto immune dalle fiamme d'amore, rappresenta il contrario del suo possessore, divorato dalla passione amorosa; il motto che l'accompagna - benché nel palazzo il ramarro compaia spesso da solo, senza cartiglio - è "QUOD HUIC DEEST ME TORQUET", ossia "Ciò che a questo manca, mi tormenta", da intendere, appunto, come allusione alla passione divoratrice dell'amore. Nella camera di Psiche l''impresa ricorre cinque volte: modellata in stucco nei quattro lacunari della volta in esame, e dipinta ad affresco sulla parete ovest: qui, quattro amorini tormentano con una torcia un verde ramarro; uno di essi, in particolare, è intento a scrivere su un lungo cartiglio bianco il motto a lettere capitali dell'impresa. Il lacunare è caratterizzato da un fondo rosso dipinto a secco, su cui è applicata l'impresa in stucco: su un lungo ramo di foglie di quercia - tra le foglie polilobate si individuano anche alcune ghiande - è posato il sinuoso ramarro: il corpo dell'animale ne segue l'andamento curvilineo, le zampe posano su foglie laterali e la sottile coda si attorciglia, in fondo, attorno ala base del ramo. I quattro ramarri sono volti in direzione del centro del soffitto. Il ramarro e il ramo di quercia sono realizzati in stucco dorato a foglia; in stucco dipinto in colore chiaro, invece, il delicato cartiglio che si attorce al ramo, formando volute che corrono sopra e sotto lo stucco dorato. Sulle due parti di cartiglio volte all'esterno è inscritto il motto a lettere capitali nere "QVOD HVIC DEEST ME TORQVET": sulla voluta superiore, in prossimità della testa del ramarro, si legge "QVOD HVIC DE[E]"; sull'inferiore, "…ST ME TORQV[ET]". La cornice del lacunare, in stucco dorato, è decorata internamente da un motivo a palmette; un semplice listello dal profilo arrotondato delimita esternamente lo scomparto. Come il resto delle modanature in stucco della volta, gli elementi plastici del lacunare sono posti in opera su un'armatura a canne ancorata alla struttura lignea del soffitto; li compongono strati successivi di differente granulometria: il primo, di impasto a grana grossa di colore giallastro, il secondo (finale) di granulometria più fine, compatto e levigato, di colore bianco. Verosimile l'impiego di uno stucco composto da calce e polvere di marmo finissima, con l'aggiunta di sabbia per il primo strato preparatorio, secondo la ricetta romana riscoperta da Giovanni da Udine. Cornici e fasce decorative in stucco sono state probabilmente eseguite in situ; gli elementi a rilievo (ramarro con ramo) forse con ricorso a stampi. Dell'originale doratura degli stucchi, eseguita a foglia su bolo, resta oggi una percentuale piuttosto bassa. La decorazione pittorica, eseguita a secco, è stesa sul fondo privo di doratura, come nel caso degli scomparti con canefore, dei cassettoni minori con rosette e dei riquadri dipinti di coronamento delle unghie. Da sottolineare che il colore rosso dei fondi è frutto di una modificazione avvenuta nel corso dei restauri novecenteschi, in quanto in origine essi erano simmetricamente neri e verdi.

Collocazione

Mantova (MN), Museo Civico di Palazzo Te

Credits

Compilazione: Marocchi, Giulia (2011)

Aggiornamento: Pisani, Chiara (2011)

  Scheda completa SIRBeC (formato PDF)

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